𝟎𝟗.

104 17 14
                                    


𝐅𝐈𝐑𝐄𝐖𝐎𝐑𝐊𝐒
© 𝗅𝖺𝗉𝗂𝗅𝗅𝗐𝗌


Wooyoung si reggeva la testa tra le mani, osservando le travi di legno del parquet. Il letto sembrava più scomodo del solito. Quella notte non avrebbe dormito. Nemmeno quella dopo, e quella dopo ancora.

Poco più in là, sulla scrivania, c'era una pila di mappe e liste disordinate. Avrebbe dovuto sistemarle, prima di perdere qualche indizio importante. Eppure al momento non riusciva ad alzarsi da lì. Temeva che, se avesse lasciato la testa dalla stretta delle sue mani, sarebbe crollata a terra come quella del piccolo Harris.

Alla fine non c'era stato più niente da fare per lui. Questo il detective l'aveva capito dal primo sguardo sul suo viso pallido, ma sentirselo dire ufficialmente era tutt'altro che una pura previsione.

Non era riuscito a fermare la morte dell'ennesima vittima. Chiunque avesse causato quella baraonda era ancora là fuori, a piede libero.

La porta davanti a lui emise un paio di tonfi sordi. I servitori bussavano una volta sola.
«San? Siete voi?» si alzò lentamente dal letto, stropicciandosi gli occhi stanchi, noncurante dell'aspetto provato che poteva avere in quel momento. La tensione su di sè si rasserenò non appena vide davanti a sé il volto del principe, che lo guardava preoccupato.
«Perdonate se me ne sono andato subito. Non volevo lasciarvi solo sulla scena del crimine, ma dovevo chiamare qualcuno al più presto.«
«Non preoccupatevi, avete fatto ciò che avrei fatto al posto vostro. La sala è stata evacuata subito, comunque.»

L'altro osservò il suo viso stanco per qualche secondo. Wooyoung era sicuro di avere delle occhiaie che arrivavano fino ai piedi, accentuate ancora di più dallo stress di quella sera.

«Sapevo che vi avrei trovato così. E sono qui per dirvi che no, non è colpa vostra. Conoscendovi sarà difficile che vi convinciate da solo del contrario.»
Il detective spostò nuovamente lo sguardo sul parquet levigato, finchè non riuscì più ad ignorare il turbine di colpe che che aveva dentro.
«Ho ucciso un adolescente, San.»

«Non puoi pensare di aver ucciso qualcuno solo perché non sei riuscito a salvarlo.»
Quella frase lo colpì in pieno. Il principe gli aveva dato del tu: l'impatto delle sue parole sembrò triplicarsi d'improvviso.

Tuttavia, «Era il mio dovere.»
«Quale dovere? Leggere nel pensiero di un colpevole che ancora non hai trovato? Sii realista.» così dicendo, si sedette accanto a lui sulle candide lenzuola del baldacchino, determinato a vedere un qualche cambiamento nell'umore del detective.
Seguì un silenzio prolungato, ma senza la minima traccia di disagio. Wooyoung sapeva che il principe gli stava dando il tempo di riordinare la propria testa. Aveva compreso come si sentiva e, nonostante fosse contrario a quelle emozioni negative, non l'aveva né accusato, né fatto sentire un incompetente.

Sommerso dai pensieri riprese a giocare freneticamente coi propri pollici. Il mondo gli stava crollando addosso di nuovo, pezzo dopo pezzo. Almeno quella volta, rendendosi conto della presenza accanto a se, poteva dire di aver trovato qualcuno che sembrava intenzionato a risollevarlo, quel mondo.

«Mi avete salvato la vita.» la sua voce era spenta, lo sguardo fisso a terra. Sapeva di starsi pur sempre rivolgendo ad un reale, ma non aveva le forze di cambiare il tono.

«L'odore del veleno è pungente, il colore ancor di più. É una strategia ricorrente tra le faide reali, da piccolo mi hanno preparato a saperlo riconoscere.» al contrario del detective, lui lo guardava. «Non devi ringraziarmi, non avrei mai permesso che accadesse una cosa del genere. Specialmente a te.»

Sentiva il suo sguardo bruciare su di lui. Sapeva che San desiderava che si voltasse, che credesse a ciò che aveva detto, che si convincesse che lui non doveva addossarsi alcuna colpa in ciò che era accaduto. Ma il principe era la meraviglia in carne ed ossa. Non poteva, e non avrebbe mai potuto, comprendere l'idea di aver fallito nell'unica cosa per cui si era ancora in vita.

La sua mente era un putiferio di dubbi, rimurginazioni, rumore di calici infranti, critiche rivolte a se stesso; eppure, davanti a quegli occhi profondi come una nebulosa, una domanda spiccò tra le altre. Era sempre stata lì, un vago sospetto nell'angolo dei suoi pensieri, pronto a ricevere una conferma che probabilmente non sarebbe mai arrivata, non che si meritasse di venirne a conoscenza. La domanda più stupida che avrebbe potuto fare, in quel momento... quasi si maledisse quando si accorse di averla pensata ad alta voce.
«C'è mai stato qualcosa, tra voi e Sangyeon?»

Stava per ritirare tutto, scusarsi freneticamente e dire che quella sera era troppo confuso per parlare coscientemente. San, senza il minimo accenno di turbamento, riprese la parola.
«Ve l'ho già detto, non ho mai acconsentito ai sentimenti di Sangyeon.. L'ho amato, sì, ma come un fratello. Soffro al sol pensiero che sia morto illuso dalle sue stesse emozioni, ma questa è la vita di un compagno di battaglia. Perchè questa domanda?»
Wooyoung sperava che il silenzio fosse una risposta plausibile. Purtroppo non era così, ma non sarebbe riuscito a contestare a parole.

Lo fece perciò in un altro modo. Nella propria testa contò fino a tre. Chiuse gli occhi, come un bambino, e si avvicinò al viso dell'altro, rompendo quei pochi centimetri che separavano le loro labbra.

La sua vita non aveva più una direzione, la sua anima non aveva nient'altro da perdere. Se non fosse stato per quelle circostanze, non l'avrebbe mai fatto. Eppure, la lucidità di quel momento era offuscata dalle accuse che il suo stesso Io continuava a riversargli contro come pugnali infuocati. Un attimo fuggiasco, un sospiro mancato, e si levò di colpo.

Studiò il viso dell'altro, sentendo l'imbarazzo del pentimento scorrergli su per le vene: non era mai stato un tipo impulsivo, eppure aveva appena esagerato.

Ma rimase stupito. Il volto del principe era rilassato, i suoi occhi ancora su di lui. Non sembrava sorpreso. Quel gioco di sguardi pareva non volersi interrompere, e in quel momento non sarebbe stato lui a distoglierlo per primo.
«Ed io, per voi, ho esagerato come Sangyeon
Per la prima volta aveva visto il principe a corto di parole. Era lì, immobile, con le labbra ancora socchiuse davanti a lui. Stava forse cercando nel suo repertorio di frasi un modo pacato per rifiutarlo? Per congedarsi e tornare nella propria stanza? Sarebbe stato un netto sì, la sua risposta?

Finchè, dopo qualche secondo di pura agonia per Wooyoung, sollevò una mano verso il suo viso e accarezzò i suoi capelli corvini. Spostò una ciocca dietro al suo orecchio. Per la cronaca, il detective ricordava ancora di avere un aspetto più che trasandato quella sera.

San scosse leggermente la testa, sollevando un angolo della bocca. Ebbe la conferma che si trattasse della risposta alla sua domanda quando la loro distanza fu azzerata per la seconda volta. Un tentativo veramente più netto e audace del suo, e di nuovo aveva sentito le sue labbra rosee su di lui.
Un bacio gentile, che dava spazio alla scelta.
Dimentica il dovere, per una volta. sembrava sussurrargli, pur senza emettere una parola.

Nessun martire, nessun assassino a piede libero. Quella notte la preoccupazione, come spaventata dall'anima candida del principe, lo stava abbandonando, filo dopo filo. Consapevole che sarebbe rimasto libero dai suoi limiti fino al mattino seguente, decise che per una sola notte avrebbe anche potuto dimenticare quel dovere, come il principe cercava sempre di fargli comprendere. Per una sola notte, si ripetè.

 astoria, woosanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora