𝟐. 𝐍𝐞𝐰 𝐘𝐞𝐚𝐫'𝐬 𝐃𝐚𝐲

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And so we're told this is the golden age
And gold is the reason for the wars we wage
Though I want to be with you
Be with you night and day
Nothing changes
On New Year's Day

1

Ad Andrea era sempre piaciuto il Capodanno. L'idea dell'anno vecchio che finiva e di uno nuovo che cominciava era talmente liberatoria che sentiva di poter dimenticare che il concetto di tempo è totalmente arbitrario, almeno per una sera. Ma la cosa migliore era trovarsi in compagnia in quella rivoluzione di anime: a Capodanno non esistevano distinzioni di genere o etnia, solo la possibilità di spogliarsi della tristezza della brutta stagione, degli sbagli e dei rimorsi passati, per festeggiare sul serio, senza pesi sulle spalle.

Tutto molto nobile, per quanto la riguardava.

Perciò, si chiese, esitando di fronte al citofono. Perché sto per partecipare a una festa a tema Naruto?

Iniziò a piovigginare. Andrea imprecò e si strinse nella giacca.

Aveva minacciato pioggia per tutto il giorno, il fatto che avesse cominciato proprio in quel momento era forse da prendersi come un segno. Magari quella festa non avrebbe portato a galla ricordi troppo traumatici. E poi ci sarebbero state nuove persone. Ci sarebbe stato l'alcol.

Sì, per l'alcol poteva farlo. Con la punta dell'indice, premette il pulsante vicino ai nomi «BONETTI - SIMONE».

Il trillo del citofono fu seguito solo dal ticchettio della pioggia sull'asfalto. Andrea alzò gli occhi verso le vetrate: le luci erano accese, i bassi della musica pompavano fino ad arrivare alle sue orecchie. Sbuffò.

Suonò ancora, con più insistenza. Nulla. Si lasciò andare a un sospiro esasperato. In un gesto automatico estrasse il cercapersone dalla tasca, facendo attenzione a non far scivolare la bottiglia di vodka sotto la giacca. Non sarebbe stata la prima volta.

"Pronto?", una voce soffocata la raggiunse dall'aldilà.

"Veronica, mi apri? Sono qua fuori."

"Hinata?"

Quando era su di giri o sbronza o entrambe le cose, Veronica comunicava solo tramite ultrasuoni e questo Andrea lo sapeva bene, ma non fu abbastanza pronta nello scostare il dispositivo dall'orecchio e se ne pentì amaramente.

"No, sono Andrea. Zavatta. La tua compagna di banco al liceo. Ti ricordi di me?"

Nessuna risposta. L'unico indizio del fatto che non fosse caduta la linea era la musica in sottofondo alla chiamata.

"Veronica? Guarda che me ne vado. Ho la vodka."

Un po' debole come presa di posizione: di certo non era la prima che suonava con una bottiglia di superalcolico in mano. Infatti Veronica rimase in silenzio, in attesa di una parola d'ordine che in condizioni normali Andrea avrebbe provato a eludere in qualche modo. Ma la pioggia le stava rovinando la piastra che le aveva procurato uno sfottò da parte di sua sorella; non poteva permettersi di rendere vani i suoi sforzi.

Alzò gli occhi al cielo, implorando l'aiuto di una qualsiasi divinità.

"Ino? Mi fai entrare?"

Un altro gridolino.

"Bravissima!" Il meccanismo scattò con un ronzio minaccioso. "Vieni!"

Non fece in tempo a entrare, che la luce di due fanali la investì e qualcuno suonò il clacson. D'istinto, Andrea si voltò e alzò il dito medio, ma l'auto era già scomparsa dentro la coltre di nebbiolina. Spalancò il cancello con un gesto esasperato e lo spinse all'indietro con tutte le sue forze. Il clangore echeggiò nel giardino deserto e si unì alle vibrazioni dei bassi provenienti dalla casa.

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