𝐀𝐆𝐀𝐈𝐍: 𝐏𝐚𝐫𝐭 𝟑

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I'ᴍ ᴛʀʏɴᴀ ʙᴇ ᴡʜᴏ ɪ ᴏɴᴄᴇ ᴡᴀꜱ

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I'ᴍ ᴛʀʏɴᴀ ʙᴇ ᴡʜᴏ ɪ ᴏɴᴄᴇ ᴡᴀꜱ

ᴍɪꜱꜱɪɴɢ ᴘᴀʀᴛꜱ ᴏꜰ ᴍᴇ



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Il buon senso gli diceva di alzare il telefono e chiamare Kim Chu — un gorilla in borghese, ingaggiato dalla Hybe per scarrozzarlo e fargli da babysitter fino a quando Park Jimin non avrebbe riportato il suo culo milionario sul primo volo per Tokyo — e farsi venire a prendere, in modo che non vagasse a quell'ora del tardo pomeriggio nei quartieri limitrofi di Yongsan-gu, con del ramen istantaneo e riscaldato di un konbini a rivoltarsi nel suo stomaco come una lavatrice e una birra ghiacciata nascosta in un sacchetto avana.

Scalò l'ultimo gradino della zona nascosta del parco, calato ormai nel timido silenzio delle compagnie a zonzo tra le bancarelle di pesce fritto, tteokbokki e patate dolci, insieme allo scorrazzare dei bambini accompagnati dalle famiglie che giocavano ad acchiapparella: era tutto così calmo; quiete e mite d'estate e calura sotto un cielo fin troppo perfetto, con la Luna sopraelevata agli spigoli dei palazzi di Seoul. La natura era riuscita a riprendersi il podio per la sua eccelsa bellezza quella notte.

Così bella che quella doveva essere la serata perfetta per camminare lungo i sentieri più ombrati e meno frequentati del parco, a qualche metro dalle bancarelle e alle soglie del canale veleggiante di ninfee. Tenendosi mano nella mano come piaceva a Dami, con le dita intrecciate tra loro in un lucchetto umano di pelle e carezze dettate dal pollice di Jimin, il quale strofinava amorevolmente il dorso della più piccola ogni volta che squittiva felice e ripiena di ttekbokki dentro le guance, sporca di salsa sulle labbra.

Ogni volta che sorrideva felice — incurante dei paparazzi a caccia di scandali e trofei privati da sbandierare con un click su internet — Jimin si dimenticava della vita che faceva. Era così ingenua, nei suoi sorrisi con gli angoli sporchi di salsa, che non pensava mai a guardarsi le spalle e tutelarsi; da sempre testarda e caparbia, a volte persino comica, quando si trattava di rimproverare la disattenzione dell'idol sul mostrarsi meno appariscente in mezzo alla vita urbana.

Ma ora, al ricordo delle buffe imprecazioni di Dami, che all'epoca lo facevano sghignazzare, Jimin era cambiato. Le parole che la sua ragazza gli aveva rivolto ore prima lo avevano preso in pieno viso, un pugno violentissimo, massacrante e persistente di dolore, tanto da cascare a terra e aprire una volta per tutte gli occhi.

E si sentì un vero miserabile quando — nei suoi ricordi — la prendeva in giro, facendole quasi pesare il senso di protezione che sprigionava nei suoi confronti; Dami voleva solo che Jimin fosse al sicuro e continuasse a passeggiare lungo la via del sogno. Senza pensare che, invece, quella bisognosa di essere veramente tutelata con più attenzione e riguardo fosse proprio lei.

𝐈𝐍 𝐋𝐎𝐕𝐈𝐍𝐆 𝐘𝐎𝐔// 𝐎𝐍𝐄 𝐒𝐇𝐎𝐓 𝐏𝐉𝐌Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora