Prologo

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Dieci anni dopo.

Alexandra

Ricevetti quella lettera poco dopo capodanno.

Non era strano per me ricevere posta, spesso si trattava di inviti ad eventi importanti dell'alta società, di cui Dylan ed io facevamo parte, mentre altre erano delle cartacce lavorative, di cui ero obbligata a leggerne il contenuto, per tenermi sempre aggiornata. Quando avevo visto quella comune busta gialla, dunque, non mi ero accigliata, piuttosto, l'avevo stretta tra le falangi e ne avevo strappato il bordo superiore, come mio solito, per osservare cosa conteneva.

Avevo scartato l'idea dell'invito a una cena o a un galà, poiché sapevo che mai nessuno avrebbe scelto quella busta; qualcosa di più rifinito ed elegante era essenziale per suscitare una buona impressione e invogliare l'ospite a partecipare all'evento. Avevo pensato, dunque, a dei documenti aziendali, speditomi da uno dei miei dipendenti, ma mi sembrò bizzarra l'assenza del mio luogo e, inoltre, per quelle faccende, venivano usate sempre buste bianche, scartai anche quella idea.

Mi sembrava plausibile, a quel punto, che ci fosse una soffiata o qualcosa che riguardava il clan, per cui era necessario che quella posta, indirizzata alla nostra villa, restasse anonima, lontana da mani e occhi indiscreti.

Non era la prima volta che, in tempi difficili, in cui l'FBI ci teneva particolarmente sott'occhio, ci venissero spedite le informazioni, scritte nel nostro codice personale. Preferivano le lettere alla rete telefonica, poiché, in quest'ultima eravamo facilmente rintracciabili. Però, quando aprii quei fogli, non trovai alcune frasi scritte in modo strano, con l'alfabeto che solo i più fidati conoscevano, ma delle foto.

Erano quattro fotografie, scattate in momenti diversi della giornata e in posti differenti, che, però, ritraevano un unico soggetto.

Due erano state scattate da lontano, una ritraeva una figura maschile intenta a uscire da una struttura, che mi parve una scuola; di essa s'intravedevano solamente i mattoni bianchi e una finestra chiusa, in alto. Nella seconda, invece, vi era lo stesso ragazzino, intento ad attraversare una strada deserta e a guardarsi intorno, attento a non farsi investire da nessuna auto.

Non riuscivo a vedere molto, fatta eccezione per la sua alta statura, la corporatura allenata, nonostante la giovane età, e dei folti capelli bruni.

Avevo corrugato le sopracciglia, incuriosita, ed ero passata alle altre due foto. Queste ultime, essendo più ravvicinate mi permettevano di scorgere il viso del giovane, inconsapevole di essere spiato e fotografato. Nella prima riuscivo a vedere il profilo: il naso dritto e mascolino, la mascella squadrata, l'ombra delle guance sottili e le labbra carnose e rosee. Le sopracciglia erano folte e scure quanto i suoi capelli e il taglio degli occhi era stretto e allungato, non riuscivo, tuttavia, a distinguere il colore della pupilla, poiché un riflesso della luce me lo impediva, eppure, quando afferrai la quarta e ultima foto, potei avere una visione completa di quegli colori così speciali, differenti dalla norma. La folta chioma riccioluta ricadeva sulla sua testa come una cascate sulle rocce, disordinata, potente, ammaliante, mentre due sopracciglia scure si abbinavano egregiamente a quel viso snello e mascolino. Le ciglia lunghe, fitte ed evidenti a contornare quelle pupille vive, dai colori diversi. L'occhio destro, infatti, era di un grigio intenso, simile al colore del cielo, invaso dalle nuvole gremite di pioggia, pronta a schiantarsi sulla terra e a bagnare tutto, certe volte rinfrescando, altre distruggendo; il sinistro, invece, era l'opposto, scuro, cupo, feroce. Aveva il colore della terra senza erba, che si schiariva verso il centro in piccole gocce di miele gustoso. Sembrava che quegli occhi non fossero altro che la dimostrazione della doppia natura di quel ragazzo sconosciuto. Quella angelica, racchiusa nell'iride destra, quella demoniaca, racchiusa nell'iride sinistra.

Ero così confusa, in quel momento. Non era la prima volta che osservavo una persona affetta da eterocromia, in effetti, ne avevo viste due; il primo era stato mio nonno materno, il secondo... il secondo era stato il mio Theo.

Girai tutte le foto al contrario, con la speranza di trovare un indizio sul mittente di quelle foto o sul ragazzo raffigurato. Non c'era quello che avevo sperato.

12 Giugno 2003, questa data ti ricorda qualcosa?, citava.

Mi erano bastate quelle parole per spalancare gli occhi, crollare al suolo e smettere di respirare per qualche secondo. Avevo chiuso le palpebre, con la mano poggiata sul petto, e avevo rivissuto quei ricordi dolorosi nella mia mente. Avevo tentato di chiudere tutto in un angolo della mente, in passato, e c'ero riuscita, eppure, davanti a quelle foto, il muro era crollato e i detriti avevano causato tagli vibranti dentro di me, impossibili da risanare se non con la verità.

È così, che è iniziata l'avventura alla ricerca del mio Theo.

Ciao amici, questo è il prologo della storia, spero che vi piaccia e che abbia catturato il vostro interesse. Per ora ho pubblicato solo questo, il resto dei capitoli sono ancora in fase di aggiornamento, ma presto saranno disponibili qui su Wattpad.
Mi raccomando, commentate e ditemi cosa ne pensate.
Vi ricordo di seguirmi su ig: ilarydellapigna_books , posto citazioni, tratte dai nuovi capitoli (piccoli spoiler) e vi aggiorno su ogni novità❤️

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