diciannove.

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Dopo quella sera.

Quella mattina mi alzai con gli occhi gonfi di pianto. La testa era pesante e dolente. Un movimento di troppo e un martello iniziava a battere contro le tempie.

Mi feci una doccia fredda. Dovevo svegliarmi da quello stato di trance in cui destavo da quasi un mese. Mi sciacquai la faccia sotto il getto d'acqua ghiacciata, strofinandola esasperatamente. Ogni traccia delle mie debolezze scorse con l'acqua, giù nello scarico della doccia.

Quando chiusi il getto avevo ormai perso la cognizione del tempo. Un po' stordita riuscii a prendere l'accappatoio che si trovava sulla parete difronte. Lo indossai legandomelo ben stretto in vita. Uscii dal bagno con i capelli ancora bagnati, in cerca della mia bacchetta tra il caos della stanza. Una volta asciugati andai verso l'armadio. Era sabato mattina e Nate mi aveva proposto di fare un salto ad Hosgamde insieme.

Quando guardai la caterva di robe, accatastata disastrosamente nell'armadio, un primo istinto mi suggerì di abbandonarmi al dolore e nascondermi nella mia stanza per l'intero weekend, ma avevo smesso di essere la persona che mi ero promessa di non diventare.

Era la fine di marzo, l'aria era fresca ma sopportabile, quasi piacevole. Da una gruccia tirai un vestito in maglia, color panna, vestiva aderente e mi evidenziava le forme in maniera delicata. Mi piegai al di sotto della tastiera del letto, alla ricerca di un paio di stivaletti neri, che avevo comprato in un negozio a Londra qualche anno prima.

Una volta trovati, afferrai una giacca in similpelle con l'interno di pelliccia, accartocciato su una sedia e una borsa nera con la catenella in oro. Mi vestii distrattamente e maldestramente, inciampando quando tentai di infilarmi una stivaletto senza un appiglio a cui reggermi.

Passai poi l'eye-liner, il mascara e un lip-gloss trasparente.

E per la prima volta, dopo tempo, mi soffermai a guardare la mia immagine allo specchio.

Sono...sono accettabile? Si. Lo sono. Sto bene. Devo vincere questa cosa. Devo espellere questa tossicità verso me stessa. Sto bene. Si sono dimagrita, forse troppo. Ma non importa. Sto bene. Starò bene.

Una lacrima scivolò solitaria sulla guancia. La asciugai con la punta del pollice. Basta piangere. Mi sorrisi allo specchio, annuendo al mio riflesso che mi restituì lo sguardo. Vincerò. Vincerò per te Emma. Le vincerò tutte queste paure.

E con tutta la determinazione possibile, scesi a fare colazione.

-

"Stai benissimo" Nate mi baciò la guancia. La mano finí tra i miei capelli che accarezzò con dolcezza. "Sei bellissima" sorrise prendendomi per mano.

Gli rivolsi un piccolo sorriso. "Grazie"

"C'è qualcosa in particolare che vorresti fare?" mi domandò camminando verso l'uscita del castello.

"No, va bene qualsiasi cosa " scrollai le spalle.

Avrei voluto chiedergli di non andare  ai tre manici di scopa, data la certezza che Fred sarebbe stato lì, ma deglutii le mie ansie e decisi che non mi sarebbe importato. Niente avrebbe più influenzato le mie giornate in negativo.

Nate mi portò in una piccola falegnameria. Quando entrammo il proprietario lo salutò calorosamente. Si abbracciarono con numerose pacche sulla spalla.

Emma//Fred WeasleyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora