Capitolo 11

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Alessio si sistema il cravattino di seta nera appuntato al colletto. Lancia un ultimo sguardo alla sua immagine riflessa nello specchio. «Come sto?»

Sorrido. «Sei perfetto.»

Alessio si volta. «Detto da te, vale dieci volte di più rispetto al giudizio degli altri.» La sua espressione diviene seria. «Ricorda, dopo la mia presentazione sfileranno le raga—»

«Le ragazze della collezione estate. Poi, sarà la volta della presentazione delle prossime date e, infine, sfilerà il capo vincitore della gara.» Gli picchietto la spalla. «Tranquillo, ricordo tutto.»

Alessio mi tira a sé e mi abbraccia, accarezzandomi la schiena. «Andrà tutto bene.»

«Lo so. Nel caso non dovesse, darò a te tutta la colpa. Sappilo.»

Alessio si stacca dall'abbraccio e schiocca la lingua. «Sei terribilmente furba.» Abbassa la maniglia. «Fa attenzione.»

Gli rispondo facendogli l'occhiolino. La porta si chiude.

«Perdonami, Alessio, ma non potevo coinvolgerti ulteriormente,» mormoro a voce bassa.

Seguendo il piano architettato da Portanova, l'attacco dovrebbe iniziare proprio a cavallo tra la fine della sfilata e la presentazione delle nuove date, nel momento in cui l'affluenza degli invitati sarà al culmine.

Mi spoglio della tuta da addetto alla manutenzione, apro lo zaino e indosso la tuta bianca e rossa che utilizzo di solito per le ore di educazione fisica.

Tikki svolazza intorno a me. «Cosa farai se qualcuno dovesse sospettare di te?»

«Tutto questo piano è un azzardo, Tikki.» Il polso accelera. «Ma, sai come si dice: "La fortuna aiuta gli audaci".»

«E a te l'audacia non manca di certo.»

Calzo le scarpe e infilo il berretto sulla testa, nascondendo a dovere i capelli. Metto lo zaino in spalla, lascio che Tikki si nasconda all'interno della giacca ed esco.

Faccio un passo verso l'uscita posteriore, mi fermo. Prima che cominci il tutto, vorrei almeno dare un'occhiata alla passerella; non so se un'occasione del genere mi ricapiterà molto presto.

Passo davanti allo stand con le modelle pronte a sfilare, nessuno tra staff e tecnici sembra badare a me. Mi accosto al tendone e sbircio verso l'esterno.

La platea è gremita di ospiti; gioielli, pagliette e lustrini apposti sui vestiti eleganti brillano sotto le luci di grandi faretti colorati fissati al soffitto. Delle torce a fuoco circondano la passerella, creando un ambiente molto suggestivo.

È uno spettacolo fantastico, mi piange il cuore al pensiero di dovervi rinunciare.

Arretro di un passo, ma mi blocco. In prima fila, sul lato opposto della passerella, è seduta Letizia. Alla sua sinistra, siede un tipo ben piantato, spalle e collo larghi, completo nero; alla destra, invece, c'è la ragazza che lei ha etichettato come sua cugina, vestita con un abito dorato, una cascata di riccioli biondi le incornicia il volto.

Letizia ha di nuovo quell'atteggiamento strano dell'altro giorno. È sempre stata piena di energia, pimpante e con la lingua affilata; stasera sembra spenta. Ha la coda ai capelli e porta una semplice camicetta bianca, pantaloni e scarpe basse. Occhiaie profonde le solcano il viso e il punto vita è fin troppo magro. Qualcosa non va.

Schiaffeggio il tendone e mi allontano. Con tutti i problemi che ho, non posso soffermarmi anche sulle angosce di Letizia. Magari, quando tutto sarà finito le potrei parlare...

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