Capitolo Tredici

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Settembre 2014

Quattro anni prima del 10 Aprile

“Sei veramente una bestia” dissi a Giacinto, commentando la chat che mi aveva appena fatto vedere.

“Dai non puoi dire che fosse uno normale” mi rispose lei.

La sera prima eravamo andate al Meteora, una discoteca poco lontana da noi. Negli anni avevamo fatto amicizia con altre ragazze, e stranamente il nostro gruppo era abbastanza vasto: eravamo una decina e avevamo un gruppo di WhatsApp in cui i contatti erano costanti. In più eravamo sempre organizzate per fare qualcosa. Nessuno sapeva bene come il gruppo si era creato: conoscenze di conoscenze si erano unite ed erano diventate parte integrante dell’insieme. Al Meteora, oltre a noi, erano presenti anche Lola, Isabella, Serena e Rachele. Lola era la classica persona che aveva da ridire sempre su tutto e tutti: una bellissima ragazza, che però appena apriva la bocca ti faceva passare qualsiasi voglia di ascoltarla. Sotto alla corazza da lamentosa si nascondeva un cuore tenero, disposto a tutto per aiutare gli amici e una cocciutaggine fuori dal comune. Una persona niente male insomma. Isabella dal canto suo, con i capelli neri lunghi e gli occhioni giganti, cercava di attirare l’attenzione il meno possibile. Era timidissima, riservata e non si esponeva mai. Aveva un carattere molto flebile, sapeva adattarsi alle situazioni, ma era tremendamente ansiosa. Eravamo riuscite a portarla in discoteca per miracolo. Serena era un caso patologico di non so cosa voglio dalla vita: aveva un ragazzo, Thomas, di cui però non era convinta e che dunque continuava a lasciare sulle spine mentre si godeva il sesso occasionale con altri. Rachele era forse quella più particolare di tutte: memoria a breve termine, ragionamento a breve termine, ma con grandi ideali, che cambiavano però di giorno in giorno. Un po’ svampita, ma gli si voleva bene comunque.

Avevamo ballato e bevuto di tutto e di più: nel locale sapevamo esserci anche la sorella di Rachele, Valentina, più grande di noi di due anni. Al contrario di Rachele, Valentina era una persona che sapeva farsi i conti, cercava di apparire ingenua ai più, ma in realtà faceva di tutto per ottenere quello che voleva. La parola “no” non era contemplata nel suo vocabolario. L’avevamo beccata appartata in un angolo con un ragazzo biondino, niente male.  Non sarebbero stati fatti nostri, se solo non fosse arrivato un messaggio su Facebook a Giacinto il giorno dopo.

Il ragazzo in questione le aveva scritto “Ti ho vista ieri sera con le amiche della sorella di Valentina. Sei stupenda… Che ne dici di vederci per conoscerci?”

Qualsiasi ragazza di diciotto anni ci sarebbe cascata dato che il tipo in questione era discretamente figo, ma non Giacinto. A Giacinto non fregava assolutamente niente dell’aspetto del tipo. La decenza era un requisito indispensabile. Non che volesse l’esclusiva o che non facesse uscite occasionali, ma non con tipi del genere. Se intuiva che il trattamento riservatogli sarebbe stato simile a quello di una busta del supermercato, lasciava perdere.

“Ma che ti frega, è un figo pazzesco”

“Si, ma almeno non chiedermelo il giorno dopo che ti ho quasi visto infilare il pisello in bocca ad una che conosco. Se sei figo ma hai il cervello di una capra sarà solo una noia” disse. 

“Concordo. E poi gli uomini fanno tutti schifo, chi più chi meno” si lamentò Lola.

“Tu sempre diplomatica eh” le rispose Giacinto, sorseggiando un Moscow Mule. 

“Tu faresti scappare chiunque. Dovresti trovarti uno a posto” disse Isabella a Lola, che sospirò annoiata. 

“Oppure dovresti farti una bella scopata e basta” disse volgarmente Alice.

Alice era una ragazza sempliciotta, molto bella, che lavorava in una panetteria del paese con i genitori. Sapeva essere diabolica quando voleva, ma per la maggior parte del tempo era una ragazza euforica e dalle poche pretese. Stava insieme a Marco, un ragazzo dal carattere peperino e divertente, che ogni tanto usciva con loro. Se Alice dalle amiche non si aspettava granché, da lui pretendeva fin troppo. Molte volte avevano bisticciato per nulla davanti a loro. In quei momenti Alice perdeva il suo lato semplice e diventava puntigliosa fino all’esasperazione. Molte volte Giacinto li aveva calmati, cercando di far tornare la logica laddove non ce n’era. 

“Ragazze!” esclamo Serena, raggiungendo il nostro tavolo alla Lanterna. Avevamo da poco iniziato ad uscire lì. Non era male come posto. Non sapevamo ancora cosa avrebbe significato quel posto per noi. 

“Allelujah!” dissi, scoccandogli un’occhiataccia. 

“Lo so, sono in ritardo”

“Sei sempre in ritardo, sta volta hai toccato l’ora e mezza” commentò Giacinto, ridacchiando. 

“Ero occupata”

“Eh occupata, occupata…” rincarò la dose Rachele. 

“Occupata come ieri sera?” la prese in giro Isabella. 

Serena abbassò lo sguardo. L’avevamo vista andarsene con uno, così come se niente fosse. Avevamo provato a rimproverarla, ma ormai avevamo capito che era inutile. Non era giusto nei confronti di Thomas, ma alla fine non erano affari nostri. Solo Giacinto se la prendeva particolarmente quando succedevano queste cose. Sapevo che i suoi si erano separati a causa di un tradimento quattro anni prima, ma sapevo che non era associato alla cosa. Giacinto semplicemente non sopportava le ingiustizie, tantomeno quando non ci poteva fare niente se non scatenare un putiferio. 

“Ehi , donne!” 

Marco salutò Alice con un bacio e poi ci fece un cenno. 

“Quale onore, rimani con noi stasera?” chiese Giacinto. 

“Ho degli amici ad un tavolo a fianco, farò un po’e un po’” disse il ragazzo, dirigendosi verso un tavolone rumoroso, pieno di ragazzi che parlavano e sghignazzavano. 

“Sembra un tipo troppo tranquillo per quella compagnia” dissi, con le braccia conserte. 

“Non è da tanto che si conoscono. Si sono conosciuti in discoteca e la compagnia di Marco si è aggregata alla loro. Sono simpatici in fondo” spiegò Alice. 

“Sono single?” chiese Rachele, incuriosita. 

“Beh qualche belloccio c’è” commentò Isabella. 

“Ho capito, ho capito. Ve li presento se volete”

Un urlo di approvazione sovrastò il silenzio di Giacinto, che non sembrava affatto interessata alla cosa. 

“Tutto ok?” chiesi. 

“Mah, troppo rumorosi per i miei gusti” mi disse solo. 

Non sapeva ancora che quel momento sarebbe stato cruciale per la tragedia del 10 Aprile di quattro anni più tardi. 

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