𝟏𝟐.

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. . . 𝐎𝐔𝐓 𝐎𝐅 𝐌𝐈𝐍𝐃
© 𝗅𝖺𝗉𝗂𝗅𝗅𝗐𝗌


Quel giorno Wooyoung aveva partecipato al tè pomeridiano di corte su stretto invito della regina.
Sembrava che la donna stesse pian piano sciogliendo quel nodo di preoccupazione che il detective aveva sempre visto sul suo volto. Credeva forse che fosse giunto ad una conclusione?

«Sono davvero addolorata al sol pensiero della vostra futura partenza, detective. San mi ha riferito che avete intenzione di andarvene non appena il caso sarà risolto.»
«Sì, vostra altezza. Ho molto da sbrigare, alcune faccende sono rimaste irrisolte dopo la morte di mio padre.»

«Sapete, è un peccato. Vi ho visto molto affiatato con mio figlio.»

Wooyoung rischiò di soffocarsi con il sorso che aveva appena ingerito. Sentiva le sue guance prendere fuoco.

«Affiatati?»
«Vi ho notati spesso insieme. Noto con piacere che l'aiuto di mio figlio è stato prezioso per voi.»
«Vostra altezza. no sarei a arrivato a tal punto senza di lui.» rispose emettendo un silenzioso sospiro di sollievo, impercettibile per la regina, che sedeva a qualche metro da lui.

La donna sembrava amare gli elogi rivolti al figlio come se fossero indirettamente per lei, questa era una delle cose principali che Wooyoung aveva imparato e che amava sfruttare per ottenere la sua benevolenza.

«Vedete? San aveva finalmente trovato qualcuno che lo valorizzasse per ciò che rappresenta.»
C'era una nota diversa nella sua espressione, come fosse . . . tristezza? Al detective si strinse il cuore.

«Immagino sia rimasto solo. Non dev'essere semplice la vita da reale.»
«Non lo è, figliolo. Nella nostra posizione non è mai chiaro se qualcuno ci frequenti per fama o vero affetto. Conoscete la storia del compagno Sangyeon?»

Wooyoung scosse la testa. Del defunto ragazzo sapeva solo ciò che a grandi linee gli aveva raccontato San.

«Aveva giurato fedeltà al principe, l'aveva sempre affiancato. Poi, un giorno, si è rivoltato contro di lui. Era un individuo strano, prepotente, voleva prendersi il merito di qualsiasi cosa.»

Mentre la sovrana parlava il detective si rese conto che il principe non gli aveva mai parlato di quel lato del combattente. L'aveva sempre descritto con affetto e qualità invidiabili. Sembrava vedesse solo il meglio delle persone.

«. . . così, dopo i primi due delitti, credevamo fosse lui il colpevole. Finchè non è diventato lui stesso una vittima. San non è uscito dalla sua stanza per giorni, era stato spezzato l'unico legame affettivo che gli fosse rimasto oltre a noi. Probabilmente è per questo che si è interessato alle indagini di vostro padre, ero certa che sarebbe stato la persona migliore per aggiornarvi e farvi da spalla.»

Il ragazzo continuava ad annuire, provato dall'udire delle sofferenze dell'amato principe. Stava per ribattere, elogiare ancora una volta la loro famiglia e dirsi dispiaciuto per gli accaduti, quando la porta della sala si spalancò di colpo, facendo tremare le tazze da tè.

Una delle cameriere si era fermata davanti a loro, cercando di riprendere fiato.

«Vostra . . . vostra altezza.»
La regina si sollevò diritta sulla poltrona.
«Tre coltelli da tiro sono spariti.»
I due si rivolsero delle occhiate sbigottite.

«Avete chiamato mio figlio? Fatelo venire qui.»
«Sono qui per questo. Vostro figlio ha preso parte ad una campagna di caccia con alcuni nobili. Al momento sono gli unici a trovarsi fuori dal castello.»

Il detective aveva udito di quella campagna, qualche giorno prima. E se c'era una cosa di cui si era informato, era la certezza che anche Yeojoon fosse tra loro. Era conoscenza comune sapere che i nobili non cacciavano mai con coltelli da tiro, poichè era disonorevole.

«Uno dei sospettati del detective Jung è tra loro. Il principe è in pericolo.»

Ma Wooyoung era già scattato in piedi, lasciando la regina senza nemmeno un inchino per abbandonare la sala in fretta e furia.

Davanti alle stalle un gruppo di guardie si stava già armando per seguirlo.

Doveva raggiungerlo, subito. Quella poteva essere la resa dei conti. Eppure, non aveva un mezzo per farlo. L'area prediletta per la caccia era lontana qualche miglio dal castello, non sarebbe mai arrivato in tempo a piedi o in carrozza.

Finchè, voltandosi verso la stalla, una lampadina si accese dentro di sè. «è qui per te, se mai avrai bisogno di lei, o di me.» Pregò con tutto il cuore che Estia non lo ripudiasse ancora come il primo giorno.

A sua grande sorpresa e sollievo, il destriero si lasciò addomesticare da qualcuno che non era il suo padrone senza troppi lamenti. Dopo qualche minuto lui e altre cinque guardie si erano già lanciati al galoppo verso le steppe più a nord.

Quando finalmente giunsero davanti a quello che doveva essere l'obiettivo scesero dalle proprie selle e, cercando di non emettere il minimo suono, si inoltrarono nel fitto della vegetazione. Ognuno si guardava da una parte all'altra, tenendo stretti i foderi delle proprie spade.

Non ci volle molto perchè udissero il vociare maschile di un gruppo poco numeroso. Poi li videro.

Il detective quasi si lasciò cadere sul muschio fresco sotto ai suoi piedi. San era lì, vivo e vegeto, insieme ad altri due giovani aristocratici. Yeojoon era qualche passo più avanti di loro, ignaro della sua presenza.

«Wooyoung?» il principe si voltò verso di lui, perplesso.

I loro sguardi si incrociarono per una frazione di secondo che il detective fu costretto ad interrompere. Aveva ben altro da fare, al momento.

«Visconte.» si rivolse all'altro che, nel mentre, aveva preso atto del loro arrivo e si era avvicinato, sospettoso. Aveva aspettato giorni e notti per pronunciare quella fatidica frase.
«Siete in arresto, per sentenza del sovrano. Al vostro ritorno a corte verrà emanato un comunicato ufficiale.»

«In . . . arresto?»
Non importava quanta forza avesse in corpo, dimenarsi dalla presa di cinque soldati non sarebbe certo stato facile.

«Voi non siete un detective, siete un usurpatore! Liberatemi, è lui il vero colpevole. Quel popolano da mezzo soldo!»

Fuoriuscirono imprecazioni di qualsiasi genere dalla bocca del nobile, come «Volete i miei averi, ecco perchè vi appropriate della mia libertà!» o nientemeno che «Non ne avete le prove, vi farò decapitare per frode, traditore!»

Per tutto il tragitto seguirono insulti ed esortazioni simili, tanto che uno dei servitori si propose di serrargli la bocca con un panno di stoffa. Wooyoung, tuttavia, rifiutò. Voleva lasciargli l'ultima ora di libertà, prima di passare l'eternità a pane e acqua nelle segrete di corte. Che si sfogasse, se era questo il modo in cui voleva sprecarla.

Le sue parole ormai non lo sfioravano nemmeno. Tutta la sua concentrazione era rivolta alla figura davanti a lui, a cui si stringeva stretto per non perdere l'equilibrio. Estia, come lui, era tornata serena dopo averlo rivisto. Il padrone ogni tanto si voltava verso il detective e gli rivolgeva un sorriso rassicurante.

Lui non poteva far altro che osservarlo ed emettere sospiri di sollievo. Se i suoi calcoli erano giusti, il suo lavoro era compiuto.

La famiglia reale era salva, il suo principe era salvo.
Erano terminate le notti insonni.

 astoria, woosanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora