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Una volta in sala mi viene difficile concentrarmi a fondo e tutto il silenzio e la solitudine di quella stanza sembrano opprimermi, levandomi il fiato. Tuttavia non demordo, passando al pezzo di modern, credendo di riuscire meglio a svuotare la mente e lasciarmi andare ed esprimere qualcosa, invece che fare una sequenza di passi. Inizio bene, sentendomi quasi cullata dalle note, ma poi inizio a sentire l'aria a me troppo pesante e la testa girare, così mi fermo, mi siedo a terra a gambe divaricate, e solo guardando il mio riflesso mi accorgo di avere le guance umide di lacrime. Mi ricompongo in fretta e quando sento partire a ruota "because of you" eseguo il pezzo, riuscendo finalmente a completarlo. Lo sbattere delle mani rimbomba nella stanza vuota, facendomi voltare di scatto verso sinistra, dove trovo la maestra in piedi, con un sorriso soddisfatto ad illuminarle il viso.

<Maestra, buongiorno>dico assumendo una postura più corretta, malgrado il respiro affaticato.

<Buongiorno! Molto bene, mi sei arrivata come uno schiaffo in faccia, eri da brividi, brava>dice mettendosi a sedere.

<Grazie. Effettivamente mi sentivo molto bene, mi piacciono le assegnazioni di questa settimana>dico, cercando di non risultare quella sempre silenziosa che non esprime mai un giudizio.

<Apprezzo anche il fatto che tu ti sia presentata qui molto presto, sai che mi piacciono persone che lavorano sodo>dice facendosi più seria, ma comunque con aria tranquilla.

<Sono qui per questo>rispondono atona, ma comunque onesta.

<Molto bene, tra poco arrivano Umberto e Francesca, giusto?>chiede controllando la sua agenda.

<Esattamente. La disturbo se in tanto ripasso l'altro pezzo?>chiedo incerta.

<Fai pure, anzi, meglio così>dice avvicinandosi allo stereo per far partire la musica. 

Sentire il suo sguardo addosso mi mette in leggera soggezione inizialmente, ma una volta immersa nella coreografia non ci faccio più caso, ci siamo solo io e quella maledetta canzone.

<Era ottima, però è stato un crescendo, sei partita un po' piano, quasi insicura, lavora su questo e poi va benissimo>commenta mentre i due professionisti entrano in sala. 

Finisco prima del dovuto, ovvero largamente prima di pranzo. In casetta ci sono davvero poche persone, principalmente cantanti, ma tutti chiusi nelle proprie stanze con le cuffie nelle orecchie. Mi faccio una doccia veloce e, approfittando della pace in casetta, mi accomodo al piano. Sfioro con le dita i tasti e sento un brivido percorrermi la schiena, era tanto che non mi avvicinavo a questo strumento, il preferito di lei, dal suo funerale con esattezza. Le dita si muovono automaticamente sul pianoforte e quando il mio cervello elabora le note che sto suonando, inizio anche ad intonare qualcosa, convinta di non essere sentita da nessuno. 

Le parole di Adele in Hello, mai come adesso, mi sembrano atte a descrivere la mia lotta interiore. Quando termino sento le mani tremare e così le nascondo nelle tasche dei pantaloni. Noto con la coda dell'occhio Luigi avvicinarsi dalla cucina, ma facendo finta di nulla mi alzo e allungo il passo verso la mia stanza, dove recupero le sigarette ed esco sul retro. Appena il fumo raggiunge i miei polmoni noto che le mani smettono di tremolare e così mi rilasso un po'.

<Posso unirmi?>chiede cauto Luigi, sbucando dalla porta grigiastra.

<Certo, non sono nessuno per vietartelo>rispondo padroneggiando una serenità che in questo omento non mi appartiene.

<Come va?>chiede semplicemente dopo essersi accesso anche lui una sigaretta.

<Bene, sono soddisfatta di come sto portando avanti i compiti e anche la maestra Celentano>rispondo, sviando la domanda facendo la finta tonta.

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