Capitolo Sedici

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Settembre 2014

Quattro anni prima del 10 Aprile

“Va beh, se non è zuppa è zuppa e pane dai” disse Milo, parlottando con noi ragazze. 

“Non sono sicura dicesse così il proverbio” risi, sorseggiando il mio Gin Tonic. 

“Va beh dai è uguale” proseguì Milo. Non aveva smesso un secondo di parlare. Avevamo attirato la sua attenzione in quanto gruppo di estranee, e anche se Alice ci aveva presentate, dovevamo abituarci a quel clima di caos continuo. Giacinto, da quando ci eravamo messe a parlare con i ragazzi, aveva spiccicato solo qualche parola, ma niente di ché. Serena e Rachele si erano fatte subito incantare dalla parlantina di Milo, e rimanevano ad ascoltarlo come se stessero guardando l’ultima puntata del Grande Fratello. Io ascoltavo conversazioni qui e là e parlottavo del più e del meno con Isabella, che pur di non affrontare una conversazione con un ragazzo si sarebbe sotterrata. Erano dei casinisti in tutto e per tutto e per un timido non era l’ambiente ideale. Giacinto aveva fatto fuori un pacchetto intero di sigarette. Quando si annoiava lo si notava subito, perché si metteva a fumare come una ciminiera. Giacinto non era un animale da compagnia. Era molto chiusa come persona e non si azzardava mai ad esporsi troppo. 

“Ma hai finito un pacchetto intero di sigarette?!” mi stupii. 

“A quanto pare… vado a comprarle” disse distrattamente. 

In quel momento uno dei ragazzi si sdraiò letteralmente su mezzo tavolo, nella nostra direzione. Giacinto si voltò e con sorpresa incrociò un paio di occhi verdi, puntati su di lei. Il ragazzo tendeva il braccio e aveva un pacchetto di sigarette aperto in mano. Giacinto non smise di fissarlo in modo sorpreso e ne afferrò una. 

“Grazie” disse, stranita. 

“Dopo se vuoi ti accompagno a comprarle” disse in modo cortese il ragazzo. 

“Ehm.. va bene ma il tabaccaio è qui di fianco, posso andare anche da sola” osservò Giacinto. 

Il ragazzo fece spallucce. 

Durante la serata quelli che avevo capito chiamarsi Milo e Leo ( il ragazzo della sigaretta) diedero il loro meglio e passammo tutta la sera a ridere. Milo era quello con più parlantina e più solare, mentre Leo era molto più enigmatico, ma sapeva fare la battuta giusta al momento giusto. Una coppia micidiale per un gruppo di ragazze adolescenti. Ad un certo punto Leo si mise a raccontare di una volta in cui aveva quasi investito col motorino un pedone che si era lanciato in mezzo alla strada lontano dalle strisce pedonali: era volato per metri e si era brasato tutto. Il pedone non si era fatto niente per fortuna, ma Leo si era preso una bella botta. Ovviamente il pedone aveva subito l’ira di tutti i santi tirati in ballo dal ragazzo per insultarlo.

“Sono una brutta persona credo” disse Leo, finendo di raccontare. Spostò lo sguardo verso Giacinto, come se si aspettasse una risposta. 

“Beh, lui era sicuramente imbecille. Ma sì, credo che tu sia una brutta persona” disse la ragazza sarcastica, con un sorriso tagliente. 

Leo la osservò per qualche secondo, poi si mise a ridere e la conversazione continuò come se nulla fosse. I ragazzi cominciarono ad offrirci da bere e noi accettammo di buon grado. Pensai per un attimo che Giacinto si sarebbe rifiutata, ma così non fu. Forse perché era sicura che, essendo i cocktail serviti dal cameriere e non portati dai ragazzi, nessuno avrebbe avuto il tempo di infilarci la ketamina o roba simile. 

“Vado a comprare le sigarette” disse alla fine Giacinto, alzandosi dalla sedia e barcollando. 

“Ti accompagno” sentii dire da Leo. 

Il ragazzo non sembrava avere cattive intenzioni. Solo che, a quanto pareva si era preso una bella cotta. I due tornarono dopo poco, con le sigarette acquistate e niente di fatto. Giacinto era ubriaca, ma anche nell’ebrezza non perdeva comunque il suo atteggiamento guardingo. Ad una prima occhiata sembrava completamente andata, ma se qualcuno le avesse messo un dito addosso avrebbe passato un brutto quarto d’ora, non tanto per la sua stazza (era sempre stata una ragazza minuta) ma per lo spray al peperoncino che portava in borsa e che non aveva paura di usare. Una cosa che mi aveva spiazzato era la faccia di Giacinto: mentre stavano tornando per un minuscolo attimo, l’avevo vista ridere. Quel sorriso che non mostrava quasi mai a nessuno, Leo glielo aveva tirato fuori in pochi minuti e senza sfiorarla con un dito. Tronarono ai loro posti come se niente fosse. Ancora nessuno di noi sapeva che quello era l’inizio di qualcosa di bello, ma che avrebbe portato molto dolore a tante persone. 

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