Il rintocco delle campane del Duomo arriva ovattato attraverso i finestroni dell'aula di chimica. Un miasma di misture strane, simile a frittura scadente, ha invaso l'ambiente. Nessuno osa chiedere alla professoressa Adamanti di aprire le finestre.
Scommetto che anche d'estate, sulla spiaggia, indossa giacca a vento, sciarpa e stivali invernali.
Accomodo la guancia sul pugno. Il composto di bicarbonato di sodio e aceto frigge nell'ampolla, il palloncino giace gonfio sul banco.
Sono l'unica finora ad aver portato a termine l'esercizio odierno. Non credevo che gli altri trovassero tante difficoltà, ma è bello per una volta essere la prima della classe.
Sono tentata dall'alzare la mano e chiedere alla professoressa di uscire per farmi un giro – mi meriterei pure una boccata di aria pulita – ma so che lei me lo negherebbe; quindi, tanto vale aspettare la fine della lezione. Solo la perfida Letizia può ottenere il consenso a uscire dall'aula, anche se non porta a termine i suoi compiti. A lei tutto è concesso. Anche rubare un quaderno da una sua compagna di classe e passarla liscia.
Non ho ancora trovato il modo di affrontarla a viso aperto e chiederle di restituirmelo. Sono più che certa che è stata lei, ma non ho prove e nessuno mi crederebbe. A Sonia non ho detto nulla; per fortuna, il nostro progetto è in rotta d'arrivo, la presentazione è pronta e il capo troneggia semi-completo sul manichino nella mia stanza.
La campanella trilla nel corridoio, sancendo l'inizio dell'intervallo.
La professoressa Adamanti guarda l'orologio e storce la bocca sepolta da un chilo di rossetto magenta. «Può uscire solo chi ha ultimato il compito.» Dopo un'ora a respirare aria viziata, la sua voce querula è il colpo di grazia. «Gli altri resteranno qui.»
Mi alzo dal posto e mostro il palloncino gonfio. Sono ancora l'unica ad aver finito.
Mi avvio in silenzio all'uscita, Juan e Richard sollevano i pollici nella mia direzione sorridendo. Sonia, invece, è china sul libro.
Esco dall'aula e chiudo la porta alle mie spalle. Finalmente un po' di ossigeno.
Sbadiglio e mi stiracchio.
Gli studenti delle altre aule sciamano verso il cortile interno e mi passano davanti.
Cammino nella direzione opposta alla loro, svolto a destra, verso i bagni.
Controllo lo smartphone: nessuna notizia.
È passata una settimana dall'attentato dei Satiri al municipio. La giunta comunale e il vicesindaco – ora sindaco in carica in attesa delle prossime elezioni –, in accordo con il governatore della regione, hanno conferito al questore poteri decisionali speciali per gestire l'ordine pubblico.
Sarò io strana, ma non vedo alcun cambiamento per le strade. C'è solo tanto timore per il prossimo attacco.
Questo silenzio da parte dei Satiri mi mette a disagio. L'intuito mi suggerisce che stanno architettando qualcosa di grosso, vista l'ostinazione da parte dei pezzi grossi ad ignorarli, nonostante il decesso del sindaco.
Ad ogni modo, prendo ciò che posso e questo periodo di tregua mi consentirà di lavorare di più su me stessa, sul ritrovare questo benedetto io interiore di cui parlava il Wang Fu giovane.
Oltre a ciò, dovrò anche fare qualche ricerca più approfondita sulla simbologia che utilizzano i Satiri. Magari sarà una perdita di tempo, ma un tentativo posso comunque farlo.
Scendo i pochi gradini verso il bagno delle ragazze e ripongo il cellulare. In biblioteca troverò qualcosa. Ho scoperto che se qualche informazione manca su Google, la biblioteca dell'Accademia ha la risposta. Potrebbe essere paragonata alla leggendaria biblioteca di Alessandria.
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Stiletto
FanfictionMilano, 2016. Marinette Dupain-Cheng vive la nuova realtà di studentessa dell'Accademia di Moda Bellerofonte per coronare il suo sogno di diventare un giorno una stilista di livello internazionale. Quella borsa studio ottenuta grazie al suo immenso...