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Questo capitolo non doveva esistere, doveva esserci direttamente l'epilogo ma avevo bisogno di spiegare alcune cose e dunque sono venute fuori queste cinquemila parole. Spero di non annoiarvi. Grazie sempre. A presto, con la fine.








2 settimane dopo 







Manuel è seduto sul parquet di casa di Simone con un lenzuolo bianco alla sua sinistra e Pinolo alla sua destra. Ha tra le mani una serie di bottiglie di tempera pronta e si sente bene.

«Pino te devi impegna' pe' questa cosa eh.» ricorda al suo amico. «In cambio ti do tutti i biscotti che vuoi. Basta che non dici niente a papà.» dichiara, concludendo con tono cospiratorio.

Ventiquattro ore dopo Manuel è seduto in macchina nel parcheggio dell'ospedale che negli ultimi giorni l'ha visto provare tutte le emozioni che l'essere umano può provare, probabilmente, e si sente bene.

Salire le scale che lo portano al reparto di cardiologia non è mai stato così facile.

Quelle scale hanno rappresentato per Manuel letteralmente di tutto. Sono state ansia, il suo primo giorno come specializzando. Sono state noia, nei giorni più lenti, quelli in cui nulla sembrava succedere e lui desiderava soltanto andare a casa. Sono state panico, quando si è ritrovato di fronte a situazioni che non pensava avrebbe mai saputo affrontare. Sono state gioia, nei giorni in cui sgattaiolava dal suo reparto per raggiungere lo specializzando di pediatria di pronto soccorso con i ricciolini neri per cui era sicuro che avrebbe perso la testa. Sono state soddisfazione, ogni volta che Felici gli ha concesso un ottimo lavoro, Ferro.

Crede di aver provato ogni emozione esistente su quelle scale Manuel ma ciò che sta provando mentre raggiunge la stanza di Simone il giorno delle sue dimissioni va oltre la sua immaginazione.

Anzi, è sicuro che se fosse a conoscenza di tutte le parole di ogni singola lingua del mondo comunque non riuscirebbe a descrivere quello che gli esplode nel petto quando si ritrova davanti Simone vestito di tutto punto, poggiato al letto e pronto ad andare.

Su quel letto, nelle ultime due settimane, l'ha visto star male, l'ha visto piangere. Ha pianto con lui, ha dormito nelle più scomode posizioni con lui. Su quel letto Manuel è stato costretto a rendersi conto di avere tutta la sua vita tra le mani e di non poter far nulla per alleviarne le sofferenze.

E quindi ora che Simone gli sorride ed inclina la testa ed un sottilissimo strato di barba gli sporca la pelle del volto solitamente candida, lui sente le ginocchia venire meno.

«Sei già pronto?» è la prima cosa che dice. Il sorriso sul suo volto trasmette tutto il suo sollievo, il modo in cui la sua fronte è praticamente distesa fa capire a Simone che quel giorno non lo vedrà star male.

Scrolla le spalle quest'ultimo, «non vedevo l'ora di andarmene.» spiega sinceramente, abbozzando un sorriso.

Restano a guardarsi per qualche secondo, in silenzio. Entrambi crogiolandosi nell'assenza di qualunque tipo di suono riconducibile a macchinari.
Poi è Manuel che non riesce più a trattenersi. Percorre i pochi centimetri che li separano e si trova tra le gambe leggermente divaricate di Simone che nel frattempo ancora siede sul letto.

Una mano la posiziona dietro il suo collo, l'altra tra il suo collo e la sua guancia, e lo bacia.

Gli sembra di baciarlo la prima volta.

Quando chiude gli occhi e supplica Simone di schiudere le labbra per garantire l'accesso alla sua lingua gli sembra di essere tornato indietro a quella sera di mesi prima, nell'appartamento di Simone che ormai è anche il suo, e crede che a breve il cuore gli esploderà tanta è la forza con cui lo sente battere.

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