Il piano inferiore della casa verte in un silenzio surreale – vuoto, amplificato dal terrore che Chrissy sente come un ragno agitarsi dentro di sé.
Non ci sono né suo padre, né sua madre, né tantomeno suo fratello. La televisione è spenta, l'isola di marmo della cucina tirata a lucido, le finestre chiuse. Non si muove nulla, non ronza un insetto, non si sentono i suoni della strada. Tutto sembra fermo in un'attesa spaventosa e quando appoggia il piede sul primo scalino, lo scricchiolio che ne consegue è insopportabile, echeggia tra le mura di tutta la casa.
- Mamma? – prova a chiamare, col cuore in gola.
Sa che c'è. La porta era aperta, le sue scarpe all'ingresso.
Quando arriva di fronte alla porta della sua stanza, non è troppo stupita del fatto che lei sia lì ad aspettarla. Quello che la coglie davvero di sorpresa è la presenza di suo padre, seduto sul letto immobile: ha la fronte appoggiata tra le mani, i gomiti sulle ginocchia, l'aria di chi è invecchiato di cent'anni tutti insieme.
A lui, e solo a lui, Chrissy vorrebbe dire che le dispiace.
È ancora il papà che la chiama principessa, che l'accompagna dappertutto, che le ha comprato il vestito per il ballo. Ma è anche il marito di Eva. Forse è una dicotomia troppo difficile tra gestire, quella tra amore filiale e doveri matrimoniali. Forse è per questo che preferisce passare tanto tempo fuori casa, invece che con loro. Forse sono tutti vittime della stessa, crudele manipolatrice narcisista che adesso cammina come una fiera in attesa su e giù per la stanza. I suoi occhi glaciali scivolano sul viso di Chrissy, dietro la porta semichiusa. Quando si apre in un sorriso che non promette niente di buono, la paura aumenta.
- Vieni, vieni.
Chrissy entra in quello che dovrebbe essere il suo porto sicuro in punta di piedi e gli occhi, immediatamente, le cadono sulla scrivania.
Qualcuno ha rovistato dentro i suoi cassetti e ha scoperto il doppiofondo. Sul tavolo in noce, sparsi, ci sono i suoi quaderni, i suoi disegni e, peggio ancora, c'è la bustina di Special K.
- Adesso ci spieghi cos'è questa, che ne dici? – il tono di sua madre, falsamente dolce e conciliante, le fa desiderare di tenere la bocca chiusa.
Eppure aveva trovato il coraggio.
Quello di dire basta, non sono così, voglio essere come voglio essere, voglio la libertà, la felicità, mangiare, Eddie, correre via, vivere, perché me lo merito.
Ma quel coraggio ora sembra finito chissà dove, svanito sotto le suole delle scarpe, nel ghirigori del tappeto che fissa con intensità feroce.
- Chrissy – la voce di suo padre, più conciliante, prova a insinuarsi nel discorso – Dicci la verità, ti prego. Così possiamo capire come aiutarti.
- Aiutarla – sbotta Eva, irretita dal fatto che qualcuno abbia osato toglierle il controllo della conversazione – Tua figlia si fa di questa merda e tu vuoi pure aiutarla?
- Io non mi faccio di nulla, l'ho solo comprata una volta perché avevo ansia.
Lo dice con un soffio di voce, così piano che le riesce difficile sentirsi da sola.
- Capito? Aveva ansia. Vive in una casa bellissima dove non le manca niente, e ha ansia. È prima nel suo corso, ottime possibilità future, una borsa di studio, un fidanzato bellissimo e ha ansia. Cristo, Chrissy, ma sei completamente imbecille? Cosa pensi che ti manchi di preciso?
Una madre, tanto per cominciare. Una che capisca che proprio tutte quelle cose sono quella che la mettono in difficoltà, che la fanno sentire schiacciata come una sardina. Il fatto di star vivendo una vita non sua, le pressioni sociali, la fatica di mantenere l'asticella delle aspettative sempre su, alta, in cima.
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Gli imperfetti
Fanfiction1986 - Hawkins, Indiana. Chrissy Cunningham è una brava ragazza ma con grandi segreti; Eddie Munson, invece, sembra quasi non aver paura di niente - ribelle e sfacciato, vive la sua vita in modo libero e senza preoccuparsi dei giudizi degli altri. C...