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~Yelena~

Mi chiamo Yelena Harp e sono nata in Messico, fin da bambina sapevo di essere diversa dalle altre, avevo doti che nessun'altra della mia età aveva, infatti a nove hanno ho iniziato una scuola di tiro con l'arco riuscendo a convincere i miei grazie ad un miracolo.

Una volta iniziata questa scuola l'insegnante mi disse che ero molto più brava rispetto ai miei compagni del livello base, così mi aggiunse ad un corso avanzato e devo dire che anche li ero una delle migliori nonostante la mia età.

Andai avanti con il tiro con l'arco per anni e continuo a praticarlo tutt'oggi ma sono cambiate molte cose da quando avevo nove anni ad adesso che ne ho sedici, diciamo che non ho più i miei genitori e che è colpa mia, ma tranquilli adesso spiego.

Avevo 13 anni quando è successo, ero a casa a riposarmi, era domenica mattina e i miei erano usciti come ogni domenica, così decisi di guardare un po di tv dato che mi era stato vietato

camminai fino al salotto cercando di fare attenzione ai pezzi di vetro delle bottiglie di alcolici che mio padre rompeva sul pavimento, lui è mia madre avevano iniziato a drogarsi e ad abusare di me, se disobbedivo avevo delle penitenze

orrende, ho ancora le cicatrici e si può intuire che non me le sono fatta facendo a pugni con qualcuno, bensì si può capire che è stato qualcuno che abusava di me, sul volto indosso sempre una maschera o una bandana per coprire le cicatrici rimaste di quando mi spegneva o le sigarette sulle guance,

mentre sul resto del corpo ne ho ben 16 ma ormai ci sono abituata non mi danno più fastidio neanche a vederle, sono parte di me ormai.

Ritornando a noi, superati tutti i detriti di vetro arrivai sul divano accesi la tv e iniziai a vedere diversi canali non c'era nulla di particolare che mi ispirava così presi dei pop con che avevo nascosto il giorno prima e iniziai a mangiare, ma purtroppo dopo un po' mi addormentai. Grosso errore.

Tornarono i miei genitori e mi videro sul divano addormentata, avevo infranto le loro più stupide, ma più importanti regole. Non mi svegliarono subito aspettarono, non so per quale motivo ma so che dopo un po' mi gettato o della benzina addosso, e lì finalmente mi svegliai, mi fermai qualche secondo a guardarli negli occhi ma poi quando mia madre stava per accendere un fiammifero capii.

Mi volevano dare fuoco! Volevano dare fuoco alla loro stessa figlia.
Gli implora di non farlo e che avrei fatto di tutto pur di sopravvivere ma loro non fecero altro che ripetere che queste erano le mie conseguenze, provai a scappare ma i miei tentativi erano inutili, avevo iniziato a perdere molto sangue a causa dei pugni che mi dava mio padre.

Mi arresi... era tutto inutile perciò mi arresi, e da lì, buio.
Pensavo di essere morta e invece no.
Mi risvegliai in camera mia, avevo varie bruciature perciò capii che avevano fatto quello che avevano detto ma quello che non capii era perché, perché non ero morta, avrebbero dovuto lasciarmi morire, tanto loro che ci perdono e anche io non ci perdo nulla, quindi sarebbe solo un sollievo.

Mi alzai dal letto con molta fatica e a malapena riuscivo a reggermi in piedi andai in bagno che avevo in camera e mi feci una doccia gelata, se l'avrei fatta calda mi sarei soltanto fatta del più male a causa delle ferite, mi misi la tuta e andai a prendere un libro sulla scrivania quando notai un bigliettino, lo lessi ed era da parte dei miei genitori, c'era scritto che sarei rimasta in camera mia per sempre e che mi avrebbero portato loro due pasti al giorno. Fortunatamente avevo un po' di cibo nascosto in tutta la camera ma non mi sarebbe bastato per ogni colazione della mia vita. Lasciai il bigliettino dov'era e andai a controllare se era vero, se era vero che mi avevano rinchiusa, la porta non si aprii.

Provai ad uscire dalla finestra ma anch'essa era bloccata, soffrivo di claustrofobia, e loro lo sapevano, lo sapevano ma lo hanno fatto lo stesso.

Passai un anno intero così, chiusa in camera, ormai mancava una settimana al mio 14esimo compleanno, il cibo che mi davano loro era schifoso neanche lo finivo. Mancava solo un minuto a mezzogiorno, l'ora in cui mia madre mi porta il pranzo. Tik tak, l'orologio non faceva altro che ticchettare così lo presi e lo buttati per terra, non perché mi desse fastidio, ma più perché mi ricordava quando i miei genitori erano più dolci con me.

Appena lo ruppi vidi volare un pezzo simile ad un bastoncino di legno, ormai mancavano pochi secondi a mezzogiorno così lo legai velocemente ad un pezzo di specchio rotto da me in precedenza, creai un oggetto simile ad un coltello.

Sentii dei passi, eccola, era mia madre con il pranzo, ed io volevo ucciderla, un po' mi sarebbe dispiaciuto farlo, ma ormai non era più dolce come una volta se l'avrei fatto non avrei più sofferto. Non appena entrò andai a prendere il vassoio con il quale me lo serviva, lo presi, lo feci cadere a terra, e in qualche modo riuscii a infilare il "coltello" nel suo cuore.

Ritirai il coltello e la lasciai cadere a terra, scesi di sotto e mi recai verso mio padre che stava mangiando, non sapevo neanch'io come avrei fatto ad ucciderlo solo con un pezzo di specchio rotto con attaccato un manico, sapevo che lui era molto più forte, sapevo che se avrei fallito sarei morta ma poco mi importava, ormai avevo già perso tutto.

Mi recai da lui, ma non appena sentì i passi si voltò di scatto prendendo la pistola al suo fianco e me la puntò contro. Pensavo di morire una seconda volta e invece vidi il mio arco poggiato sul divano dietro di me, andai in contro ad esso correndo mentre mio padre sparava con la speranza di colpirmi, una volta preso l'arco utilizzati il coltello come freccia, presi velocemente la mira e... lo colpii in petto.
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Una Killer Psicopatica ||Marcus Lopez Arguello|| Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora