5.

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*L*

«Aspetta» riuscì a sussurrare qualche istante dopo. Troppo piano perché lo spilungone lo sentisse e comunque troppo poco deciso perché suonasse convincente.

Louis rimase a osservarlo allontanarsi, completamente sopraffatto dalla piega che gli eventi avevano preso, incapace di fare qualunque cosa. Aveva esagerato, se ne rendeva conto, ma non sapeva cosa gli fosse preso. O meglio, non si era fermato a rifletterci finché non era rimasto da solo in mezzo al marciapiede semi-deserto, a guardare la schiena ampia di quel ragazzo sbucato dal nulla diventare sempre più piccola.

Aveva cominciato a sentire una stretta di fastidio allo stomaco appena aveva incrociato lo sguardo del moro al locale. Le sue moine e il suo culo in bella mostra non avevano aiutato il suo stato d'animo ma il suo intromettersi, rompendo l'atmosfera rilassata che si stava creando tra lui e lo spilungone, l'aveva definitivamente mandato fuori di testa e lui aveva finito per prendersela con il ragazzo sbagliato. Forse perché era un concentrato di spontaneità e allegria che lo spiazzava, lo confondeva e sfuggiva al suo controllo. Non aveva mai incontrato qualcuno di così estenuante e altrettanto magnetico, qualcuno che non si fermasse alle sue parole taglienti o alle sue espressioni boriose. No, quel ragazzo incassava i colpi come il migliore dei pugili e rispondeva con l'ironia e il sorriso. Ed era molto bello. Di una bellezza oggettiva, innata e non ostentata in nessun gesto o atteggiamento. Louis si chiese quando quel ragazzo si sarebbe reso conto che lui non valeva tutti quegli sforzi, tutta la gentilezza che gli aveva riservato fino a quel momento, perché lui rovinava sempre tutto. C'era riuscito anche quella volta.

Quello che però non aveva mai fatto prima era cercare di rimediare. A lui non importava di nessuno all'infuori di Liam e della sua famiglia e anche con questi era ben lontano dall'essere il perfetto esemplare di amico o fratello e figlio. In caso di discussioni erano sempre loro a tentare un primo approccio rappacificatore e lui semplicemente seguiva la scia.

Con lo spilungone era tutto diverso. Voleva essere lui a fare il primo passo e non perché si sentisse in dovere di farlo. Voleva recuperare anche se non sapeva come. Ogni frase che gli veniva in mente suonava così stupida e, per certi versi, forzata.

In attesa di trovare qualcosa di giusto da dire, si limitò a seguirlo rimanendo qualche passo indietro. Proseguì in assoluto silenzio per almeno dieci minuti, eppure era sicuro che l'altro si fosse accorto della sua presenza. Nonostante il ricciolino non si fosse più girato da quando l'aveva salutato, Louis aveva l'impressione che lui lo tenesse d'occhio e che si assicurasse costantemente di essere seguito. Sperò di non aver mal interpretato quella sensazione e che non si riducesse tutto a una vana speranza. Dovette allungare il passo per sincronizzarsi con l'andatura dell'altro e rimase con gli occhi puntati sulla sua figura sinuosa. Aveva qualcosa di ipnotico. Forse le spalle leggermente incurvate in avanti o le lunghe gambe messe in risalto dagli strettissimi jeans che indossava.

Lo vide armeggiare col cellulare per qualche istante, prima di rimetterselo in tasca, ma non si voltò nemmeno in quell'occasione né aprì bocca. Louis non riusciva a proferire parola, temeva di dire qualcosa di sbagliato e rovinare le cose in maniera irreparabile. Ogni passo lo rendeva più irrequieto, casa sua era sempre più vicina e aveva paura di perdere per sempre l'occasione di aggiustare le cose.

Quando fu sul punto di affrettarsi ancora per affiancarlo e dirgli qualcosa, fu l'altro a rompere il silenzio: «Hai intenzione di seguirmi senza rivolgermi la parola ancora per molto?»
Non sembrava seccato. Al contrario, rallentò il passo per farsi raggiungere.

«Avevamo concordato che potessi essere Sven, ricordi? Lui non parla».

Louis sapeva di non essere bravo con le parole, ancor meno quando doveva ammettere di aver sbagliato. Provare a ricostruire il clima di sfida e reciproca provocazione che aveva caratterizzato il tempo che avevano passato insieme e tenere a bada la sua naturale ostilità, era il suo modo di chiedere scusa.

Mentre fuori impazza un temporaleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora