9. I need a favor

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LEGGETE LA NOTA AUTRICE, HO BISOGNO DI VOI‼️☺️

Mattheo

Il ragazzo che avevo di fronte mi guardò burbero, incerto se fidarsi o no, ma, quando gli feci intravedere il denaro che gli avrei consegnato, se solo mi avesse concesso quel favore, lo convinsi.

Quelli erano i soldi che settimanalmente mi davano Jane e Mark, per potermi comprare le sigarette; sapevano del mio vizio e mi avevano concesso quella paga. Io, però, ne avevo tenuto una somma da parte, sapendo che mi sarebbe servita, la stavo sfruttando in quell'occasione.

Il ragazzo mi fece un cenno con il capo e mi condusse in uno stanzino. Una guardia ci vide, ma fece finta di nulla. Non ne fui sorpreso, in quel postaccio erano quasi tutti corrotti.

«Ascoltami, hai a disposizione cinque minuti.» M'informò, annuii davanti alle sue parole.

«Per la settimana prossima siamo d'accordo?» Domandai, alzando il mento.

«Nessuno deve sapere di questa cosa, Anderson, se Oliver lo viene a sapere, sono nei guai.» Sì, perché lui faceva parte dello schieramento di Gilbert, tuttavia non aveva saputo rinunciare, davanti ai soldi che gli avevo proposto, in cambio di una chiamata.

«Non preoccuparti.»

«Bene.» Mi consegnò il cellulare tra le mani, poi, uscì dallo stanzino, lasciandomi la mia privacy.

Composi il numero silenziosamente, schiacciando i tasti, su quel vecchio telefono, uno dei pochi a essere entrato nel carcere, e attesi che la persona che avevo chiamato rispondesse.

Passarono tre squilli, iniziai a temere che quella persona non mi avrebbe più risposto, che avevo sprecato i miei risparmi inutilmente, le mie speranze, però, tornarono vivide, quando dall'altro capo del telefono udii una voce.

«Pronto?» Lasciai libera l'aria che avevo trattenuto.

«Sono Anderson, ti ho chiamato, come pattuito, ma non ho molto tempo, fa' in fretta.» Mi passai una mano tra le ciocche brune, le tirai leggermente, ansioso.

Parlai a voce bassa, appena udibile. Sapevo che il ragazzo sostasse fuori dallo sgabuzzino, non volevo che captasse nulla di quella conversazione; era uno scagnozzo di Gilbert e avevo il sospetto che, pur essendo coinvolto nella faccenda, poiché mi aveva prestato il cellulare, avrebbe rivelato tutto al suo capo.

«Sto lavorando per te, ragazzo, ma questo caso è più difficile degli altri. Persino i tuoi sanno poco di quel giorno e le donne di fede non sono intenzionate a parlare.» Spiegò. «Nonostante i primi risconti negativi, il mio collega ed io abbiamo un piano, sono fiducioso della sua riuscita. Porterò a termine il lavoro.» Assicurò.

Non mi aveva comunicato le notizie che aspettavo, tuttavia avevo il presentimento che non stesse mentendo e che avrei ottenuto quello che avevo chiesto. Mi ero rivolto a loro poiché certe persone mi avevano assicurato che fossero tipi affidabili, ci avevo creduto.

«Il tempo scorre, ho bisogno di quei fottuti nomi.» Mi mostrai irremovibile, nonostante provassi fiducia nei loro confronti. «Ti chiamerò la settimana prossima, stesso giorno e stessa ora.»

«D'accordo, puoi stare tranquillo, Anderson, tutto andrà come prestabilito.»

«Lo spero.» Fu l'ultima cosa che dissi prima di riagganciare.

Quando uscii da quello stanzino, riconsegnai il cellulare, porsi al ragazzo il denaro e ci separammo.

Camminare tra quei corridoi, circondato da guardie, mi faceva sentire oppresso, come se qualcuno mi avesse posato le dita intorno alla gola e avesse incominciato a stringere.  Il fiato non riusciva più a passare. Trascorrere i giorni lì dentro mi faceva sentire proprio così, come se stessi soffocando.

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