25. ...L'Iris smette di Respirare.

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Mi è venuta addosso la mia vita, con quel profumo di fiori nel vento e quando sei così sei completamente in balia del tempo. Da nessuna parte puoi trovare riparo perché l'emozione è troppa quando gli odori ti riportano indietro a un giorno in cui sei stato felice. E pensavi che saresti stato così felice per sempre, osando immaginare quello che poi non accade.

Vincent Van Gogh.

Étretat- Normandia
Novembre 2018.

“Mi dica...l’ha vista qui l’ultima volta?”

Il tempo si era fermato in quel momento. Cristallizzato. La sabbia della clessidra cadeva a massi. Lento. Corto. Come il suo fiato appena l’aveva vista in quello stato esanime.

Quando aveva letto il nome sulla sua presunta scomparsa e poi del suo ritrovamento: non ci aveva creduto. Ma subito dopo, si doveva ricredere.

Prima di salire il promontorio per eventuali informazioni, si era soffermata a guardarla. Forse più del previsto. Quei suoi occhi così vuoti, ma che avevano vissuto una vita intera.

Guardavano il cielo, con delle lacrime secche alle palpebre inferiori. Aveva pianto tanto. L’avevano prosciugata. Aveva gridato tanto contro il cielo e la terra per averglielo portato via così presto.

Le sembrava che le avessero strappato il cuore dal petto, e continuava a sanguinare, senza ricevere le giuste cure. Aumentavano le ferite. Aveva urlato così tanto che respirare le era diventato faticoso.

L’avevano trovata. Avevano trovato quell’anima inestricabile dove germogliava una spina al giorno, senza mai essere spuntata, anzi ricresceva, e l’avevano trovata per davvero. Ma a pezzi.

Aveva gridato con astio, dopo ogni suo canto melodioso, perché non c’era altro modo per esprimere il suo amore se non con il canto, così che le parole potessero giungere agli angeli del cielo. A lui...

L’alta marea si era scontrata contro il promontorio, mentre tuoni e lampi abbracciavano le sue grida, la pioggia le bagnava il volto, mischiandosi con le lacrime, il vento aveva ululato il suo nome, mentre lei aveva urlato a squarciagola il nome del suo amato, senza avere ricevuto una risposta, mentre il suo sangue ribolliva nelle sue vene e le sue lacrime la prosciugavano, il cuore che batteva voracemente e il filo rosso che la slegava pian piano.

Si sentiva svuotata.

Un corpo privo di emozioni, incapace di provarne ancora. 

Ma lei. Lei era impassibile a quella vista. Impassibile all’esterno. Ma la sua anima ululava di compassione, di tristezza e di dolore all’interno. Non se lo sarebbe mai immaginata che avrebbe trovato tanta bellezza in un cadavere.

Così tanto calore in un corpo ormai freddo. Il suo cuore si strinse, ma doveva mostrare indifferenza, non empatia. Non quella volta. La sua testa pullulava di tante di quelle domande, e nessuna di quelle aveva una risposta sensata. Perché?

Aveva cominciato a trascrivere la sua domanda sul taccuino. “Una delle tante.“ Aveva pensato. Sapeva benissimo quella sensazione. Ne aveva vissute parecchie.

Di storie come quella perlomeno. Un mucchio di roba orribile e catastrofica che le era caduto addosso un pezzo dopo l’altro finché non aveva cominciato a soffocare...e poi vuoto. Non aveva sentito più nulla.

Aveva indicato il paesaggio intorno a loro, mentre il vento cullava le loro teste. Era metà novembre, e non era per niente una bella giornata, per nessuno di loro, che si trovavano ai piedi di un promontorio, mentre il freddo gelava le loro pelli.

Il Girasole Perduto Di Van GoghDove le storie prendono vita. Scoprilo ora