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I capelli di Simone erano così morbidi, Manuel non riusciva a smettere di passarci le dita, lasciando dolci carezze ogni volta che si immergeva in quella foresta di riccioli e boccoli così ben definiti e ben curati. Niente a che fare con i suoi che, per quanto ci provasse, erano sempre più indomabili.

Erano stesi sul letto dell’allenatore, su un fianco, l’uno davanti all’altro. Erano passati interi minuti dall’ultima parola detta, forse addirittura ore, e loro continuavano a guardarsi. Forse perché quando gli occhi parlano, chi ha bisogno di futili parole?

Simone fermò la mano di Manuel che si stava immergendo nuovamente nei suoi ricci e la portò sulla propria guancia coprendola con la sua mano. Si beò per qualche istante – forse minuti interi – di quel contatto così semplice ma allo stesso tempo così infinitamente bello da togliergli quasi il fiato.

«Dovrei andare.» sussurrò Simone con il tono di uno che non avrebbe mai più voluto lasciare quelle lenzuola, quel letto, quelle mura, e chi vi era dentro.

«Resta.» lo pregò con un filo di voce, con gli occhi e con il cuore Manuel.

«No, Jacopo-» «Jacopo sta da Dante e sta bene.»

Simone chiuse un attimo gli occhi e, dopo aver mosso la testa verso la mano di Manuel - rimasta sulla guancia del più piccolo -, questo iniziò a muovere il pollice lasciando delle piccole carezze.

«Non mi hai mai chiesto perché Jacopo non ha il mio cognome.»

«Non ne ho avuto l’occasione. Poi… a dirla tutta, credo di saperlo.»

Simone lo guardò aggrottando la fronte.

Manuel fece scivolare la mano dalla guancia al collo del più piccolo, il volto era diventato improvvisamente serio.

«C’è già un Jacopo Balestra nella tua vita e, per quanto sono sicuro ti sarebbe piaciuto, hai preferito lasciare che rimanesse l’unico.»

Simone rabbrividì, era impressionante quanto Manuel lo capisse anche a distanza di anni.

«Però… mi piacerebbe sentire la storia, se ti va.» concluse Manuel sistemandosi meglio sui cuscini morbidi del letto

«Quando… quando abbiamo conosciuto Jacopo in realtà eravamo andati lì per adottare un bambino piccolo. Io e Riccardo volevamo una famiglia, eravamo – Simone si stoppò chiudendo gli occhi – credevamo di essere pronti. Però poi-»

«Poi lo hai visto.»

«Poi l’ho visto – un sorriso illuminò il volto di Simone – era già un tornado con i riccioli, con già le idee chiare su chi era e chi voleva essere. Inutile dire che mi è sembrato… insomma, era come ho sempre immaginato Jacopo, se solo avesse avuto la possibilità di crescere e…»

Manuel si avvicinò a lui fino a far combaciare le loro fronti, passando un braccio intorno alla sua vita così da poterlo abbracciare.

Simone si sporse e gli lasciò un bacio a fior di labbra. «Comunque Ric non era d’accordo all’inizio, avevamo sempre pensato a un bambino dagli 0 ai 5 anni e Jacopo ne aveva quasi 11.»

M’è sempre rimasto sur cazzo sto Riccardo, chissà come mai.

«Comunque- alla fine lo convinsi, e Jacopo mi ha dato una grande mano in questo. Arrivati alla parte burocratica, Riccardo aveva dato per scontato che volessi mettergli il mio cognome. Ma-» «Ma nc’ha capito ncazzo de te in sti anni che siete stati insieme.» finì per lui la frase quasi senza accorgersene.

Ops

Simone scoppiò a ridere schiacciando i loro nasi e lasciando un altro bacio sulle sue labbra. «Non ti piace proprio, eh?»

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