21.

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*L*

«Arpia buona a nulla...» sbatté il portone d'ingresso così forte che il colpo coprì l'epiteto successivo.
Entrando nella zona giorno trovò Liam seduto a uno degli sgabelli della penisola, le mani avvolte attorno a una tazza e un sopracciglio alzato. «Non mi guardare così. È quella vecchia strega che dovresti rimproverare, non me».
«Sentiamo, quale sarebbe la sua colpa?» chiese Liam tornando a guardare la sua bibita.
«Non fare quello per cui la pago».
«Cioè cosa?»
«Dirmi cosa fare. Invece no, lei è tutto un Cosa hai provato in quella circostanza? Pensi che le cose ora sarebbero diverse se avessi fatto questo? Come vorresti che fosse la tua vita oggi? Se sapessi tutte queste cose non spenderei centinaia di sterline per vederla».
Non era la prima volta che si lamentava in quel modo, lo faceva di ritorno da ogni seduta con la psicoterapeuta a cui si era rivolto ormai da qualche settimana, quella di cui Liam gli aveva lasciato il contatto. La sfuriata post-seduta poteva essere considerata a tutti gli effetti una tappa imprescindibile della seduta stessa. Così come la lucida analisi e demolizione di ogni sua contestazione da parte dell'amico.
«Quindi ti aspetti che lei prenda decisioni riguardanti la tua vita» riassunse Liam con la sua solita irritante calma. «Davvero vuoi che una sconosciuta ti indichi cosa fare e quando come un medico dà indicazioni sull'assunzione di un farmaco?»
Prese un sorso dalla tazza, tutto sporto in avanti affinché non sporcasse il completo blu scuro che gli cadeva alla perfezione come uno di quei pomposi uomini d'affari dei film. Liam trasmetteva lo stesso loro senso di sicurezza ma restava, per fortuna di Louis, un dolce orsacchiotto disposto a farsi in quattro per le persone che amava.
«Entrambi sappiamo che non sei così stupido, Louis. Il vero problema è che la strega, come la chiami tu, ti sta costringendo ad andare a fondo delle tue emozioni ed è tosta quando hai passato tutta la vita a evitarle o soffocarle. E comunque non è per niente vecchia».
Louis borbottò qualcosa tra i denti, corse al piano di sopra e riapparve dopo pochi minuti con il borsone della palestra su una spalla. «Vado ad allenarmi un po'» annunciò al suo coinquilino.
«Con Aaron?»
«Mm-mm».
«Non sapevo facesse parte della psicoterapia».
«Sempre meglio dell'arpia».
«Beh, di sicuro anche lui vorrebbe scavare a fondo nelle tue emozioni» ridacchiò in tono allusivo riponendo la tazza nel lavello.
Louis sbuffò e si diresse all'ingresso senza ribattere.
«Stasera ho quella cena di lavoro» gli ricordò Liam.
«Divertiti» lo prese in giro – sapeva quanto odiasse quelle serate – e aprì la porta.
«Tu non divertirti troppo» gli gridò dietro l'amico.

~

Il corpo di Aaron era così sudato da rendere le prese molto difficili da eseguire, cosa che sembrava infastidirlo molto più di Louis.
Avevano iniziato con le magliette addosso ma ben presto la loro temperatura corporea aveva richiesto di restare con i soli pantaloncini. Si stavano allenando da un bel po' e Louis voleva continuare a schivare e colpire, fare finte e calciare. Per quanto molto promettente, Aaron era ancora un allievo quindi Louis doveva stare attento a non esagerare con l'intensità e la frequenza dei colpi e concedeva frequenti pause per dargli consigli o mostrargli meglio qualche movimento.
Aaron fremeva dalla voglia di mostrarsi all'altezza e Louis non riuscì a non approfittarne per scaricare tutta la frustrazione che accumulava ogni volta che vedeva la dottoressa Leonard.
Aveva l'impressione che anche Aaron sfruttasse al massimo quelle lezioni in più. E non perché fossero gratuite.
Louis capì fino a che punto poco più tardi quando, dopo aver schienato Aaron, questo colse l'occasione per stringergli i bicipiti in tensione e aderire meglio contro il suo corpo. A Louis parve di sentire un rigonfiamento nella zona degli strettissimi pantaloncini con cui Aaron si era presentato ma non si soffermò ad analizzare la cosa.
Si rialzò e allungò una mano per aiutare il suo avversario a fare lo stesso. «Direi che per oggi può bastare».
Aaron sorrise ma, anziché rialzarsi, usò la mano del suo allenatore come perno per una contromossa con cui lo colse di sorpresa: lo fece rotolare a terra e lo bloccò con bacino e gambe.
Prima che Louis potesse reagire, Aaron si abbassò sulle sue labbra e lo baciò.
D'istinto Louis lo colpì a un fianco, spinse sui talloni e si divincolò dalla sua presa, scattando in piedi in poche agili mosse. Lo guardò per un lungo istante, incredulo. Aveva il respiro affannato e non riusciva a sentire niente se non freddo.
«Allenamento finito» sentenziò recuperando le sue cose e dirigendosi a grandi passi verso lo spogliatoio.
Se Aaron provò a dire o fare qualcosa, Louis non se ne accorse. In tre minuti aveva infilato tuta e scarpe e si era precipitato fuori dalla palestra stringendo la tracolla della borsa tra le dita.
Fingere che nulla fosse successo era l'obiettivo. Perché, in fondo, davvero non era successo nulla. Eppure, Louis non fece che ripensare a quel contatto per tutta la serata e ogni volta un gelo pungente gli afferrava il torace e lo immobilizzava.
Non si trattava di capire se gli fosse piaciuto o meno, non riusciva a considerarlo neanche un vero bacio per quanto poco era durato. Ciò che l'aveva spiazzato era l'aver realizzato in quell'esatto istante che quelle labbra non erano giuste e che nessun paio di labbra lo sarebbe mai stato ad eccezione di uno.
Fu sul punto di scrivere un messaggio a Liam ma, afferrando il cellulare sul bancone, colpì la bottiglia di birra cominciata e abbandonata un'ora prima e se la rovesciò addosso. Nel tentativo di asciugare la chiazza che si stava allargando sulla sua felpa preferita, non accorgendosi di avere un po' di salsa di pomodoro sulle dita – rimasuglio della cena che stava ancora masticando – finì per aggiungere delle piccole strisce rosse alla base giallastra.
Gli tornò in mente un movimentato pomeriggio passato al telefono con Rosemary – la colf dei genitori di Liam che ogni tanto passava a dare una sistemata alla casa – per lavare d'urgenza una camicia del suo amico che aveva sporcato per sbaglio. Quel giorno Louis aveva appreso che le macchie di pomodoro andavano trattate subito se si voleva avere qualche speranza di mandarle via.
Tra un'imprecazione e l'altra, corse nella stanza adibita a lavanderia cercando di ricordare tutti i passaggi che la donna gli aveva spiegato. Si tolse la felpa, versò un po' di smacchiatore direttamente sulla zona da trattare e la infilò in lavatrice. Aggiunse un po' di detersivo nella vaschetta e avviò il programma di lavaggio supplicando il cielo che non fosse troppo tardi.
Rimettendo al loro posto i flaconi dei prodotti utilizzati, si accorse di un sacchetto nero della spazzatura abbandonato sull'ultimo ripiano, dietro ad altre confezioni e scatole. Gli sembrò strano che Rosemary lo avesse lasciato lì, era solita riporre tutto in scatole in modo da avere i ripiani sempre ordinati. Non che Louis mettesse piede lì dentro spesso, ma l'estrema cura della casa e l'ordine quasi maniacale di Rosemary erano il suo tratto distintivo.
Raggiunse il sacchetto con un saltello e lo appoggiò sulla lavatrice prima di aprirlo.
Ecco dov'erano finite le tute di Harry, perfettamente piegate in una pila ordinata. C'era persino il maglione color lavanda che Louis gli aveva rubato una sera particolarmente fredda di fine primavera.
Se lo portò al naso sperando di trovarvi ancora una traccia dell'odore di Harry. E se anche non la trovò, la morbidezza della stoffa gli ricordò quel pomeriggio di maggio passato insieme a lui nel parco lì di fronte, stesi sul prato, le mani di Louis che si muovevano su e giù lungo il torace di Harry mentre lo baciava fino al tramonto. Gli sembrò di sentirlo in faccia il calore di quel sole. O forse era la presenza di Harry a riscaldarlo.
Ora che i mesi estivi si erano esauriti e il freddo di ottobre si stava avvicinando, Louis immaginò di poter sfilare quel maglione direttamente dal corpo sinuoso del suo proprietario, stringersi alla sua pelle chiara tempestata di macchie d'inchiostro nero e non staccarsene mai più.
Portò il sacchetto in camera sua, più tardi avrebbe chiesto spiegazioni a Liam. Indossò il maglione e inviò un messaggio alla dottoressa Leonard per anticipare la seduta successiva mentre un'idea prendeva forma nella sua mente.

Mentre fuori impazza un temporaleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora