11 Marzo 2034

1.5K 145 52
                                    

[tw: dca]

11 Marzo 2034
Ore 9:40

Manuel non ha chiuso occhio per tutta la notte, forse per il divano scomodo, forse per i pensieri che gli affollano la testa.

Magari entrambe le cose.

La prima azione che compie quando trova un orario accettabile è mandare un messaggio a Chicca. Non specifica o spiega nulla, soltanto che per quel giorno non ci sarà al locale - tanto alla fine è il titolare e nessuno può dirgli niente.

Per il resto del tempo, rimane a fissare il vuoto.

Che poi vuoto è esattamente come si sente in quel momento.

Perché vorrebbe dire tante e tante cose eppure il silenzio lo devasta, insieme alla paura di poter esternare qualcosa di sbagliato.

Del resto, funziona così quel camminare su vetri rotti.

Non sa quanto tempo sia effettivamente passato quando sente la porta della camera cigolare e ciò lo fa sobbalzare. Si mette seduto sul divano con uno scatto.

Da quella posizione riesce a scorgere la figura di Simone uscire dalla stanza. La luce della mattina è già ben presente nell'appartamento, pertanto gli viene facile notare come i lividi che ha sul viso siano molto più evidenti insieme ai tagli.

Manuel si alza in piedi. Lo fa lentamente, stavolta, come se qualche movimento brusco potesse atterrire in qualche modo l'altro ragazzo. «Hai dormito bene?».

È una domanda che sembra decisamente stupida in quel momento: perché in quale modo potrebbe aver dormito bene? Come potrebbe mai stare bene?

Immagina gli faccia male ogni parte del corpo e lui manco ha appurato quali siano tutti i danni, in effetti.

Però differenti cose rispetto alla sera prima può notarle: Simone indossa una t-shirt azzurra che gli sta larga - come il resto del suo guardaroba; è una dei primi indumenti che Manuel ha raccattato tra cassetti e armadi nell'appartamento, non si è manco premurato di accertarsi a chi davvero appartenessero.

Ad ogni modo, adesso lo fissa e analizza la sua figura ed è facile vedere le sue braccia troppo sottili, martoriate di segni scuri e vecchie cicatrici che faticano a sbiadire sui polsi - sono biancastre e verticali.

È tutto sbagliato.

Sbagliato il modo in cui sta ricurvo nelle spalle strette o come trema sulle gambe ad ogni passo.

Sbagliato come quel corpo pare non appartenergli, sembra muoversi da solo per inerzia, ma nessuna vita.

Non ha errato a pensare che Simone non ci fosse, non per davvero.

Manuel crede quasi di avere a che fare con un fantasma.

Ma forse è a questo che conduce il dolore: ad essere qualcosa di effimero, di fugace, un riflesso sfumato nell'esistenza, privo di alcun contorno.

Simone annuisce al quesito posto, sebbene manco sia la verità, dato che non ha chiuso occhio. È capitato forse verso le quattro di mattina di essere avvolto nel sonno per un breve periodo, unicamente perché divorato dalla stanchezza.

Manuel non indaga oltre, ritiene di aver già azzardato troppo. Fa solo un cenno col capo per invitare il ragazzo a spostarsi di qualche metro, per raggiungere la cucina. Lo invita a prendere posto al tavolo quadrato a ridosso del muro ricoperto da mattonelle bianche e opache, mentre lui si posiziona davanti al lavandino e apre la credenza che vi è sopra, così da raccattare la caffettiera che lì è riposta.
«Caffè o tè?» domanda.

LeafDove le storie prendono vita. Scoprilo ora