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*H*

«Cosa stai facendo?» una voce arrochita mi giunse alle spalle mentre stavo frugando nei ripiani del pensile centrale. Sobbalzai con tanto di urletto neanche fossi stato sorpreso a rubare. Ero così assorto in quello che stavo facendo da non aver sentito lo sconosciuto scendere le scale.

Voltandomi di scatto urtai la scatola di cereali semi-aperta – che avevo appoggiato sul piano in marmo per controllare meglio il fondo del pensile – e questa finì a terra riversando il proprio contenuto sulle larghe piastrelle bianche.

«Merda!» fissai impotente la scia di palline al cacao che rotolava ai miei piedi.

Non ebbi il coraggio di alzare gli occhi sul padrone di casa ma lo sentii sbuffare. «Erano pure gli ultimi».

«Scusa, io... mi dispiace». Fissai il pavimento per qualche istante, le guance che mi andavano a fuoco, e mi chinai a recuperare quel poco che non era uscito dalla scatola e poteva ancora essere salvato. Riportai la scatola sul bancone e mi abbassai a raggruppare il resto dei cereali in piccoli mucchietti.

Con la coda dell'occhio notai lo sconosciuto uscire dalla stanza liberando uno sbadiglio e rientrare meno di un minuto più tardi con una scopa elettrica, una di quelle senza filo che avrei tanto voluto acquistare ma che costavano quasi come il mio intero stipendio di tirocinante. Niall mi prendeva spesso in giro per questo, diceva che svolgeva lo stesso compito di un qualunque altro aspirapolvere al triplo del prezzo.

Lo sconosciuto pulì tutto in pochi gesti rapidi ignorando le mie numerose offerte di farlo al posto suo e abbandonò l'elettrodomestico contro l'isola al centro. «Posso almeno sapere cosa stavi facendo?»

«Cercavo la farina». Incassai la testa tra le spalle, nell'improbabile tentativo di rendermi invisibile.

Lui aggrottò le sopracciglia in una silenziosa richiesta di una spiegazione più esaustiva.

«Volevo prepararti i pancakes per... ecco... ringraziarti dell'ospitalità».

«Non abbiamo la farina» sospirò strofinandosi gli occhi. «E ora la mia colazione si trova nella vaschetta di raccolta dell'aspirapolvere. Non oso immaginare cosa sarebbe successo se al posto di ringraziarmi avessi voluto mandarmi al diavolo». Non sembrava arrabbiato, altrimenti non si sarebbe limitato all'ironia. Forse non era ancora abbastanza sveglio per reagire come avrebbe voluto.

«Mi dispiace, posso rimediare preparandoti il pranzo?»

«Perché tu sai cucinare». Non era proprio una domanda, piuttosto un mix di sospetto, sorpresa e curiosità.

«Beh, me la cavo».

«Ovviamente». Mi parve di captare del sarcasmo.

*L*

Louis ricapitolò nella sua mente tutte le informazioni che aveva su quel ragazzo: sfacciatamente bello anche con l'espressione triste, gentile, sensibile, attento ai dettagli, uno che non si ferma alla prima impressione e che non ti fa sentire giudicato o sbagliato. Già questo era un mix difficile da trovare in un'unica persona ma se le abilità culinarie a cui aveva fatto riferimento erano vere anche solo in parte, Louis aveva di fronte una perla unica. Provò un improvviso senso di inadeguatezza di fronte a quell'adorabile esemplare d'uomo.

«Ti prego, mi sento terribilmente in colpa» lo guardò serissimo afferrandogli un polso.

Adorabile era l'unica cosa che sentiva ripetersi senza sosta nelle sue orecchie.

«Se prometti di non far esplodere il bollitore, puoi prepararmi un tè» concesse Louis senza interrompere il contatto con i suoi occhi o con la sua mano. Il ragazzo si illuminò in un ampio sorriso e cominciò subito a trafficare con l'apparecchio.

Mentre fuori impazza un temporaleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora