Capitolo 20: Azzurra

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« Ma lo sapevi che i One Direction si sono sciolti? »

« Ma scusa, sei rimasto nel medioevo? Sono anni che non cantano più insieme! »

« Ti sembro il tipo che sta dietro a queste cose? Cosa posso saperne io se una stupida band di bambocci si è sciolta... »

« Ehi! Piano con le parole! Sono tutti bravissimi e sicuramente sanno cantare meglio di te! »

« E sono anche più fighi! »

« A voi piacciono soltanto perché sono fighi. Siete come la massa. Se piacciono agli altri, piacciono anche a voi. Non ci vuole niente a far due scenette per impressionare le ragazzine... »

« Ma sentilo! È arrivato Johnny Depp! Ah Cesare! Torna a chattà con la tipa. »

Chiacchiere.
Chiacchiere su chiacchiere.
Mi perdo, ed è l'unica cosa che voglio fare per non pensare più a nulla.
Cesare, Rebecca e Serena siedono al tavolo del bar. Una birretta tra le mani e la sigaretta stretta tra le dita.
Sono le sette della sera.
Il locale comincia a svuotarsi, e forse tra un po andremo a cena.
Li ascolto a tratti, lasciandomi cullare dai loro discorsi scemi e insensati.
In altri mi escludo, mi spengo del tutto.

Due sere fa Ilaria era qui.
Eravamo insieme.
E ci stavamo perdendo l'una nell'altra, proprio dietro questo bancone dove mi trovo in questo momento, pulendo il ripiano in marmo per l'ennesima volta.

Le ho chiesto di lasciarmi stare, di non cercarmi più.
Eppure sto male. Sto male come se il nostro fosse stato il più grande amore di sempre.
Sto male perché ripenso alla sua pelle calda, al modo in cui sospirava quando la baciavo, al modo in cui tremava prima di venire.
Sto male perché ho ancora il suo profumo addosso e non viene via.
Sto male perché penso al suo ' ti amo ' buttato lì a caso, come una citazione dettata da chi non ha letto neanche l'opera.
Sto male e vorrei stare bene. Non accetto questo dolore e forse non l'accetterò mai.

« Dai, Azzu. Lascia da parte le pulizie e vieni a bere una birra! » Rebby mi fa cenno con la mano di avvicinarmi a loro, sedere e far parte delle loro chiacchiere.
Ma non so se ne ho realmente voglia.

« Vai. » è la voce di mio padre.
Arriva dal fondo del bancone, dove come al solito è dedito a contare l'incasso della giornata.

« Non ho finito di pulire. » gli dico, sperando che basti come scusa.
Di solito non ama mandarmi via prima.
Anzi, preferisco chiudere io e lasciare che sia lui a tornare a casa.

« È tutto pulito. Ci penso io domattina quando arrivo. Va a bere una birra. » il suo tono non ammette repliche.
Ha il capo chino, e conta mentalmente i pezzi da venti.

Non ho altra chance.
Abbandono lo straccio nel secchio lì vicino.
Faccio il giro del bancone e vado a sedermi accanto a Rebby.

« Stai sciupata. Dormi poco? » mi domanda Cesare.
Ed è proprio questo genere di domande che volevo evitare.
Eppure non faccio altro che passare una mano sugli occhi, stancamente, e a mugugnare un « Dormo male. Ma dormo. »

La mia risposta gli basta.
Non avrebbe da porgersi domande.
Rebby è l'unica a sapere che Ilaria è tornata.
E difatti mi guarda come se dovessi svenire da un momento all'altro.

Serena si perde nelle sue chiacchiere, raccontando della sua estetista che finalmente si sposa.
Finalmente.
Ha soli 27 anni . Due in più di noi.
Cosa c'è un limite per sposarsi? Siamo in ritardo? Dobbiamo correre ai ripari?
Evito di risponderle, e rubo il bicchiere di birra di Rebby, che invece le dà retta.
È fresca e mi pervade. Ne avevo davvero bisogno.
Di solito bevo molto poco quando lavoro. E quando torno a casa ho bisogno di almeno mezzo litro d'acqua prima di infilarmi il pigiama.

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