Capitolo 1

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A volte ritornano. Dopo ben due anni dalla mia ultima pubblicazione, rieccomi sul fandom di Miraculous a presentarvi una nuova opera.

Ritengo opportuno scrivere una breve premessa per introdurvi al meglio a ciò che andrete a leggere: quest'opera deriva da un'idea presentata all'interno di un episodio della quarta stagione di Miraculous, che mi ha affascinato particolarmente. Non entro troppo nel dettaglio in quanto non è mio desiderio rovinare la scoperta dei dettagli della storia, ma sappiate che mi sono divertito tanto a plasmare l'idea in modo da essere il fulcro di quest'opera.

Un altro appunto che mi preme spiegare è la collocazione temporale della presente storia: da quanto potete leggere nella breve sinossi, le vicende si collocano esattamente in un intervallo di tempo che colma una parte mancante dell'ultima storia che ho pubblicato, Le scelte della vita. Non è assolutamente obbligatorio leggerla (ogni opera che scrivo è autoconclusiva e a sé stante), ma comunque ve ne consiglio la lettura per approfondire alcuni dettagli che poi vedrete.

Detto ciò, vi auguro una buona lettura.

Nike90Wyatt


***


L'autobus rallenta sulla carreggiata e inizia ad accostarsi al marciapiede.

Balzo giù dal sediolino, schivo un signore in giacca e cravatta che parla al telefono e premo il pulsante per prenotare la fermata. L'Accademia si staglia contro il cielo terso, le vetrate della facciata riflettono i raggi solari costringendomi a distogliere lo sguardo.

Artiglio il palo ed evito di cadere per la frenata brusca dell'autista. Lungo l'asta corrono le solite scritte dei Satiri dell'Anarchia, l'inchiostro rosso risalta sul grigio. Devono averle fatte massimo due giorni fa.

«Accademia di Moda Bellerofonte,» gracchia la voce nell'altoparlante.

Le porte si aprono e scendo dall'autobus.

Prendo lo smartphone dalla tasca e blocco la riproduzione della playlist. Devo ammettere che provare nuovi gusti musicali è stata un'ottima idea: grazie nonna.

Sfilo le cuffie dalle orecchie.

Due colpi di clacson stridono da destra, un motorino mi sfreccia davanti nello strettissimo spazio tra me e il marciapiede. Il cellulare mi sfugge dalle dita, fa una parabola in aria e si schianta sulle mattonelle rosse. La scocca della custodia si apre e lo smartphone salta fuori.

Sbatto le palpebre e giro la testa a sinistra.

Il motorino ha rallentato la sua corsa. La ragazza in groppa suona altre due volte il clacson; boccoli biondi sbucano dal casco rosa tempestato di glitter e ballano sul giubbottino di jeans. Letizia...

Si volta e mi sorride fiera, orgogliosa della sua bravata. «Sta attenta a dove metti i tuoi piedi palmati, baguette!»

Ingoio una risposta affilata e corro a recuperare il cellulare.

Letizia dà un altro colpo di clacson, solleva il braccio e mi mostra il dito medio. Sgasa col motorino e scende la stradina che conduce al parcheggio.

Molto maturo da parte sua. Perché proprio a me doveva capitare come compagna di classe la fusione maligna di Chloé e Lila? A confronto con lei, quelle due sembrano angioletti.

Afferro il polsino della maglietta e lo strofino sullo schermo: sembra non abbia riportato graffi. Premo il pulsante di accensione e sul display compare la foto di me che abbraccio Alya, la Tour Eiffel sullo sfondo. Se avesse assistito alla scena, avrebbe già cercato di forare entrambe le gomme del motorino di Letizia e, come al solito, io tenterei in tutti i modi di bloccarla per evitare discussioni con un'oca giuliva.

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