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Un rumore continuo veniva dalla camera di Manuel, come se qualcuno stesse buttando all’aria il proprio armadio provando e riprovando dei vestiti cercando quello più adatto.

Era proprio quello che Chicca e Edoardo si trovarono davanti appena si affacciarono in camera del proprietario di casa: camice, maglie, pantaloni vari ammucchiati sul pavimento davanti all’armadio mentre Manuel, completamente immerso in quel mobile, continuava a trovare indumenti che, poco dopo, scartava perché non all’altezza della serata.

Erano tornati la sera prima da Bologna vittoriosi e, appena arrivati al centro sportivo, con l’adrenalina ancora in corpo aveva chiesto a Simone se la sera dopo fosse libero per l’appuntamento.

E ora, grazie a quel si, certo sussurrato quasi timidamente dal più piccolo, si trovava immerso nel caos. Avrebbe voluto dire che se ne stava quasi pentendo, ma lo sapeva benissimo anche lui che era una bugia.

«Manuel! Ma che stai facendo?» la voce di Chicca lo risvegliò dal suo trance.

«Sta a impanicasi, me sembra ovvio Chì.» Edoardo, appoggiato allo stipite della porta, lo guardava divertito.

Manuel si mise le mani tra i capelli guardando il casino in cui era immerso. «Nun c’ho niente de decente da mette. Che cazzo me metto mo?»

Edo e Chicca si guardarono, che caso perso, pensarono entrambi. Lo raggiunsero in mezzo alla stanza cercando di non calpestare i vestiti, «Okay, mo te mettiti seduto sul letto che ce se pensa noi.»

Manuel ubbidì e, appena toccò il letto, si lasciò cadere all’indietro disperato. Non era la prima volta che usciva con qualcuno e, fino a quel giorno, era sempre stato facile scegliere cosa fare e cosa indossare. Ma Simone non era qualcuno, e questo lo stava mandando fuori di testa. Aveva aspettato per così tanto questa opportunità e voleva che tutto fosse perfetto.

Fortunatamente aveva avuto la geniale idea di chiamare i suoi migliori amici la sera prima per avvertirli di quello che sarebbe successo meno di 24h dopo. Ovviamente Edoardo e Chicca si erano congratulati con lui, anche se non avevano tardato a dire che ci avesse messo na vita.

Ora, mentre li guardava da sdraiato girare intorno al mucchio di vestiti in cerca di qualcosa che potesse mettere, Manuel fu grato per la loro amicizia, come avrebbe fatto in quegli anni senza di loro, non lo sapeva.

Edoardo gli schioccò le dita davanti per attirare la sua attenzione, «Se nce dici ndo hai intenzione de portarlo non te possiamo aiutà.»

Così, Manuel si alzò con il busto, mettendosi a sedere sul bordo del letto, e gli illustrò il programma della serata – o almeno, quello che aveva programmato.

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Manuel, dopo una lunga discussione - avuta poco prima di uscire con Edoardo- , aveva fatto di testa sua e aveva optato per la moto come mezzo di trasporto per la serata. Si sistemò per l’ultima volta la giacca nera per poi prendere il secondo casco e uscire di casa.

I suoi due stilisti erano usciti poco prima di lui e, dopo un’ora di prove su prove, avevano optato tutti e tre per una giacca nera con sotto una semplice maglia bianca – Edoardo e Chicca volevano fargli mettere una camicia, peccato non ne avesse manco una decente – e un jeans scuro.

Ci mise una decina di minuti ad arrivare sotto casa di Simone che, puntale come sempre, era già lì ad aspettarlo bello come il sole che ancora illuminava tutta Roma.

Forse aveva ragione Edoardo sulla macchina, te stanno già a tremà le gambe.

Stretto in quel maglione grigio a collo alto e con quei pantaloni neri che gli fasciavano le cosce – e altro che eviterà de dì -, Manuel pensò che arrivare a fine serata vivo sarebbe stato veramente difficile.

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