31 Marzo 2034
Ore 18:32Manuel si è allontanato dalla stanza di Simone poiché costretto.
Non avrebbe voluto, ma le infermiere presenti lo hanno, in pratica, cacciato via e ha dovuto arrendersi.
Non percorre chilometri, però: si ferma seduto sul muretto bianco davanti all'ingresso con le porte scorrevoli.
Le sue gambe penzolano, le lascia oscillare, mentre regge tra indice e medio una sigaretta che ha acceso, ma non sta fumando - la lascia consumare dal vento.
Che è un po' quel che sta succedendo a lui.
Si sta consumando, impotente in quella situazione, senza poter fare qualcosa di concreto.
«Come sta?».
Manuel ha lo sguardo basso. In un primo momento non vede il volto di chi ha appena parlato, ma ne riconosce il tono.
Non è difficile, c'è soltanto una voce in grado di farlo tremare e fremere dalla rabbia.
Quando alza gli occhi, Ivan è davanti a lui.
Lo fissa con disprezzo. Se ne avesse la forza, è probabile lo prenderebbe a cazzotti.
«Ti do trenta secondi, poi chiamo la polizia» sibila tra i denti.
Ma Ivan è impassibile. Rimane in piedi, inclina il capo su di un lato. «Ho chiesto come sta».
«Só scesi a venti i secondi».
Un sorriso sghembo appare sulla sua faccia. «Puoi chiamarla» dice. «Possiamo farlo insieme e raccontare come sono andate le cose» fa una breve pausa, il suo accento inglese stride. «Ma io sono un professore rinomato, proprietario di cliniche mediche che salvano centinaia di vite. Tu un barista della periferia di Roma ed ex alcolizzato. A chi pensi crederanno?».
A Manuel viene da ridere in maniera isterica. Della cenere cade dalla sigaretta e raggiunge l'asfalto.
E Ivan incalza: «Ho abbastanza soldi da comprarli tutti, da assumere un avvocato per distruggerti. Non so quanto ti conviene».
Manuel getta il mozzicone a terra, ancora acceso. Si sente stanco, spossato, inerme. «Fa' quel che vuoi» sussurra, arrendevole.
«Simone sta morendo» la sua voce un briciolo si spezza. «Il proiettile gli ha danneggiato il cuore, non possono fare— Niente pe' metterlo a posto, soltanto dargliene uno nuovo, ma non ci sono organi compatibili, per cui...». Smette di parlare per un solo attimo, strizzando le palpebre.
«Fa' quel che vuoi, paga chi vuoi, non— Non lo riporti indietro nemmeno con tutti i soldi del mondo».
Scende dal muretto in modo goffo. Avanza verso l'uomo, trascinando le suole delle scarpe sulla strada. Gli si ferma soltanto quando gli è di fronte.
«E se c'hai 'n briciolo de coscienza, alla polizia ce vai da solo».
Lascia quelle parole sospese nell'aria. Da un lato, vorrebbe pure la risposta da parte di Ivan, ma crede che, alla fine, non sia importante ascoltarla.
Lo fissa ancora per qualche secondo, con sguardo tagliente. Poi gli volta le spalle e rientra in ospedale tramite quelle porte scorrevoli.
31 Marzo 2034
Ore 21:52Manuel ha perso il conto delle ore passate e non sa nemmeno da quanto non dorme.
Tanto le palpebre non riesce a farle calare. Ha il terrore di sprofondare nel sonno e di non trovare più Simone al risveglio.
Ha paura che Simone possa morire da solo.
Per cui, resta sveglio, al suo capezzale, piantato su una sedia di metallo gelida che pare non scaldarsi mai.
Gli tiene la mano, se lo concede.
Gli ha chiesto permesso pure se esso non può ricevere una vera risposta.
Ogni tanto gli parla, di qualsiasi cosa gli venga in mente.
I medici gli hanno chiesto se c'è qualcuno da avvisare, se ha dei genitori.
Per quanto Manuel ne sa, a Simone è rimasta soltanto la madre, ma nel suo telefono non hanno trovato il contatto. Ha fornito il suo nome e cognome agli agenti di polizia, sperando possano trovarla.
E si è reso conto in tale istante di come Ivan abbia chiuso in una prigione di cristallo Simone, recludendolo, tenendolo distante persino dalla sua famiglia.
E chi ama non fa questo.
Chi ama è felice della tua felicità, chi ama ti fa stare con le persone che ami.
Chi ama non è egoista.
Ma Ivan lo è: egoista e meschino, crudele, manipolatore.
Manuel strizza gli occhi. Non ha più forze, percepisce il proprio corpo iniziare ad abbandonarlo pian piano ed è una nuova lotta che deve portare avanti.
Anche se sarebbe più facile arrendersi.
«Simo...» pigola e la sua voce gracchia. Osserva il profilo dell'altro ragazzo, tenta di ignorare il tubo che gli esce di bocca, la macchia sul camice, tutto il contesto.
«Puoi tornare?» sussurra e si porta la sua mano vicino alla bocca, ci appoggia le labbra sopra, sul dorso. «T'ho aspettato pe' tutta la vita, t'aspetto pure mò, ma tu— Devi tornare, per favore».
Fa una breve pausa, tirando su col naso. «Possiamo andare— Dove vuoi. Possiamo scappare lontano, possiamo essere liberi come foglie, quelle che cadono dagli alberi in autunno e vengono portate via dal vento. Io e te, Simò». Il tono un po' si spezza.
«Io e te, dieci anni fa. Io e te, oggi. Io e te, sempre, mh? Che dici?».
Come ovvio, non ottiene alcuna risposta.
Continua a scrutare i suoi tratti. Uno stanco sorriso gli appare sul volto.
E ci prova ancora a tenere gli occhi aperti.
Perché Simone non può morire da solo.
Però è allora che la spossatezza ha la meglio e lo avvolge come farebbe un abbraccio.
31 Marzo 2034
Ore 23:48Manuel viene scosso ripetutamente e apre gli occhi di scatto.
È un senso di allarme che lo pervade subito, come a urlargli è successo qualcosa e tu dormivi.
Me ne sono andato e tu dormivi.
Però no.
Quando si desta, la prima cosa che vede è il viso di Simone ancor perfettamente immobile, col tubo in bocca che lo aiuta a respirare.
Sbatte le palpebre per riprendere un minimo di contatto con la realtà. È a tal punto che trova Chicca accanto a sé. Nota la sua espressione strana, un sorriso che stona con le lacrime che le rigano le guance.
«Che— Che succede?» gracchia e un po' la gola gli brucia.
«C'è un cuore» annuncia la ragazza. «Manuel, hanno trovato un cuore per Simone».
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Leaf
FanfictionManuel pensa che se non avesse fatto trascorrere dieci autunni, forse le cose sarebbero andate diversamente. Se avesse agito alla prima foglia caduta, forse la vita di Simone sarebbe stata migliore e non quell'incubo che ora lo tormenta.