𝟏𝟔.

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𝐌𝐈𝐒𝐒𝐈𝐍𝐆 𝐏𝐈𝐄𝐂𝐄𝐒
© 𝗅𝖺𝗉𝗂𝗅𝗅𝗐𝗌


Il silenzio dominava qualsiasi cosa. L'intero castello era addormentato, il che lasciava a Wooyoung la possibilità, o forse la condanna, di riflettere.
Era rimasto chiuso nella sua camera per tutto il giorno. Ora si teneva la testa tra le mani, travolto dallo stesso identico tormento che l'aveva accolto non appena aveva rimesso piede lì.
Una tortura mentale, quel genere a cui non si può sfuggire. Non sapeva più da dove cominciare, qualsiasi pista sembrava tanto la soluzione quanto il fallimento più totale.

Aveva dato la colpa del suo tormento alle domande.
Domande che si era posto milioni di volte, domande che si trasformanvano in paranoie, domande per cui non aveva trovato risposta. In quel momento, invece, le risposte le aveva. Le aveva eccome. Eppure le ignorava.

Un singolo rumore alla porta e la sua mente tornò attenta.

«Ha così tanto potere su di te, questo assassino, da farti passare le notti insonni?»

Il principe aveva già preso a parlare da dietro la soglia, come suo solito, ancor prima che lui l'avesse fatto entrare.

Senza chiedersi perchè fosse ancora sveglio a quell'ora, poichè erano state tante le volte in cui l'aveva confortato anche nel mezzo della notte, si avvicinò per aprire. Non si sorprese accorgendosi che c'era titubanza nei suoi stessi movimenti. Le sue mani tremavano involontariamente mentre cercava di girare la chiave in senso antiorario nella serratura.

Fino al giorno prima si sarebbe subito gettato tra le sue braccia, in cerca della calma che gli garantiva sempre quando la sua mente era in tempesta. Non lo fece. Anzi, pian piano che il reale si palesò, Wooyoung rimase paralizzato davanti a quella vista.

Qualcosa scintillava nel suo arto sinistro. Un pugnale argenteo, ma bagnato da rivoli color rubino. Sangue. Lui, invece, aveva gli occhi tanto scarlatti quanto la lama del coltello.

«Vostra altezza. Tre coltelli da tiro sono spariti.» quelle parole erano state il movente per cui lui, solo il giorno prima, aveva corso a perdifiato verso la foresta per difenderlo. Difenderlo... da chi?

«San?»

Nell'altra mano, che fino a qualche secondo prima era rimasta nascosta dietro al suo busto, spuntò il drappo di un colletto. Nero, dalle bordature dorate, un piccolo falco al centro. L'inconfondibile stemma dei visconti. Il colletto di Yeojoon.

L'espressione terrorizzata del detective sembrò soddisfarlo più di qualsiasi cosa un principe avrebbe potuto bramare.

Lo osservò silenzioso per qualche secondo, poi parlò.
«In un'altra vita, saresti potuto restare.»

Il ragazzo che il giorno prima dormiva pacifico nel suo stesso letto ora sembrava illuminato da una luce diversa. Anzi, luce non era. Erano tenebre.

Il detective strinse istintivamente allo schienale del letto, mentre l'altro procedeva a passi lenti verso di lui, con quel sinistro sorriso che si maledette di non aver riconosciuto prima.

Voleva urlare, disperarsi, infuriarsi, ma la sua gola sembrava incapace di produrre qualsiasi suono. Quella vista non sarebbe servita a strappargli nemmeno un grido strozzato. Allora cercò solo di desiderare di svegliarsi da quell'incubo.

«Non avreste dovuto mettervi in mezzo, detective
Il suo tono dolce, magnetico, aveva lasciato posto ad una voce priva di emozioni. Non c'era rabbia, non c'era sconforto, nemmeno compassione.

Si avvicinò ancor di più, ma Wooyoung non poteva più arretrare. La parete fredda premeva contro la sua schiena. Rabbrividì quando il principe allungò una mano per allontanargli un ciuffo di capelli dal viso, ma la vista della lama nell'arto opposto sembrava catturare tutta la sua attenzione, illuminata dal riflesso lunare filtrante dalla finestra.
Ritrovò finalmente le parole. Parole che mai avrebbe creduto di dover pronunciare.

«Non toccatemi.»

Quelle risposte che lui non voleva darsi erano lì per lui. Aveva ignorato qualsiasi segnale, così ora il destino era venuto a prenderlo.

La realtà si stava ricucendo tassello per tassello.
Hai scelto la tua strada, non puoi più cambiarla.
Il suo principe non era stato altro che il suo manipolatore.

Forse, se lo meritava?

«Ciò che è accaduto a tuo padre non ti è stato di lezione. Ti manca, me l'hai ripetuto molte volte.»

Il detective chiuse gli occhi. Non riusciva, anzi, non voleva, sentire o vedere quell'immagine davanti a lui. Ormai non c'era più niente da fare.

«. . . vi aiuterò a ritrovarlo, allora.»

 astoria, woosanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora