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«Che ci fai qua?»

Simone, alla vista di Alberto, impazzisce.

«Simo»
«Ti denuncio, tu forse non hai capito.»

Alberto prende un respiro profondo, si ferma a qualche metro di distanza dall'ingresso dell'ospedale.

«Voglio parlarti.» dice.

«Io non ho niente da dirti, quindi o sparisci, o chiamo la sicurezza.» risponde Simone, risoluto.

«Ma non lo vedi Simo? C'è ancora qualcosa fra noi!»

«Non c'è più un cazzo fra noi, Alberto. Ha smesso di esserci nel momento in cui hai pensato bene di scoparti il tuo collega perché secondo te con me non era abbastanza divertente!» urla Simone.

Non gli interessa neppure che chiunque possa ascoltarli, ormai. Non gli interessano le scuse che Alberto cerca di accampare ogni volta che riesce a parlargli.

Non gli interessa perché stavano insieme da tre anni quando è tornato a Milano senza avvisare, per fargli una sorpresa, e l'ha trovato a letto con Andrea, un suo collega di corso.

Ha sofferto così tanto, non per il tradimento in sé, piuttosto per quanto poi il ragazzo gli ha detto in seguito. Ha infatti cercato di giustificarsi in ogni modo possibile, arrivando alla fine ad incolpare lui, a causa della sua condizione di salute.

«Ho sbagliato, ma ti chiedo di perdonarmi, di darmi un'altra possibilità.» continua Alberto, mentre Simone sente i battiti aumentare sempre di più.

Lo sa che non deve agitarsi, che non è salutare per lui sottoporre il cuore ad un così grande sforzo, ma non riesce ad evitarlo.

«Io ti ho chiesto una cosa, una!» urla.
«Ti ho chiesto, fin troppo gentilmente, di non farti più vedere.» gli ricorda.

«Sono passati tre mesi e questa è la terza volta che ti ritrovo qua fuori, dopo che sei venuto sotto casa mia già due volte. Se ti fai vedere un'altra volta, ti denuncio per stalking, chiaro?»

Spera di essere stato abbastanza convincente Simone, almeno quanto basta per liberarsi della presenza di Alberto così da poter dimenticare quell'episodio così spiacevole.

Ma a quanto pare l'altro ragazzo non dev'essere stato particolarmente attento, a giudicare dal «tanto lo so che tornerai da me.» che gli sussurra all'orecchio prima di andare via.

Simone è così sconvolto da quell'affronto che decide di sedersi su una delle panchine situate di fronte all'ospedale. Cerca di calmarsi, di respirare, controlla i battiti sull'Apple Watch, e quando proprio vede che non riescono a diminuire, decide di prendere le sue gocce d'emergenza.

Proprio mentre sta estraendo il suo borsello con le medicine però, la sagoma di Manuel Ferro si fa sempre più vicina.

«Balestra!» esclama, felice di averlo ritrovato, ma non appena gli si avvicina, si rende conto che qualcosa non va.

«Tutto bene?» chiede, sedendosi accanto a lui.

Simone deglutisce a fatica. Ferro è l'ultima persona con cui avrebbe voluto parlare in quel momento.

«Tutto bene.» mente.

Il problema è che la presenza dell'altro ragazzo gli impedisce di recuperare le sue gocce, ragion per cui continua ad agitarsi, vedendo il numero dei battiti sull'orologio crescere a dismisura.

«Oh, Simone!» lo richiama infatti Manuel, voltandosi verso di lui.

«Che ti senti?» chiede, preoccupato.

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