25 Dicembre 2024 - Il risveglio

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25 Dicembre 2024
Ore 08:51


Le palpebre risultano pesanti quella mattina.

Sarà che ha dormito davvero poco, sarà che il sonno lo ha avvolto raramente negli ultimi mesi, sarà che si è lasciato andare del tutto dopo aver trattenuto tanto che il proprio corpo ha ceduto sotto numerosi aspetti.

Sarà un miscuglio di tutte le cose.

Manuel è sdraiato in posizione prona sul letto. Il lenzuolo bianco lo ricopre dalla vita in giù. Allunga una mano sul materasso che risulta freddo sotto le dita, segno che Simone non è più lì - eppure ricorda benissimo che lui c'era così come il suo calore.

Un senso di allarme gli pervade il petto in quel momento: pensa di essersi immaginato tutto, di aver sognato un simile evento - del resto, è accaduto altre volte e non dovrebbe manco sorprendersi.

Si tira su a sedere con un balzo, decisamente agitato.

Cerca di mettere a fuoco meglio la stanza, che è illuminata soltanto da una fascia di sole che traspare attraverso le tende della portafinestra. Ed è in quel punto che Manuel può intravedere la figura dell'altro ragazzo, in piedi, con addosso soltanto un paio di boxer azzurri.

Tira un sospiro di sollievo: non ha sognato.

Col senno di poi, un sogno sarebbe stato meglio, però.

«C'avevi tutta 'sta fretta de arzarte stamattina?» bofonchia, con la voce ancora impastata dal sonno. Ciò non è sufficiente ad attirare l'attenzione del compagno, per cui «Simó?» deve richiamarlo.

Simone non replica, non subito. Gli rivolge uno sguardo distratto, tenendo le braccia incrociate al petto.

È per tal motivo che Manuel si trascina fuori dal letto. I piedi nudi a contatto con le mattonelle gelate lo fanno rabbrividire, però ignora la cosa.

Gli si avvicina lentamente. Ha l'istinto di mettergli le mani sui fianchi, abbracciarlo. Si trattiene per qualche ragione ignota - forse per non risultare di troppo.

Forse per non correre troppo.

Ci si schianta presto in quei casi, con smisurata violenza.

Ora è in piedi, al suo fianco. Le loro spalle si sfiorano leggermente. Da quella nuova prospettiva, Manuel riesce a scorgere i suoi tratti più tesi, le sopracciglia aggrottate, la mandibola serrata.

«Tutto okay?» osa domandare.

A tale quesito, Simone ci impiega qualche secondo a reagire - e neppure vuole davvero farlo. Difatti, gli rivolge un'occhiata fugace, per poi stringersi nelle spalle e tornare a fissare davanti a sé.

«C'è— c'è una cosa che non ti ho detto» biascica.

Nella testa di Manuel iniziano a delinearsi gli scenari peggiori - perché tanto ha peso una simile affermazione. Cerca di non far notare che un po' sta andando nel panico e smorza una risata, borbottando: «Beh— Cosa?».

Soltanto allora Simone fa incrociare i loro occhi, mostrando i propri grandi e lucidi. «A Glasgow io— Ho un ragazzo» confessa.

Okay, tra le mille ipotesi vagliate, Manuel ha deciso di escludere proprio quella che è la stessa che torna indietro come un boomerang e lo colpisce in piena faccia. E la situazione peggiora quando lo sente aggiungere: «Usciamo da un po', no? E la cosa sta diventando parecchio seria, ha persino conosciuto mia madre e...».

«E questo lo hai capito prima di ieri sera o...?». Manuel lo interrompe, secco. Ha un'espressione tesa ed incredula in viso.

Quella di Simone, invece, risulta appena spezzata. «No, io—» soffoca. «Volevo già dirtelo, ma poi tu— Ti sei messo a dire quelle cose e non...».

La risata che ora coinvolge Manuel è quanto di più isterico ci sia. Pone le mani sui fianchi e fa un passo indietro. «Oddio, tu— Fai sul serio, Simó? Te dico che só innamorato de te e d'improvviso te scordi de ave' er ragazzino in Inghilterra?».

«Scozia».

«Seh, vaffanculo a dove sta». L'ira lo pervade, percepisce il proprio viso andare a fuoco - letteralmente. Ed è strano perché con lui non è mai stato arrabbiato. Mai, in nessuna occasione.

Però quel dettaglio tutt'altro che irrilevante lo manda in escandescenza.

Perché si è reso vulnerabile per la prima volta nella sua vita e si è rivelata, col senno di poi, una pessima scelta.

Colpito.

Affondato.

Ridicolo.

Patetico.

Simone è inerme in quel momento. Non sa cosa esattamente dire. Pensa che avrebbe potuto restare in silenzio e basta, lasciare che le cose trascorressero. Il punto è che ci tiene sempre tanto ad essere onesto che i sensi di colpa lo hanno travolto pochi istanti dopo esser stati a letto insieme.

Sesso?

Amore?

Non ha idea di cosa sia stato.

È stato bello, questo sì.

Ma lui ha qualcuno che lo aspetta oltre la Manica.

Abbassa lo sguardo, sospirando. «Mi dispiace» sussurra. «Pensavo solo—» cerca una giustificazione che, forse, nemmeno esiste. Scuote il capo. «Tanto non avrebbe senso» sospira. «Possiamo fare finta di niente, no? 'Sta cosa puó finire così, ci siamo divertiti e...». Interrompe quella frase a metà a causa degli occhi ridotti ad una fessura di chi gli sta di fronte.

Simone è ben consapevole delle parole usate. Le ha pensate e calibrate. Poi ha preso persino la mira.

Colpito.

Affondato.

Ancora.

A Manuel sfugge una risata, sull'orlo dell'isterismo.

Sì, aprire il proprio cuore costa parecchio, soprattutto quando ci si ritrova con i pezzi di esso tra le mani e non si sa come ricomporlo.

Ed è un po' buffo come Simone sia stato il primo a farglielo battere, il cuore, e il primo anche a distruggerlo.

«Vaffanculo, Simó» sputa tra i denti, mentre i suoi palmi si abbattono sul petto ancora nudo dell'altro ragazzo. Barcolla all'indietro, tanto la violenza usata. «Spero che ce marcisci in Scozia».

Si congeda con quella frase, una che un po' gli muore in gola, sebbene abbia provato ad urlare - con scarsi risultati. Non attende una replica, non la vuole.

Non vuole più sentire la sua voce, non vuole più vedere il suo viso.

Quindi fugge via, il più lontano possibile da quella stanza.

Perché Simone, da quel giorno, per lui davvero non esiste.

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