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Lì.

Eccola lì, la mia Cenerentola.

I capelli corvini le corrono lungo tutta la schiena e i suoi occhi azzurri riflettono il bosco in cui ci troviamo.

Non so nemmeno come siano arrivati qui, loro, in piena notte, dove l'unica cosa che possono vedere sono i mille abeti che li circondano e che incombono su di loro.

Non su di me, solo su di loro, perché ormai ci sono abituato. Ci vivo qui e nascondermi è la mia unica via d'uscita, la mia unica casa. Sono ormai mesi che mi cercano e non mi hanno ancora trovato, o almeno, i poliziotti che ci sono riusciti li ho uccisi. Non so come siano state archiviate le loro scomparse.

« Avanti! Muovetevi o faremo tardi » è Mary Blythe a parlare, la migliore amica della mia Cenerentola. Agita i suoi capelli dal colore del fuoco, prende per mano Tristan, nonché il suo ragazzo, e inizia a correre.

Ora sono solo in due: lei e quel ragazzo dai capelli biondi: Ryan.

Hanno iniziato a frequentarsi da poco e si noterebbe anche a chilometri di distanza. Sono così imbarazzati e impacciati nei movimenti. Lui le si avvicina ma stanno in silenzio e infine la prende per mano. Lei gli sorride per poi annunciare che è stanca.

« Vado ad avvisare Mary e Tristan. Tu rimani qui, Margot » il suo nome pronunciato da lui suona male.

La mia Margot annuisce e lo vede allontanarsi e, adesso, siamo solo io e lei.

La seguo dall'età di sedici anni ma poi ho dovuto smettere di farlo. Era troppo pericoloso per me, rischiavo di essere trovato dalla polizia ma, finché l'ho fatto, non è mai capitato che rimanessimo da soli. Soli ma non da soli.

Sembro un pazzo, ma infine io sono solo pazzo di lei.

Ricordo che più volte mi invitò a giocare con il suo gruppo finché io non sparii nel nulla, non facendomi più vedere da lei.

Indossa un vestitino celeste largo sotto la vita e delle ballerine bianche. Ed è molto bella.

E sembra adatta a questo ambiente, solitario, come noi due. Lei è sola proprio come lo sono io e, devo dire, che lei sa di solitudine, il suo aspetto è la solitudine.

É bella come il silenzio, oscuro come i suoi capelli e chiaro come i suoi occhi.

« Ehi, dove stai andando? » un uomo di mezza età si aggiunge allo scenario. Ha i capelli castani e gli occhi rossi. É letteralmente drogato.

Cenerentola si volta verso il punto da cui proviene la voce ma non vede niente. E sembra accorgersi di quell'uomo solo quando se lo ritrova davanti. Il suo sguardo terrorizzato mi ricorda il mio quando ho visto mia sorella quella notte.

I brividi, la paura di fare qualcosa di sbagliato, la confusione e l'incertezza sul da farsi. Tutto questo è nascosto dal suo volto impassibile ma il suo cervello ora è tormentato. Un tormento astronomico.

« Non avere paura » le dice quell'uomo avvicinandosi alla sua esile figura. Cerca di toccarla ma Margot si ritrae e cerca un appiglio con lo sguardo. Un appiglio per fuggire dal destino che ormai crede sia toccato a lei. Indietreggia fino a scontrare la schiena ad un albero.

« Cosa vuole? » chiede cercando di mostrarsi sicura.

Ha sempre fatto così, lei è sempre stata sicura di se stessa, qualunque cosa accadesse.

Quell'uomo le si avvicina e la schiaccia con il busto.

La mia Cenerentola ha una faccia schifata e un telo cala sulle sue iridi quando lui cerca di sollevarle il vestito azzurrino.

Scatto.

Corro verso le loro figure con un coltellino trovato per strada in mano che trafigge l'uomo quando gli arrivo alle spalle. Puzza e probabilmente non si lava da mesi.

Lui emette un lieve gemito e la maglietta inizia a colorarsi di rosso. Un rosso accesso, forte, che fa spalancare gli occhi alla ragazza, inchiodati alla maglietta del morto. Sposto l'uomo di lato e lo lascio cadere sull'erba.

Non si è nemmeno accorta di chi ha davanti talmente è terrorizzata da quello che è successo, da quello che ha appena visto. Boccheggia e cerca di urlare ma la voce... è sparita; non c'è più. Proprio come accade negli incubi: cerchi di urlare ma non ricordi nemmeno come si fa e non fai altro che aprire e chiudere la bocca sforzando le corde vocali, che però non producono nessun suono. E forse è proprio quello l'incubo, non riuscire a chiedere aiuto a nessuno.

Ora tocca a me, non posso lasciarla lì. Potrebbe dire alla polizia il luogo dove mi ha trovato, quando realizzerà di aver avuto davanti agli occhi Ethan Wood, il criminale più pericoloso dell'Oregon.

Non voglio farle male, fare del male alla mia Cenerentola. Non se ne parla. Ma devo fare una sola cosa.

Alzo il braccio e stacco da un albero un ramo che si stava già spezzando e la colpisco leggermente in testa, fino a farle perdere i sensi.

É successo tutto così velocemente che non avrà nemmeno avuto il tempo di pensare probabilmente.

Prima che cada a terra la afferro, me la carico sulla schiena, e la porto via.

É la prima volta che la tocco dopo anni, che sono a contatto con lei, ed è proprio come me la ricordavo. La sua pelle è morbida e vellutata e profuma di vaniglia. È leggera come una piuma e sembra di non averla nemmeno addosso. Il suo profumo mi entra nelle narici, mi dà alla testa ma ora sì che c'è silenzio. Pace, e siamo solo io e lei, noi due insieme, come ho sempre sognato.

Cammino fino ad arrivare a casa, se così si può chiamare: una casetta in legno, piccola, molto piccola.

Apro la porta e, quando entro, mi si apre davanti una stanzetta con un materasso, un tavolo quadrato con due sedie e un piccolo frigo. Metto Margot sul materasso e la copro con una coperta rossa a quadri. Ha un viso angelico, coperto da molte lentiggini.

Mi fermo lì, a guardarla, a studiarla. È rilassata, e bellissima.

Diventa sempre più diversa ma penso che caratterialmente sia la stessa di quella di un tempo. Almeno, mi piacerebbe fosse così e spero sia così.

Solo in questo momento mi accorgo di quanto mi siano mancate, la sua dolcezza e la sua gentilezza. Il suo non ritenermi strano mi rendeva felice.

Sì, mi è proprio mancata.

Poco dopo mi alzo in piedi e prendo da una cassettiera in legno scuro una mia maglietta. Mi tolgo quella che indosso mettendo in mostra il mio petto coperto da alcune cicatrici e indosso quella pulita e, infine, mi siedo, con la schiena appoggiata al muro, e penso. Penso finché non mi addormento.

Come Una PervincaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora