Capitolo 26: Diario di Ilaria

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Pagina quattrocentosessanta, giorno quattrocentosessanta.

Stare tra la folla è come far parte di un arcobaleno indistinto di colori e di suoni.
Tutto intorno è caos, un unico cuore che batte all'unisono, un unico respiro che si solleva e si abbassa frenetico.
Non l'avevo mai provato prima, non cosi almeno.

I miei capelli di solito sciolti sulle spalle sono legati in due lunghe trecce, strette da un nastro rosso.
Le guance sono colorate del medesimo colore.
La t-shirt con lo stemma della Roma, la solita lupa, l'anno di nascita della squadra.
È la t-shirt di Azzurra.

« Mettila tu. Io c'ho quella di Totti. » mi ha detto nel parcheggio, un'ora fa, prima di entrare nello stadio.
E mi va un po' larga, c'è persino il suo odore.

Non l'avevo mai vista cosi euforica come in questo momento.
La trovo ancora più bella vestita e addobbata alla mia stessa maniera.
È stata Rebecca a trasformarci in questo modo; da quando ha ripreso ad accettarmi all'interno della loro comitiva, è di nuovo la ragazza simpatica e alla mano che ho conosciuto i primi tempi.
Anche se è da ammettere; chiunque al suo posto mi avrebbe detestato per aver fatto soffrire la propria migliore amica. Anche io mi sarei odiata. Per cui non la biasimo, ma di certo non posso dire che non mi faccia piacere.

Azzurra è abituata sin da bambina a tutto ciò, io no.
Non sono mai venuta allo stadio, non ho mai visto una partita di calcio e non so neanche quali siano le regole.
Per cui me ne sto qui, seduta al mio posto, con in mano una busta di patatine al ketchup che stuzzico qua e la, guardando le reazioni di Azzurra e i suoi amici.
Esultano, si arrabbiano, restano delusi.

La mia ragazza assume delle tonalità diverse ai miei occhi; vedere qualcuno soffrire o gioire per una cosa che ama sin da piccolo, è qualcosa di magico e indescrivibile.
Le brillano gli occhi come stelle nella notte di San Lorenzo. Il suo viso è una chiazza rossa, la voce quasi ridotta, per via delle tante volte che ha urlato contro i giocatori della squadra avversaria.
Non si è seduta un attimo, è in piedi accanto a Rebecca, e per quanto io abbia provato un brivido di fastidio, quando quest'ultima le ha passato il braccio attorno alle spalle, esultando ad un goal della Roma, non ho fatto nient'altro che placarmi e ricordare a me stessa che quelle persone sono le sue persone da tanti anni, prima ancora che arrivassi io. Troppo prima.
E che l'amicizia non sempre va confusa con l'amore. Sono due poli opposti, proprio come il nord e il sud.
Per cui mi concedo di non provare fastidio, e di condividere quel pezzo di Azzurra anche con Rebecca e con gli altri.

Qualcuno esulta troppo forte alle mie spalle, facendomi sobbalzare.
Ed è a quel gesto che Azzurra si volta quasi spaventata nella mia direzione.
« Tutto okay? » mi domanda, cercando di sovrastare il caos attorno.

Le faccio un cenno col capo, per poi portarmi alla bocca le dita, togliendo i residui di briciole.
Sono felice che nonostante tutto e tutti, lei non mi perda mai d'occhio.
È come dire ' lo so che sei qui, sei una mia priorità. '

Lei si china velocemente verso di me, lasciandomi un bacio lungo e intenso sulle labbra.
È calda; sa di sudore e acqua.
E quando si distacca, i suoi occhi luccicano come fari.
« Sai di ketuchp » borbotta, un mezzo sorriso stampato sul viso colorato di rosso.

Ma subito viene catturata da Rebecca che la tira da un braccio per mostrarle l'azione di un giocatore di cui non so neanche il nome.
E subito vedo il suo sorriso svanire e trasformarsi in rabbia, le sue labbra pronunciare qualche blasfemia e il gesto poco elegante del suo braccio rivolto alla squadra opposta.

Il lato opposto dello stadio esplode in un tripudio di azzurro.
I tifosi romanisti fischiano cosi forte che a momenti sovrastano le urla dei laziali.
Non mi unisco a loro, so solo di avere una gran sete, e quel pacco di patatine è ormai plastica accartocciata e buttata a casaccio nello zainetto che mi sono portata dietro.

Ho accettato di venire solo ed esclusivamente per Azzurra.
Per lei è una cosa importante il derby Roma-Lazio. Ed io non volevo perdermi assolutamente una cosa che per lei è tanto importante.
Non volevo perdermi la versione di Azzurra alla partita della sua squadra del cuore.

La luce del sole si rigetta sul campo verde smeraldo, facendo sudare i giocatori.
I capelli biondi di Azzurra ne riflettono l'intensità, e anche lei è tutta sudata.
Sono quasi due anni che fa parte della mia vita, e a me sembra solo ieri che l'ho incontrata per la prima volta.
Ho vent'anni. Le mie indecisioni da ventenne, ancora più confuse di quelle di due anni fa.
Achille Lauro canta ' quei ragazzi a vent'anni che bruciano fiammiferi , noi quelli la che a vent'anni , nelle mani di chi? '

La guardo, e per un attimo anche lei ha di nuovo vent'anni, con le dita strette attorno alla bandiera della Roma, che sventola nell'aria satura di odori e colori.
Ha di nuovo vent'anni con i capelli legati, ma non troppo, perché scivolano via dall'elastico, e le ricadono sulla fronte sudata.
Ha di nuovo vent'anni con la maglia di Totti un po' stretta, che le mette in risalto il seno e i fianchi.
Ha di nuovo vent'anni con le guance rosse e l'inno della sua squadra sulle labbra, mentre si sgola assieme agli altri.

E sento che vorrei guardarla più spesso cosi, che forse dovrei venire con lei a tutte le partite della Roma, che forse dovrei imparare cos'è il fuorigioco, che dovrei esultare e abbracciarla, cantare con lei.
Sento che vorrei donarle la stessa felicità che le dona il calcio.
E non so se ne sono capace, e allora avverto una stretta alla bocca dello stomaco, mi si annoda tutto quanto e vorrei vomitare le patatine.
Però quando si volta ad abbracciarmi, a stringermi forte a sé perché la Roma ha vinto finalmente la partita, io mi lascio travolgere e la stringo forte a me, perché non voglio che voli via.

La sua bocca cerca ancora la mia, mi bacia con un'intensità quasi bruciante da ridurre tutto in cenere.
Mi sento avvampare fino alla base del collo.
Le sue mani mi afferrano tutta la faccia e la sua bocca sembra voler divorare la mia.
Il mondo intorno a noi esplode di gioia.
Turbini rossi e oro si sprigionano persino attraverso le mie palpebre chiuse, come in un sogno.
La gente festeggia, e lei mi bacia.
Sono io la sua vittoria. Mi sento io la sua vittoria.
E sorrido tra me e me, perché so che questo merito non potrà togliermelo nessuno.

« Ho voglia di fare l'amore con te. » mi dice, staccandosi appena, e carezzandomi con i palmi sudati delle sue mani.
Un brivido mi percorre la schiena.
Ma dura tutto molto poco, perché i suoi amici la catturano nei festeggiamenti, e lei si lascia travolgere.
Cesare afferra anche me, ed io sorrido, fingendomi entusiasta di quell'interruzione.
Ma guardo solo lei.
Guardo sempre e solo lei.
Perché so quanto io le appartenga in questo momento.
So quanto posso essere capace di provare per una persona, ed ora lo sto provando tutto, e anche se un po' fa paura, allo stesso tempo è bellissimo, straordinario e folle.
Salta e abbraccia Rebecca, cantando ancora l'inno della Roma.
Sale sul sedile in plastica assieme ai suoi amici, facendo casino forse più degli altri.
Ed io cerco di memorizzare nella testa quel sorriso, quell'euforia.
Perché non lo dimenticherò mai.

E sento che voglia che sia mia. Mia e solo mia.
Mi scopro gelosa come non lo sono stata mai, perché in questo momento è troppo bella ed è sotto gli occhi di tutti.
Lei è mia, e vorrei che lo sapessero.
Credo che neanche lei lo sappia.
Ma non mi interessa. L'importante è che io ne sono a conoscenza. L'importante è che sappia di volere questa persona più di quanto voglia qualsiasi altra cosa al mondo.
Anche se sono la persona più confusa e più indecisa del mondo.
Anche se le cose sono cambiate con una lentezza assurda.
Anche se cambio idea come cambia il vento.
Anche se ho vent'anni.

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