𝟏𝟎. 𝐈 𝐓𝐡𝐢𝐧𝐤 𝐖𝐞'𝐫𝐞 𝐀𝐥𝐨𝐧𝐞 𝐍𝐨𝐰

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Children, behave
That's what they say when we're together
And watch how you play
They don't understand

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Passarono giorni e settimane intere prima che la vita riprendesse a scorrere normalmente, non più immagini velocizzate, persone che la toccavano dove le faceva male, le ponevano domande con aria preoccupata, la sbatacchiavano di qua e di là. Andrea non capiva niente, diceva di sì e poi di no, non riusciva a tenersi ancorata e nei momenti lucidi la cosa la terrorizzava.

Fu per questo motivo che chiuse in fretta la telefonata con Diletta, il pomeriggio dopo il venticinque aprile: la normalità di quella conversazione l'aveva fatta rientrare nella sua testa e ciò che vi aveva visto l'aveva turbata. Preferiva avere a che fare con l'agitazione di sua madre che con la compostezza di Diletta - anche se a sentirla era abbastanza sicura che avesse pianto, prima nella stessa giornata. Non la biasimava, l'avrebbe fatto anche lei se solo ci fosse riuscita di nuovo. Ma le si erano seccati gli occhi, ora era solo infastidita. Dalle coperte che si piegavano male, dalla luce troppo forte, da sua madre che con un gran fragore di teglie asseriva la sua presenza in casa, da Virginia, che al contrario si era chiusa in stanza e sembrava non volerne uscirne più. Si accorse, mentre i giorni passavano e pian piano si abituava a vivere la sua famiglia ventiquattr'ore su ventiquattro, che le era stato tolto ciò che teneva più caro: il raziocinio. L'Andrea che pensava tanto e pure bene era ridotta a un corpo ammaccato e imbottito di antidolorifici, un concentrato di insofferenza, piegata sul water quando si dimenticava di prendere il protettore per lo stomaco, costretta a sobbalzare per il dolore al minimo movimento del corpo o per la paura a un rumore inaspettato. Si odiava, odiava la primavera che avanzava, si rallegrava degli sbalzi di corrente, l'unica variazione delle sue giornate. Durante la prima settimana di guarigione si invertì il moto orbitale sul quale aveva sempre fatto affidamento: ora era il mondo che girava intorno a lei e non lei che girava intorno al mondo. Non trovava nulla che potesse distoglierla da se stessa, ogni dolore che normalmente avrebbe valutato sopportabile era elevato alla seconda. Finì di leggere Noi due oltre l'Apocalisse, la fece arrabbiare, aveva un finale idiota e troppo frettoloso. Tentò di studiare, senza successo: le parole del manuale di Semiotica perdevano di significato, si chiedeva se avesse potuto portare tale fenomeno come esempio all'esame, lasciava perdere. Spesso si svegliava di notte per colpa di un movimento sbagliato, si alzava, andava in bagno, faceva un giro per la casa addormentata, tornava a letto e lì scivolava di nuovo dentro l'apatia che le era diventata amica. Presto perse il senso del tempo, a scandire le ore furono le visite che ricevette.

Vennero a trovarla un paio di colleghe e degli amici di università, si trattennero un po' e le chiesero quando sarebbe potuta uscire di nuovo.

"La frattura è scomposta", rispondeva lei, come un mantra. "Ci vorrà ancora un po'."

Solo i presenti alla serata conoscevano la realtà dei fatti e loro non osavano affrontare la questione. Emilia e Veronica si limitavano a farle visita a giorni alterni con l'aneddoto più recente in dono. Lei ascoltava, a volte commentava, si sentiva normale solo quando non era sola. Le pareva che insieme a loro entrasse in casa sua un pezzo di ciò che si stava perdendo dell'esterno, e non si curava nemmeno del fatto che stessero girando intorno al punto nevralgico della questione. Solo Davide si azzardò a proporle, qualche giorno dopo il fattaccio: "Vuoi che ci andiamo noi in Questura?"

Lei gli lanciò un'occhiataccia. "O ci vado io o non ci va nessuno."

Davide tacque, non accennò più all'argomento. Sembrava un po' deluso, probabilmente non si aspettava che Andrea Zavatta si tirasse indietro di fronte alla possibilità di segnalare un pezzo di merda. Persino Veronica ed Emilia erano apparse un po' smarrite quando Andrea gli aveva comunicato la nuova versione ufficiale: caduta dal motorino, un chissà chi in auto le aveva tagliato la strada e non si era fermato per soccorrerla. Quando la dottoressa le aveva chiesto cosa fosse successo la lingua si era mossa da sola, mentire le era venuto facilissimo.

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