II

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Vacanze invernali, 1986

Ogni pezzo di carne dentro il piatto di Chrissy era fin troppo difficile da mandare giù. La ragazza masticava all'infinito, finché il boccone non perdeva tutto il sapore e diventava asciutto e ancora più immangiabile di prima. Detestava la cena, l'unico momento della giornata durante il quale era costretta a finire un pasto davanti alla madre.
"Chrissy, vuoi darti una mossa? Si sta facendo mezzanotte." la riprese quest'ultima a un certo punto. Bevve nervosamente un po' del suo costosissimo vino preferito.
Lei fece sì con la testa, con aria abbattuta. Non era più abituata a quell'incubo, dato che ormai si era trasferita per il college.
"Mamma... è chiaro che non le va più. Non posso finire io la sua carne?" mugolò il fratellino, beccandosi un'occhiataccia.
"Deve mangiare. Adesso si sta riducendo a uno scheletro." malignò, con una chiarissima allusione al periodo in cui invece si stava riducendo «a una scrofa». "...e tu stai mettendo su pancia, figlio mio, quindi direi che non è il caso di finire la cena di tua sorella."
Chrissy, come sempre, si voltò verso il padre con un'espressione implorante, ma lui non la degnò di uno sguardo, negandole il sostegno di cui aveva bisogno. Philip Cunningham, uomo accondiscendente e di poche parole, non era il tipo di persona che interveniva, nemmeno quando Laura tirava fuori uno dei suoi commenti raccapriccianti sul peso dei figli. Era come se avesse la bocca irrimediabilmente cucita, e fosse impossibilitato a esprimere una qualunque opinione in merito.
Quella sera, tra l'altro, si era creato un clima più pesante del solito; Laura aveva avuto una pessima giornata a lavoro - aveva litigato aspramente con due colleghi - e la squadra preferita di Philip aveva perso una partita fondamentale.
"Posso almeno andare a giocare? Chissà quando finisce..."
"Non ci si alza da tavola finché non hanno terminato tutti di mangiare, Benjamin." replicò la signora, con tono acido, e puntò di nuovo lo sguardo su Chrissy, la quale cercò di mangiare più in fretta, china sul piatto. «È solo cibo. Non può farti del male. Non può farti del male», cercava di ripetersi più e più volte. Finalmente, dopo una manciata di minuti, arrivò all'ultimo pezzo, e mise giù la forchetta, con aria tutt'altro che trionfante. Sapeva perfettamente cosa avrebbe fatto più tardi, di nascosto.
"Grande. Ciao ciao." Benny scese giù dalla sua sedia con un balzo e fuggì nella stanzetta. La signora annuì. "Dammi una mano a togliere i piatti. Dopo ci penserà la domestica a lavarli."
La ragazza si alzò, raccolse i piatti uno per uno, e li portò al lavello. Stava per fare dietrofront e rifugiarsi finalmente in camera sua, al sicuro, quando Laura le sfiorò la spalla. "Un momento. Cos'è quello?"
Chrissy sobbalzò, e si girò. Non aveva ancora nemmeno capito di cosa si stesse parlando, eppure le venne istintivo rispondere "Niente."
Laura Cunningham aggrottò le sopracciglia bionde e severe, e allungò un dito verso la giovane. "Questo... qualcuno ti ha fatto male?" Parve allarmata.
La ragazza sbatté le palpebre per qualche secondo, poi il suo viso divenne color porpora e le scappò un "Oh!" che avrebbe fatto ridere chiunque.
Philip si avvicinò, curioso. "Che succede? Cosa hai?"
"Niente, niente..." La ragazza si coprì il collo con due dita. "N-niente. Sono solo... ho... ho sbattuto."
Ci fu una lunga pausa di silenzio imbarazzante.
"Mentre mi abbassavo per prendere una cosa che mi era caduta. Ho... sbattuto." farfugliò di nuovo.
"Hm. Va bene." concesse la signora Cunningham. "Se ti sei riappacificata con Jason, puoi informarmi della cosa, sai. Mi puoi dire tutto." Il suo tono si addolcì un po', e la figlia poté giurare a sé stessa di aver notato nelle sue pupille un minuscolo luccichio di speranza.
"Non... non sto più con lui da molti mesi, abbiamo rotto, mamma... e poi che c'entra? Ho solo sbattuto, te l'ho detto."
Chrissy era consapevole di non poterle davvero dire tutto. Purtroppo, sua madre non aveva mai saputo come guadagnare la sua piena fiducia e tutto il resto. A parole, era brava a rassicurarla sul fatto che avrebbe potuto confidarsi, ma le conseguenze di ciò che le raccontava erano la prova schiacciante del contrario.
"Non credo proprio che tu abbia sbattuto, cara. Lo sai che mentire è peccato, vero? Non dire..."
"...falsa testimonianza, lo so, mamma."
Philip si era già allontanato, imbarazzato dalla situazione, e la giovane ringraziò il cielo per la cosa.
"Eppure da quando sei tornata per le vacanze passi un bel po' di tempo fuori."
"E quindi? Sono con Esther. E a volte anche con le altre. Lo sai."
"Oh... tesoro, ma perché non mi dici nulla?" Occhieggiò il marito. "Perché non ci dici nulla? Sei tanto raggiante, e torni a casa cantando, vorrei solamente che tu condividessi la tua gioia con noi."
Chrissy deglutì, e si leccò le labbra secche. In fondo, prima o poi avrebbe dovuto presentare loro Eddie, no? La storia con lui era diventata molto seria, nonostante stessero insieme solo da circa quattro mesi, e non riusciva a immaginarsi con nessun altro in futuro, con nessuno che la facesse sentire altrettanto al sicuro, che le strappasse almeno un sorriso ogni giorno, che la baciasse e la accarezzasse in quel modo meraviglioso. Era stato una benedizione per lei, la scoperta di un mondo a parte, di un mondo di affetto sincero, reale, che non fosse fatto di banconote e sorrisini posticci atti a mantenere una facciata di perfezione. Sia lui che suo zio erano così genuini e affettuosi da farla commuovere.
Sì, forse se avesse presentato loro Eddie, dopo un po' di tempo l'avrebbero adorato nonostante la chioma incolta, i tatuaggi e la sua povertà. Le sembrava impossibile non affezionarsi a quel ragazzo, non vedere entro pochi secondi di conversazione con lui quanto fosse molto più dolce di quello che le voci sul suo conto volevano far credere.
"Mamma... " sibilò appena Chrissy.
"Sì, cara?" la incitò lei.
"Io... nulla. Nulla. Adesso torno nella mia stanza, ho molto sonno. Buonanotte." mormorò, scappando davvero su per le scale. Chiuse la porta, senza curarsi dei borbottii confusi di Laura. Socchiuse gli occhi, ancora col cuore che palpitava, scossa da quel misto di emozioni forti - imbarazzo, paura del cibo, paura del giudizio di sua madre, nausea. Mosse qualche passo incerto fino a raggiungere lo specchietto bianco decorato dalle luci natalizie, lo stesso specchietto di Barbie che possedeva sin da piccola. Sollevò il mento, e ammirò la macchiolina violacea che si era anche dimenticata di avere. Vide il proprio riflesso arrossire, e le sfuggì un risolino leggero, il primo dopo una serata di umore grigio.

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