Epilogo

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Alla fine Manuel e i suoi ragazzi quel campionato erano riusciti a vincerlo e lui aveva dimostrato di essere un bravo allenatore, anche se alle prime armi.

La sua gioia più grande era stata però veder Jacopo segnare il gol della vittoria nell’ultima partita.

Dopo varie settimane di fisioterapia e allenamenti continui era finalmente tornato a giocare – più forte che mai, avrebbe aggiunto Manuel. La vittoria l’avevano festeggiata insieme agli altri ragazzi e ai genitori dei giocatori – si, anche Simone.

Riccardo aveva scelto di non andare. Dopo che aveva saputo della relazione ormai stabile e ufficiale di Simone e Manuel aveva deciso di sua spontanea volontà di allontanarsi da Simone – e di conseguenza da Jacopo. Manuel ancora non capiva la sua decisione e, anche se era rimasto in contatto con Jacopo, il suo comportamento nei confronti di quello che era suo figlio.

A fine serata, dopo i festeggiamenti, si erano ritrovati loro tre sul tetto di casa Ferro a guardare le stelle. «Peccato per questo terrazzo, mi mancherà guardare le stelle da qua.» aveva detto a un certo punto Jacopo, girandosi verso un Manuel che, a quelle parole, era scattato come una molla.

«Perché, dove andate?» aveva chiesto con la voce tremante. Simone, ancora steso su quella coperta troppo piccola per tutti e tre, gli aveva sorriso. «Noi? Da nessuna parte. Sei tu che ti trasferisci – tirò fuori delle chiavi con un piccolo dinosauro attaccato ad esse – a casa nostra. Sempre che tu voglia, certo.»

La faccia incredula di Manuel fece scoppiare a ridere Jacopo, «Sto aspettando una risposta, Manuel Ferro.» lo provocò il corvino, vedendo poi Manuel guardare Jacopo mentre gli accarezzava i capelli.

Lo sguardo che si scambiarono i due fece capire subito a Manuel che l’idea non era stata solo di Simone. Agguantò le chiavi ancora nelle mani del suo ragazzo e, dopo aver guardato quel piccolo dinosauro, si girò sorridendo a entrambi. «Quando iniziamo il trasloco?»

Manuel durante la sua prima notte nella loro casa aveva finalmente confessato a Simone la storia del nome di Schopenhauer.

«È na cosa stupida, Simò.» aveva iniziato a dire dopo che, per l’ennesima volta, Simone gli aveva chiesto in che modo il nome del gatto fosse collegato a lui. «Te nun te ‘o ricorderai nemmeno ma… - Manuel deglutì – la lezione de Filosofia prima der tuo compleanno, prima che succedesse tutto quello, era su Schopenhauer. E… io non ‘o so perché m’è rimasto ‘mpresso nella mente sta cosa ma… me ha sempre fatto pensa’ a te, a noi, in un mondo un po’ contorto forse.» concluse ridendo e aspettandosi una risata dall’altra parte.

«Assurdo come all’esterno tu sia sempre sembrato quello meno interessato, l’amico di cui ero innamorato, poi dopo anni ti ricordi anche questi piccoli dettagli.»

Manuel sbuffò passandosi una mano tra i capelli, «Forse ero solo innamorato in un modo diverso, ma sempre innamorato ero, anche se non te l’ho mai detto.» Simone passò una mano sul suo petto nudo, guardandolo poi negli occhi scuri, «Almeno fino a ora, meglio tardi che mai.»

Scoppiarono a ridere entrambi e, mentre Manuel catturava la sua mano e la teneva ferma sul suo cuore, Simone si avvicinò per baciarlo. Meglio tardi che mai.

E più la loro storia faceva progressi, più passavano gli anni. Ormai Jacopo era cresciuto, da qualche mese aveva compiuto infatti diciotto anni, e Manuel era entrato ufficialmente a far parte della sua famiglia, composta ormai da Simone e il suo ormai ex allenatore.

Si, ex. Jacopo in tre anni era cresciuto molto ed era migliorato tanto, così tanto che era ormai la punta di diamante della primavera della Roma. Da qualche settimana lo avevano anche chiamato ad allenarsi con la prima squadra, cosa che aveva reso orgoglioso i suoi papà. Simone e Manuel

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