tredici.

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6 marzo

Vivere nella costante certezza delle mie imperfezioni mi soffoca. Mi detesto, detesto ogni parte del mio corpo. Mi detesto e detesto terribilmente l'odio che riserbo verso me stessa. Provo un senso di alienazione dal resto del mondo e ogni volta che mi siedo a tavola ci siamo io e il cibo. Nient'altro. Una battaglia che conduce al fallimento, perché i sensi di colpa prevalgono su qualsiasi pensiero positivo. E io mi abbatto, mentre dentro di me affiora quello stato di inadeguatezza e vergogna. Un fuoco nello stomaco, brucia e mi punisce per aver mangiato. Piango, mi dispero e comincio a desiderare di voler essere un'altra persona, poi mi inginocchio sul pavimento del bagno e inizio a vomitare. Le mani mi tremano, la gola è raschiata e gli occhi lacrimano per lo sforzo. Dentro il mio petto vive il disgusto. Questa è la seconda volta che mi auto induco il rigurgito. Sento che sto per cadere in un pozzo troppo profondo perché qualcuno possa salvarmi. Ma forse é questo il mio posto.. in mezzo al nulla, come mi sento io, sempre.

Lasciai ricadere la penna in mezzo alle pagine del diario, mentre le dita non smettevano di tremare incontrollabili. In un movimento meccanico scostai la sedia ascoltando il rumore del legno stridere nei timpani.

Mi toccai la gola dolente. Una lacrima mi segnò le guance arrossate e il pentimento si impossessò di ogni mia singola cellula. Ma nonostante il ripudio che provavo per me stessa, la sensazione di vuoto che sentivo nello stomaco mi appagava degli sforzi sbagliati.

La torta che Theodore aveva lasciato sulla scrivania, ieri sera a mezza notte, era finita per metà. Osservai la parte vuota del vassoio, macchiato dai residui di panna, e avvertii un senso di disgusto sulla punta della lingua. Mi ero ingozzata, come un animale. D'istinto provai l'impulso di vomitare ancora.

Mi passai una mano tra i capelli bagnati e scossi la testa in segno di negazione per quei pensieri malsani. Avevo già fatto una doccia per liberarmi dallo sporco che nutrivo addosso, non potevo ricadere così presto in quell'anello infernale.

Ho estratto la bacchetta dalla tasca posteriore dei jeans e lanciato un incantesimo conservatore per mantenere fresca la torta, poi mi sono diretta verso lo specchio decisa a non soffermarmi troppo sui dettagli fuori posto del mio corpo inadatto.

Indossavo una dolcevita rosa, infilata nei pantaloni neri a zampa. Era stretta sulle mie curve. La lisciai inutilmente e con un gesto della bacchetta mi asciugai e stirai i capelli che ricaddero morbidi sulle spalle.

Mi truccai e il viso prese la forma e il colorito di sempre. Sorrisi per sopprimere l'angoscia, mentre il groppo che avevo in gola si ingigantiva sempre di più. E una lacrima tradì l'immagine perfetta che mi ero sforzata a realizzare, provando a mentire anche a me stessa, ricordandomi che dall'oscurità non c'era via d'uscita. La lasciai cadere, poi mi asciugai la guancia con un gesto veloce e la ripassai con il pennello per la cipria. 

Guardai l'orologio che segnava le sette e mezza, quindi decisi di darmi una mossa. Ho lisciato i capelli con le dita in modo ossessivo, sorriso ancora al mio riflesso, poi chiuso l'anta con un tonfo. Mon sopportavo più quell'agonia. Mi  sono diretta pigramente verso la porta.

"Buon compleanno!" esclamarono Theodore e Draco, senza concedermi nemmeno il tempo di uscire definitivamente dalla stanza. Gli sorrisi, indietreggiando di qualche centimetro per lo stupore. Draco teneva un mazzo di fiori in mano ed io lo guardai con sincera gratitudine. "Auguri Em" disse abbracciandomi forte. Il suo profumo al muschio mi inondò le narici. Lo strinsi a me beandomi di quei secondi di pura serenità.

Emma//Fred WeasleyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora