Capitolo 18 | Tutti stanno guardando

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La chiamata arrivò sul cellulare di Paul Watson mentre era in un furgoncino della polizia con il resto del gruppo.

«Pronto?» rispose Watson con una voce stanca e affranta. Dall'altra parte del dialogo riconobbe la voce spessa e bassa dell'agente Ludwig. Gli aveva detto di non chiamarlo a meno di clamorosi sviluppi sulla vicenda Wesley e di tenere sotto controllo la donna.

«Agente Watson, c'è un piccolo problema» il poliziotto sembrava più agitato del solito. Watson lo immaginò mentre stesse cercando di gestire più di due cose alla volta, vista la sua incapacità in ufficio e la goffaggine. Ludwig era un agente di buon livello burocratico, con un passato da agente d'azione, ma ad un certo punto aveva smesso di rappresentare per la squadra un valore aggiunto e la sua vita si era trasformata in quella di un personaggio bizzarro che tutti fissavano con tenerezza e al quale tutti volevano chiedere spiegazioni per il suo strano comportamento.

«Che cosa c'è?».

«Anna Wesley...vede...lei...si è suicidata buttandosi dal quinto piano dall'ospedale».

Watson avvertì un conato di vomito spingere per risalire. Le viscere gli si contrassero dando vita ad una sinfonia interna di dubbio gusto e dovette sforzarsi per non dare di stomaco.

«Non...non è possibile! La Wesley si è suicidata?» inserì il vivavoce per permettere all'agente alla guida e a tutto il gruppo di essere aggiornato sulle vicende.

Immediatamente gli occhi di Neshka, Jake, Lilian, Sam, Orlando e Tic Ed furono su di lui, stracolmi di sentimenti diversi. Watson sentì il mondo girare, non riusciva più a lottare contro quel misterioso assassino, era come se fosse ad un passo dal cedere. Non poteva credere che Anna Wesley, una donna che aveva più volte dimostrato di essere attaccata alla vita, avesse compiuto una scelta di quel genere.

«Paul, non so come sia potuto accadere! Non era più in coma, ho chiamato un infermiere per farla visitare e li ho lasciati da soli! Quando sono rientrato ho trovato la finestra della camera completamente a pezzi e lei...lei era giù!».

«Non può aver rotto la finestra della camera da sola!» esclamò Watson. «Qualcuno l'ha uccisa, agente!».

«E chi può averlo fatto? Paul, quelle finestre sono in vetro rinforzato, ogni lastra di vetro è spessa il triplo di una normale e credimi, è rotta!».

Paul Watson avvertì un gelo propagarsi nelle ossa.

«L'infermiere. Dov'è?».

«Oh, Paul! Non può essere stato lui! Era un ragazzino, un tipo tranquillo!».

«Che tipo era?».

«Un biondino, magro e con occhi chiari».

Il gelo in Paul Watson aumentò. Corrispondeva alla descrizione di Lewis. Guardò Neshka, lei gli restituì uno sguardo preoccupato. Ludwig, nella sua incoscienza, non aveva collegato che quell'anonimo infermiere potesse essere Lewis travestito.

«Ho capito, agente. Ci risentiamo» e Paul chiuse la conversazione.

Per qualche secondo, nel grigio furgoncino della polizia in cui il gruppo era rinchiuso, nessuno disse niente.

Fu Watson ad annunciare al gruppo una notizia già palese.

«La Wesley è...».

«Abbiamo sentito» disse Neshka.

«Pensa sia stato Lewis?» domandò Sam.

L'agente Watson fece spallucce. «La Wesley è precipitata da un quinto piano infrangendo una finestra con vetro rinforzato. Non può essere suicidio».

L'uomo nello specchioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora