14 Marzo 2034

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(Tw: disturbi alimentari)

14 Marzo 2034
Ore 16:20

Nei tre giorni successivi, Manuel non ha più alcuna notizia di Simone. Prova a chiamarlo una volta, poi due.

Alla terza viene inserita la segreteria telefonica e l'apparecchio non risulta più raggiungibile.

Una parte di lui lo sprona a recarsi sotto quella sua casa temporanea, attaccarsi al campanello finché qualcuno non apre la porta, così da poterlo vedere.
Lo preoccupa quello.

Solo quello.

Vuole vederlo per stare tranquillo, per assicurarsi che stia bene. Il resto non conta.

Col senno di poi, accetterebbe pure di essere odiato.

Non gli importa.

«Manuel?».

Nella penombra del Blue Butterfly, Manuel solleva il capo per notare la figura di Chicca che passa sotto la serranda abbassata per metà.

Lui se ne sta seduto ad uno dei tavoli che ha già pulito, con davanti il proprio cellulare che spera si illumini da un momento all'altro.

Le rivolge uno sguardo distratto e un cenno di saluto col capo.

Chicca gli si avvicina lentamente fino a che non gli si può sedere di fronte. «Lo hai sentito?».

Con lei ne ha parlato. Le ha raccontato il modo in cui ha trovato Simone, del sangue, delle sue ferite fresche e vecchie. Le ha detto ogni cosa e, per quanto fosse titubante all'inizio, la ragazza ci ha creduto e gli ha dato ragione, alla fine.

Che Ivan è pericoloso.

Che Ivan ha fatto e continua a far male a Simone.

E che Simone ci torna sempre da quel dolore che crede di meritare.

«No» soffoca Manuel e si passa una mano sul volto, stanco. Non dorme da giorni.

Da tre giorni, per inciso. È pressoché sicuro che il proprio corpo si arrenderà a breve e lo farà collassare.

«Come— Come la risolvi questa cosa?» biascica dopo e si stringe nelle spalle. «Me sento— Come se non potessi fa' niente di utile, perché...».

«Non ce sta proprio un modo giusto pe' fa le cose, in sti casi» lo interrompe Chicca. Lancia un'occhiata furtiva al telefono dell'amico. Ci ha provato anche lei a contattare Simone, con assenti risultati. «Tu credi che...» prova a dire, ma si blocca. In realtà nella sua testa - in quella di entrambi - si sono aperti gli scenari peggiori, le dinamiche più complicate e un'unica fine tragica alla quale inevitabilmente pensano.

Ecco, lo pensano, però ad alta voce non lo dicono.
Fa troppa paura.

«M'ha detto che 'na volta gli ha spezzato una gamba, Chì» balbetta Manuel. «Potrebbe fa' qualsiasi cosa».
«Magari possiamo— Andare insieme a casa sua? Se siamo in due potremmo...» la frase di Chicca non trova una conclusione a causa del telefono di Manuel che, ancora appoggiato sul tavolo con lo schermo rivolto verso l'altro, si illumina.

È un numero che non conosce, non ha memorizzato, però è un fisso.

A lui trema un po' il petto quando recupera il cellulare, preme sull'icona verde e «Pronto?» risponde.

Chicca cerca di decifrare chi mai sia dalla parte opposta della cornetta: lo fa osservando gli occhi dell'amico che si sgranano, la sua bocca che si schiude. Vorrebbe chiedere qualcosa, ma «Sì, sì, sto arrivando, io— Arrivo» lo sente dire e poi lo vede chiudere quella brevissima chiamata con le mani scosse da continui tremori. «Che succede?» osa domandare.

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