Ventotto

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Osservo la medaglia scintillante appesa al muro. Trasuda orgoglio e vittoria neanche fosse una cascata. Vista da ogni angolazione, mi inietta una tale quantità di gloria da incutermi timore.

«Sei inquietante».

Cado dalle nuvole, ma non precipitando di culo, proprio di faccia.

«Che?» mi strofino gli occhi arrossati e secchi e mi concentro solo su Charlie.

E' seduto alla sua scrivania, gambe incrociate e matita stretta in mano, anche se è palese che non stia facendo i compiti per domani.

«Stavi fissando quella medaglia da più di venti minuti» ridacchia divertito, con la sua tipica arietta affettuosa da scherno.

«Hai tenuto d'occhio l'orologio?»

«No...»

«E allora come sai che la stessi guardando da più di venti minuti?»

«Deduzione... Suppongo»

«Pinocchio, guarda come ti cresce il naso»

«Stai rigirando la frittata a tuo vantaggio, eh?».

Sorrido. Già, sto proprio rigirando tutto a mio vantaggio, nonostante abbia sicuramente ragione lui: stavo guardando veramente quell'oggetto da un bel po', tant'è che mi bruciano ancora gli occhi.

Abbandona i compiti e si butta sul letto, appoggiando il busto sulle mie cosce. E' un'abitudine che si è preso di recente. Dice che sono molto comoda, addirittura meglio del suo cuscino, anche se so già che è una scusa per starmi appiccicato.

Inizio a levare uno alla volta tutti i pelucchi di Seppia dalla sua maglietta bianca, mentre mi perdo di nuovo nei miei pensieri. L'estate si sta avvicinando, sempre di più. Lo percepisco, tanto anche: le giornate si stanno facendo più lunghe, la temperatura si è alzata e ultimamente mi sento molto pigra. Non che prima non lo fossi, ma quando precedentemente avrei dormito per circa un mese, ora invece dormirei anche per metà anno, sognando cibo e... Nient'altro, solo cibo.

«Sei stato fantastico ieri...» mormoro, mentre inizio a fargli i grattini sulle braccia di mia spontanea volontà. Di solito sono io che lo obbligo a farmi i massaggini, ma in questo momento mi sento particolarmente altruista.

«Mmm?» Charlie abbassa il telefono che stava guardando e si concentra su di me «Sai... Credo che tu me l'abbia detto un paio di volte...»

«Non smetterò mai di dirtelo, perché è la verità»

«Sono stato davvero così bravo?» sorride divertito

«Acciminchia se lo sei stato. Sei riuscito a battere tutti, superando le tue paure» sospiro «io non sarei mai riuscita a fare una cosa del genere».

Cala il silenzio. D'un tratto mi sento così stupida... Sono riuscita a rovinare un momento così tenero e tranquillo con una dei miei soliti pensieri passivo-depressivi. Perché sono così? Perché non riesco a tenere a freno la lingua? Devo sempre parlare, dire stronzate, rovinare tutto. Sono una scema. Ormai è chiaro.

«Scusa, son solo pensieri miei pensieri idioti, ignorali»

«Non li ignorerò».

D'un tratto si alza e si mette seduto accanto a me. Tra noi non c'è nemmeno uno spazietto, ma ciò non mi provoca alcun fastidio, anzi, a me sta benissimo così, basta solo che sia Charlie.

«Tu davvero credi di non essere riuscita a fare nulla nella tua vita?».

Lo guardo confusa. «Che vorresti intendere?»

«Se pensi davvero di non essere riuscita a farti strada nella tua fobia»

«Certo che sì, le persone mi provocano ancora disgusto».

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