Capitolo 7

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Sono distesa in un prato, una marea di girasoli mi circonda. Il cielo è una tavola azzurra, illuminata da un sole accecante.

Sollevo il busto.

Accanto a me è inginocchiato un ometto dai radi capelli grigi e una barba che gli arriva fino allo sterno. I suoi occhi sono piccoli, stretti, tipico degli orientali.

Sembra il maestro Fu, ma più giovane, più rampante, senza i suoi acciacchi.

Tra le mani stringe una coppa fumante, all'interno della cenere scoppietta e si tinge di arancione.

Apro la bocca, è secca e impastata. «D-dove mi trovo?»

L'ometto sorride, senza alzare lo sguardo dalla coppa. «Nella tua mente, Marinette.»

«C-Come?»

Stende un braccio. «Questa è una proiezione del potere del Miraculous. Protegge la tua psiche quando subisce dei traumi molto gravi.»

Una folata gelida mi pugnala la schiena e mi dà la pelle d'oca. Lo stomaco mi si attorciglia in preda ai crampi. Abbasso la testa e sgrano gli occhi.

Sono nuda!

Mi avvolgo le braccia intorno al corpo. «Che mi succede? Perché sono qui... senza vestiti?»

L'ometto soffia sulla coppa, il fumo si dirada. «Hai rischiato molto ad affrontare questa minaccia, Marinette. Ne sei uscita a pezzi.» Unisce indice e pollice e disegna un otto nell'aria. «Ora il tuo compito è ricucire uno ad uno questi pezzi e proseguire.»

«Non capisco quello che dice. Si riferisce ai Satiri? Io... io volevo solo aiutare le persone.»

«Il tuo cuore è puro, ma la tua mente è ancora grezza per poter comprendere i tuoi limiti ed estenderli.»

«Ho fallito...»

L'ometto intinge un dito nella coppa, lo solleva. Il polpastrello è avvolto in una specie di crema spumosa. «Trova il tuo io interiore, Marinette. Cambia il tuo modo di pensare e diventa la guerriera imbattibile, degna del Miraculous di cui sei portatrice.»

«Lei chi è? Perché somiglia al maestro Fu?»

«Sono la coscienza del tuo Miraculous. Ho questo aspetto perché è stato lui a guidarti verso il potere della Creazione e da lui hai ereditato la responsabilità di custodire i Miraculous.»

«Cosa... Cosa devo fare?»

«Trova il tuo io, Marinette. E va avanti.» Allunga il dito verso la mia fronte.

Una luce mi abbaglia e crollo distesa.

***

Un puzzo di medicinali e alcool mi artiglia le narici e mi strappa dall'oblio.

Apro gli occhi. Quello sinistro è ricoperto da un panno umido.

Dalla persiana chiusa a metà filtrano raggi argentati, tende dalle tonalità celesti danzano mosse dal vento.

Accanto alla finestra troneggia il poster di Jagged Stone, nella sua posa classica con una mano sulla chitarra e l'altra sollevata nel gesto delle corna.

Sono nella mia camera.

Deglutisco, la gola è arsa, mi brucia. Ho bisogno di bere.

La porta della camera si apre, nonna Gina entra e la richiude con il tacco del suo stivaletto.

Regge un vassoio con una brocca e un bicchiere in vetro. «Ben svegliata, Marinetta.»

«Nonna...» Muovo il collo, ho i muscoli intorpiditi. «Quanto ho dormito?»

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