12 Febbraio 2026
Ore 22:17«Hai visto Manuel in giro?». È Chicca a porre il quesito, sebbene di certo non dovrebbe preoccuparsi di cercare l'amico mentre lavora. Però non può farne a meno, per cui, da dietro al bancone di legno nero laccato di quel locale dove è stata assunta - una sorta di lounge bar con una pista da ballo modesta, con grandi specchi a circondarla e luci stroboscopiche - lo chiede a Matteo, il quale regge in una mano il suo secondo Negroni sbagliato e al bancone ci è seduto come cliente fisso.
«Ma che ne so io, scusa» borbotta il ragazzo biondo, corrucciando le labbra in una smorfia. «Non só mica la babysitter sua».
Quasi si aspetta una simile reazione e lo capisce. Del resto, neppure lei lo è, neppure lei dovrebbe stargli dietro, dovrebbe fare come gli altri e lasciarlo perdere.
Ciò nonostante, continua a preoccuparsi lo stesso da mesi, almeno sei, da quando ha iniziato a fare la barista lì: pensa che Manuel lo abbia visto come un lasciapassare e quindi, in quel luogo, ci trascorre la maggior parte delle sere.
Il problema è che lo fa male. E di questo, Chicca ne è terrorizzata.
Ha sinceramente paura quando lo vede buttare giù in quantitativo d'alcol che, di sicuro, il suo corpo non può reggere, quando stramazza al suolo oppure quando si azzuffa con gente sconosciuta come se ciò fosse l'unica cosa a farlo sentire vivo.
Persino Anita l'ha messa in guardia, anzi, l'ha addirittura implorata, supplicata di tenerlo d'occhio perché mio figlio si sta un po' perdendo, ha solo te, ti prego.
No, avrebbe voluto risponderle Chicca, Manuel è già perso.
Lo ha fatto da quando Simone non c'è più nella sua vita e lui ha deciso di sprecarla perché sembra che ogni cosa non ne valga più la pena.
Ritira due bicchieri vuoti di Long Island che due ragazze hanno appena abbandonato sul ripiano di legno. Li sciacqua al lavello, alla veloce, giusto per non farli diventare troppo appiccicosi - dovrebbe lavarli meglio e metterli ad asciugare nel loro spazio apposito, ma la sua testa è altrove e non riesce a concentrarsi troppo su un compito così semplice.
Scruta l'ambiente che ha intorno, cerca di scindere tra le varie figure che vede per trovare quella che sul serio le interessa. Però nulla, c'è troppa confusione per rinvenirla e allora «Gió, me copri qua n'attimo?» si rivolge all'altra barista, una ragazza di qualche anno più grande con dei lunghi capelli rossi tenuti una coda alta. Quest'ultima replica con un cenno d'assenso mentre shakera un cocktail.
Chicca tenta di ringraziare con un mezzo sorriso tirato, difficile da interpretare a causa dell'espressione preoccupata che le si è dipinta in volto.
Si fa largo tra corpi ammassati e sudati che riempiono ogni metro del locale, con alcuni deve persino lottare per passare. La musica è piuttosto alta lì dentro, tanto da farle venire il mal di testa. Ciò nonostante, dei suoni ben contraddistinti li sente lo stesso: delle urla, delle voci maschili e una fin troppo conosciuta.
Proviene da un rientro artificiale in un angolo del posto, alla parete del quale spunta l'indicazione con una freccia per i bagni, un cartello bordeaux con le scritte bianche.
Chicca rotea gli occhi, esasperata, poiché non è nemmeno la prima volta che una scena del genere si verifica - soprattutto lì.
A passo svelto e pulendosi le mani sul grembiule nero che porta legato in vita, va in direzione delle urla. Non è in grado di decifrarle, afferra soltanto qualche parola come stronzo e vaffanculo - il che è abbastanza esplicativo.
Quando è davanti alla porta e sta per aprirla, qualcuno dall'interno la precede - e quasi rischia di sbatterle l'anta in faccia. Nonostante la carenza di illuminazione, riesce comunque a scorgere un ragazzo alto, dai capelli biondi e mossi uscire dal bagno con viso adirato, le lacrime sulle guance e uno sguardo truce che le rivolge come se fosse anche lei la causa del suo malessere.
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Hayran KurguManuel pensa che se non avesse fatto trascorrere dieci autunni, forse le cose sarebbero andate diversamente. Se avesse agito alla prima foglia caduta, forse la vita di Simone sarebbe stata migliore e non quell'incubo che ora lo tormenta.