Capitolo 4 | La scoperta di Sam

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Se suo padre l'avesse scoperto l'avrebbe ucciso. Demolito come un palazzo colpito dalla palla demolitrice di un'azienda edile. Detronizzato fino a farlo diventare piccolo piccolo ancora una volta. Richie Kyle, il padre di Jake, lavorava da anni per una società estera che produceva componenti di vecchi computer utili allo smaltimento dati. Un lavoro noioso per una persona noiosa. Jake non se ne interessava più di tanto, tranne che una singola volta al mese, quando suo padre si assentava sistematicamente da Rocher per tre giorni interi lasciandogli così settantadue ore di totale pace per fare ciò che riteneva più opportuno. Poteva svagarsi, guardare la tv, usare il bagno quante volte voleva senza che un vecchio musone lo guardasse storto anche quando decideva di lavarsi i denti. Quei tre giorni al mese rappresentavano per Jake una specie di appiglio a cui aggrapparsi durante l'enorme e burrascosa tempesta marina che era diventata la sua vita. Il giorno della partenza Richie elargì a Jake le solite raccomandazioni condite da un tono aggressivo.

«Non fare cazzate e non mi chiamare. Non c'è niente da dire. Semmai ti chiamo io, perché devo capire come tieni casa mia. Perché questa è casa mia, non tua, vorrei ricordarlo. Se trovo un danno, qualcosa che non è come io l'ho lasciata, ti faccio correre fino a New York, Jake. E non ci andrai in gita come stupidamente volevi, ci andrai per nasconderti da me».

Solito discorso, con in aggiunta la parte di New York. Niente di nuovo. Suo padre mise in moto la sua vecchia Cabriolet e uscì dal vialetto introducendosi nel traffico. Jake rifilò alla finestra due dita medie con tutta la rabbia che aveva in corpo e si decise a fare ciò che faceva sempre: chiamare Lilian e Sam per una serata insieme. Ovviamente suo padre non gli permetteva di invitare amici a casa, né era interessato allo sviluppo sociale di suo figlio, di conseguenza l'unico modo per risolvere questo problema era mentirgli spudoratamente.

"Vai pure alle tue ridicole conferenze di computer," pensava Jake "io me la spasso un po' con degli amici veri".

E fu così: dopo aver messo in ordine la casa sollevandola di grado da "porcile" ad "appartamento presentabile", il flusso dei pensieri di Jake fu disturbato dal campanello. Quando aprì si ritrovò di fronte Lilian e Sam. La prima sorrideva e teneva tre cartoni di pizza impilati l'un l'altro, la seconda fece l'occhiolino e sollevò in aria due enormi bottiglie di Coca Cola. La serata poteva prendere una bella piega

Si accomodarono sul divano del soggiorno, dinanzi ad un vecchio film horror e si fiondarono voraci sulla pizza, tanto che la colonna sonora del film che guardavano fu quasi coperta dal rumore delle loro voraci fauci. Dopo essersi rimpinzati di pizza margherita, capricciosa e focaccia salata con ripieno di prosciutto e formaggio erano felici. Per una piccola cosa, certo, ma a Jake, Lilian e Sam piaceva semplicemente stare insieme. La serata scorse via per un'oretta e fu abbastanza leggera, fino a quando Sam non decise di sollevare ancora l'argomento tabù che in quei giorni imperversava a Rocher.

«Ragazzi, cosa ne pensate del caso Lewis Oldwin?».

Ci fu silenzio da parte di Jake e Lilian.

«Non volete parlarne?».

«Non è che non vogliamo» prese parola Jake «è che dopo quanto accaduto stamattina...voglio dire, sua madre si è presentata in palestra facendo quella scenata ed ha accusato il preside di non si è capito bene cosa...è un argomento delicato».

Lilian alimentò la fiamma. Con un gesto secco delle mani deviò le ciocche di capelli ribelle dietro le orecchie e si schiarì la voce come se parlasse dinanzi ad una grande folla. «Credo sia chiaro che non hanno detto tutta la verità. Ma poi parliamoci chiaro: chi avrebbe interesse ad uccidere in quel modo un ragazzo della nostra età?».

«Cosa vuoi dire?» domandò Sam.

«Voglio dire,» proseguì Lilian «tutto quello che è successo a Lewis è strano. Avete sentito i notiziari? Parlano di un misterioso assassino che lo ha prima stordito e poi portato in una baracca nel bosco di Rocher. E non contento ha dato fuoco alla baracca. Non vi sembra...esagerato?».

«L'ho pensato anch'io» intervenne Jake. «Lewis è sempre stato silenzioso a scuola, ma era comunque sulla bocca di tutti per via della sua famiglia. Tuttavia lui era un ragazzo della nostra età. Il suo omicidio mi sembra quasi un regolamento di conti che non ha niente a che vedere con lui in prima persona».

«Se c'è fra le mani uno scoop deve essere mio» commentò Sam. «Non solo scoprirò la verità su Lewis facendogli giustizia, ma il magazine della scuola schizzerà alle stelle e...».

«Frena, Sherlock» l'ammonì Jake. «Non sappiamo nemmeno da che parte cominciare e poi datti una calmata. Il magazine scolastico...insomma, io ti voglio bene, ma l'articolo più audace che avete scritto riguarda un cane randagio. Passare da quello ad un omicidio forse non è una cosa saggia da fare».

«Ma di che diamine stai parlando?» si infervorò Sam, gli occhi rossi e le narici allargate come se stesse per diffondere del fumo. «E quella volta che...quella volta che la mia redazione ha portato alla luce quel problema in presidenza?».

Jake sospirò e fissò Lilian, che provvide a replicare a Sam.

«Era una polemica relativa ai distributori automatici di barrette confezionate, stai sul serio paragonando quella cosa ad un caso di omicidio?».

«Io indagherò sull'omicidio di Lewis Oldwin. Per lui, per la nostra scuola e per il mio magazine. Troverò la verità e vi dimostrerò di avere la stoffa di un grande reporter».

«Nessuno ha mai detto che non hai la stoffa, Sam».

«No, Jake. L'hai lasciato chiaramente intendere».

Jake allargò le braccia. «Non è vero!» esclamò. «Ho solo detto che questo è un caso di omicidio vero e che da sola non potrai farcela».

«Non sono sola, voi verrete con me».

Lilian inarcò un sopracciglio. «Perché vuoi a tutti i costi metterci nei casini? Sai quanto ho dovuto pregare i miei genitori di farmi uscire di casa? Dopo l'omicidio di Lewis siamo tutti sotto controllo, te ne rendi conto?».

«Non credevo foste così codardi».

«Non è questione di essere codardi, è questione di essere di buonsenso».

«Il mio buonsenso mi dice di indagare» disse Sam.

«Il tuo buonsenso deve essere rotto» osservò Jake. «Ma è una cosa che interessa anche me».

Lilian si voltò a guardarlo con disorientamento. «E perché?».

«Ho visto qualcosa di strano stamattina. Quando la madre di Lewis si è presentata in palestra con lei c'erano anche le altre due figlie. Maddie era in lacrime, ma avete visto la più piccola?».

«Falka» informò Sam.

«Falka era impassibile».

Per un secondo Lilian sembrò tornare indietro con i ricordi e ripensò alle parole di Jake. Era vero, anche lei aveva notato una strana insensibilità in Falka, la sorellina minore di Lewis e Maddie e non riusciva a spiegarsi il perché.

«E se lei sapesse qualcosa?» domandò Lilian.

«Falka?».

«Proprio lei. Effettivamente è davvero strano il fatto che in pubblico sembrasse non avere reazioni».

«Vedete?» disse Sam tutta esaltata. Di istinto tirò via una forcina dai voluminosi capelli color castagno e lasciò che l'enorme chioma increspata cadesse sulle spalle. «Si sta già esaltando» osservò Jake, che faceva fatica anche a parlare per via del dolore alla bocca causato dal pestaggio di quell'idiota di suo padre.

«Non è un buon segno» concordò Lilian. «Bene, quando iniziamo?»

L'uomo nello specchioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora