11. Be good

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Dylan

Vidi Alexandra avvicinarsi ai gemelli, abbassarsi alla loro altezza e puntargli l'indice contro, mostrando un'espressione autoritaria, ma, comunque, benevola.

«Mi raccomando, fate i bravi!» Esclamò, guardandoli attentamente, per quella che mi parve la centesima volta. «Non litigate per cose banali, siate maturi, chiamatemi tutti i giorni, dal telefono di zia Kate e mandatemi tanti baci virtuali, perché so già che mi mancheranno quelli veri.» Scherzò, facendo sorridere Ethan e sbuffare ironicamente Lottie.

«Mamma, ripeti le stesse cose da ore.» La rimproverò giocosamente mia figlia. «Non è la prima volta che tu e papà partite per lavoro, saremo bravi, non vi dovete preoccupare.» Se l'avesse detto in un'altra occasione, ci avrei riso sopra; Charlotte era un piccolo tornado, ovunque passava si verificava qualche strage, si divertiva, infatti, a fare marachelle, tuttavia sapevo che a casa degli zii sarebbe stata brava, perché era una bambina educata e ci teneva a mantenere un certo decoro in nostra assenza.

«Papi.» Sophie era in braccio a me, con la testa poggiata sulla mia spalla e le labbra piegate verso il basso, in una smorfia triste.

«Dimmi, piccolina.» Le accarezzai i capelli biondo scuro, tendenti al castano tenue.

«Perché non possiamo venire con voi?» Mi chiese, con la voce affranta e gli occhi lucidi di lacrime.

«Avete la scuola, amore mio, e staremo via solo pochi giorni, promesso.» Le sfiorai la guancia paffuta e rosea e le sorrisi. «Giuro che porterò un bel regalino a ognuno di voi, però non dirlo ai tuoi fratelli, è un segreto che deve rimanere solo nostro.» Le sussurrai giocosamente e vidi i suoi occhi illuminarsi, contenta di quanto avevo detto.

«Sì!» Esclamò, con fin troppa euforia, attirando l'attenzione di Alexandra, la quale, nel mentre, abbracciava i due gemelli.

«Che succede lì?» Feci l'occhiolino alla più piccola degli Ivanov e indossai un'espressione innocente.

«Nulla che ti riguardi, сокровища (tesoro).» La vidi aggrottare le sopracciglia e guardarmi sospettosa.

«Вы объединились против меня?» («Vi state alleando contro di me?») Scherzò, avvicinandosi per prendere Sophie tra le braccia e salutare anche lei.

«Нет, мам, не волнуйся («No, mamma, tranquilla.») La biondina si lasciò abbracciare, mentre parlava in russo. I miei figli avevano imparato a parlare la mia lingua madre fin da bambini, insieme all'inglese, all'italiano e allo spagnolo, lingue conosciute egregiamente da Alexandra, la quale le aveva studiate per anni. Volevamo istruirli fin da subito, in modo che fossero dei quadrilingue.

«Farò finta di fidarmi.» Le posò un bacio sulla gota e le sussurrò qualcosa all'orecchio, capace di farla ridacchiare.

Io raggiunsi Ethan e Charlotte, i quali, nel mentre, stavano salutando Luke e Ian. Quando i due si fecero da parte, fissai i miei figli attentamente e spalancai le braccia, invitandoli ad abbracciarmi.

«Fate attenzione a vostra sorella, mi raccomando.» Annuirono, posandomi un bacio sulle guancie.

«Tu proteggi la mamma, papà.» Mi disse Ethan ed io ridacchiai, scuotendo il capo in segno d'assenso.

«Vostra madre è sempre al sicuro con me.» La mia Lottie sorrise, contenta di sentire quelle parole e si fiondò nuovamente tra le mie braccia.

«Mi mancherai.» Sussurrò, così che solo io potessi udirla.

«Anche tu, principessa.» Mi rivolse un cenno soddisfatto, amava quando la chiamavo in quel modo.

«Allora, siete pronti?» Ci domandò Luke, indossando il cappotto.

«Certo, ma prima venite qua e datemi un ultimo abbraccio.» Alexandra coccolò i nostri figli un ultima volta. Risi davanti a tutta quella dolcezza che emanava; lei non era mai stata una donna particolarmente affettuosa, eppure, da quando erano nati i bambini, nei loro confronti, si era addolcita molto. Si comportava in modo stupendo nei loro riguardi, era la mamma migliore che avrebbero mai potuto avere e loro sembravano saperlo, perché, nonostante spesso mostrasse il suo lato autoritario, sgridandoli dove necessario, bastavano pochi minuti che tornava a vezzeggiarli e a comportarsi con premura.

Non avrei mai potuto desiderare una donna migliore al mio fianco, pensai, non sapevo, però, quello che sarebbe successo da lì a poco.

****

Lo sbalzo di temperatura, che avvertimmo appena scesi dal jet privato, fu notevole. Nell'aereo si era sviluppato un tepore avvolgente, capace di rilassare i muscoli e lenire i brividi del freddo newyorkese, eppure, appena posammo piede sul territorio italiano, il gelo invernale divenne notevole.

Sulla pista d'atterraggio dell'aeroporto di Milano – Malpensa, ai cui bordi era posata della neve, macchiata di nero, ci aspettava un Van privato, che ci avrebbe accompagnati in hotel.

A Milano erano le sette di sera, mentre a New York sarebbe stata ora di pranzo, eppure, nonostante quello, la stanchezza dovuta al lungo volo appesantiva il nostro sguardo. Prima ancora di atterrare, avevamo deciso che, una volta scesi dal jet, avremmo cenato in un ristorante vicino, poi, noi avremmo raggiunto il nostro hotel, mentre, i due coniugi, il loro attico, nel quartiere migliore della città.

«Non vedevo l'ora di toccare terra, cazzo.» Alexandra non aveva mai amato i viaggi in aereo, le causavano del malessere fisico.

«Almeno non abbiamo incontrato nessuna turbolenza.» Entrammo nel Van e le nostre pelli furono nuovamente in contatto con l'aria calda.

«Già, siamo stati fortunati.» Aggiunse mia moglie, strusciando i palmi delle mani per riscaldarsi.

«Ho fatto riservare un tavolo per quattro nel nostro ristorante preferito.» Ci avvisò Ian.

«Se stai parlando del luogo dove ci hai portati l'anno scorso, io ci sto!» Esclamò Alexandra, elettrizzata all'idea di mangiare dell'ottima cucina italiana.

«Che novità!» Esclamai ironico, ricevendo un pugno sul bicipite.

«Ti ricordavo più muscoloso.» Alexandra lo disse appositamente, per istigarmi ed io non potei che sentirmi oltraggiato dalle sue false insinuazioni.

«Lo sono sempre stato, non dire sciocchezze.» Incrociai le braccia al petto, riservandole un'occhiata seccata.

«Avanti, non prendertela, sono stata onesta.» Allora, per ripicca, le palpai il sedere.

«Lo ricordavo più sodo.» In quel caso, l'indignata fu Alexandra, la quale mi fulminò con lo sguardo.

«Va bene, smettetela, siamo arrivati. Continuerete questo discorso nella vostra camera d'hotel, dove potrete sfogare tutta la vostra frustrazione nel sesso.»

«Luke!» Esclamò Alexandra, sorpresa. Lo spagnolo sollevò le braccia al cielo in segno di resa e scese dalla vettura.

Io, invece, mi limitai a ridere.


 

Non abituatevi troppo a questi capitoli troppo felici e sereni, ragazzi, presto ci sarà una bella tempesta, io vi sto avvisando in anticipo! MUAHAHAHAH.

Tralasciando gli scherzi, come state ragazzi? Spero tutto bene, io, finalmente, sono stata puntuale con l'aggiornamento. Come avrete notato, questo è un capitolo di passaggio, piuttosto corto e scorrevole, anche il prossimo sarà così, gli avvenimenti corposi inizieranno dal capitolo 13, nel quale ci aspettano tante sorprese.

Io vado ragazzi, vi mando un grande abbraccio, grazie per il vostro continuo affetto.

Vi ricordo che "CON TE NON HO PAURA" è ormai disponibile in formato cartaceo e acquistabile su Amazon o in libreria per una bella rilettura.

Seguitemi su ig, lì vi posto aggiornamenti e anticipazioni:

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