«E tu chi diavolo sei? Come hai fatto ad arrivare qui? Da quanto mi stavi osservando? Qual è il tuo scopo?» cominciai a sparare domande a raffica, senza riflettere realmente su quello che stavo dicendo. Era strano però, non avevo sentito la sua presenza eppure ero certo che non avesse distolto il suo sguardo da me neppure per un attimo. I miei sensi avevano smesso di funzionare? Non ero più capace di percepire le altre persone? Troppe domande affollavano la mia mente eppure non avevo alcuna risposta a cui afferrarmi, in cui sperare. Agguantai velocemente la bottiglia di birra, quasi a voler proteggere quel tesoro, facendo sorridere il ragazzo che avevo di fronte. Probabilmente mi aveva solo scambiato per un mentecatto, non riuscendo a credere che tutto quel trambusto era nato per via di quella piccola cosa. Si avvicinò a me a passo svelto, facendomi battere il cuore più forte mano a mano che la sua figura si faceva più vicina, senza rispondere a nessuna delle mie domande.
Una volta che fummo uno di fronte all'altro potei notare la differenza di altezza fra di noi, non riuscendo a capire se quello in difetto ero io oppure lui. Avevamo pressappoco la stessa età eppure eravamo su due livelli completamente diversi. Allungò una mano nella mia direzione, guardandomi negli occhi con determinazione e con una luce che non vedevo da fin troppo tempo.
«Sono Dabi» disse solo facendomi rabbrividire, il suo tono di voce era basso e roco e la sua stretta era forte e decisa.
«Izuku» non mi sentivo realmente a mio agio, soprattutto perché sapevo che era tutta una bugia. Ero certo che sarebbe scappato da me presto o tardi dato che io non ero altro che uno scarto della società; ma forse anche lui era un po' come me e questa unione aveva appena segnato l'inizio di una nuova era.Si avvicinò al cornicione guardando sotto per qualche istante, attento a non fare rumore, tirando poi un sospiro di sollievo.
«Quei tipi se ne sono finalmente andati - cominciò ad andare verso la scala di servizio, senza degnarmi di un solo sguardo - posso tornare al mio lavoro. È stato un piacere Zuki» sbarrai gli occhi per qualche istante, lasciandomi interdetto. Voleva andarsene così da un momento all'altro? Non aveva ancora dato alcuna spiegazione, poteva essere tranquillamente il compagno di quei mascalzoni lì sotto. Che volesse fare la spia?
«Ah, giusto. Hai deciso di far rivoltare un intero bar solo per una birra? Devi avere un quirk molto forte per aver deciso di sfidare quei tizi. Volevi per caso allenarti un po' con i loro corpi?» se avessi voluto allenarmi con loro molto probabilmente li avrei invitati, che ne so, in palestra! Non di certo a fare a pugni con me in un bar di periferia, lontano da occhi indiscreti, senza alcun testimone oculare.
«E se non ce l'avessi un quirk?» dissi con un filo di voce, sperando che non mi potesse sentire a quella distanza. L'udito sopraffino del mio interlocutore, però, mi portò a maledire me stesso dato che quello scoppiò in una fragorosa risata. Era solo un estraneo, lo conoscevo da nemmeno dieci minuti, eppure quella reazione mi aveva ferito. Avevo passato anni ad essere deriso per via dell'assenza di unicità e ora credevo di essere finalmente libero da quel peso. Nessuno mi conosceva, non avevo più una vita, non vi era motivo per uno sconosciuto di insultarmi; ma a quanto pare Dabi non era del mio stesso avviso.
«Non mi prendere in giro dai - disse dopo aver soffocato la propria risata, incontrando il mio sguardo serio e disgustato - Ah, facevi sul serio? Tu sei matto Izuku, non dovresti andare in giro a picchiare persone più forti di te» si mise le mani in tasca, cominciando a scendere le scale. Non guardò indietro nemmeno una volta, più concentrato ad osservare la strada sotto di sé e riflettere sulla strana conversazione che aveva appena avuto.
Mi aveva appena dato del matto? Eppure quello nascosto su un tetto a spiarmi era lui! Si era pure permesso di darmi un consiglio, come se ne avessi realmente bisogno, dando per scontato che solo perché privo unicità io non fossi in grado di badare a me stesso. Tutto il contrario semmai, ero perfettamente lucido e abbastanza furbo da poter evitare anche le più grosse delle calamità.
«Chi ha mai detto che quei bruti sono più forti di me?» conclusi il discorso, ignorando completamente la sua reazione. Ero stufo marcio di essere additato come un debole, quando in realtà non lo ero, ed essere trattato come qualcuno per cui provare pietà. Anche io, nel mio piccolo, potevo valere più di mille altre persone e di certo la mia diversità non poteva fermare la mia ascesa.Quando le voci furono abbastanza lontane mi lasciai cadere a terra, stravolto da tutto ciò che era accaduto in quel breve frangente. Avevo appena commesso il mio primo crimine, nonostante fosse di piccolo calibro, eppure non provavo alcun senso di colpa. Nonostante fossi sempre stato attento a rispettare la legge ora non avevo alcun rimorso per ciò che avevo fatto, anzi, era stato quasi divertente. Quel brivido, quel sentimento di eccitazione che mi scorreva in tutto il corpo e quel calore che non provavo da davvero troppo tempo. Avevo quasi dimenticato di essere un essere umano dotato anche di emozioni positive. Non ricordavo più qual era stata l'ultima volta che mi ero sentito davvero vivo, forse molti anni fa. Quando mia madre era ancora viva e il mio sogno di diventare l'eroe numero uno non si era ancora infranto.
Scossi appena il capo, allontanando quei ricordi da me, aprendo la bottiglia di birra in un istante. Mi umettai le labbra, preparandomi al primo assaggio di quella bevanda sacra, avvicinando la bottiglia alla bocca. Chiusi gli occhi, non riuscendo a pensare ad altro che a quel momento, bevendone un sorso. Tutto mi ero aspettato se non un gusto così amaro, mi chiedevo come facessero gli altri a berla come se fosse acqua. Quella bevanda afrodisiaca non era altro che un semplice trucco, una falsità detta dagli adulti pur di credere di poter scacciare tutte le avversità in un sorso. Certo, berne in grandi quantità significava avere la testa più leggera e libera da qualsiasi problema, eppure non risolveva nulla. Non aiutava nemmeno a rilassarsi, dato che l'unica cosa che provocava davvero era un gran sonno.
Ne avevo bevuto solo un pochino eppure le conseguenze di quei piccoli sorsi cominciavano a farsi sentire e io non volevo altro se non un letto morbido e una casa calda in cui stare. Mi appoggiai al muretto del cornicione con la schiena, sperando di potermi riparare così dal vento freddo della serata, decidendo di dormire un po' per riprendere le forze. Non ero fisicamente in grado di raggiungere la struttura che mi ero prefissato e avevo paura di essere attaccato da un momento all'altro. Era meglio lasciar perdere per qualche ora, giusto per dare il tempo a quegli uomini di dissipare la loro rabbia e per dare a me dei minuti di riposo.Fin da quando mia madre era morta non avevo avuto un attimo di pausa, sempre intento a scappare e a nascondermi. Sapevo che la polizia, e forse qualche eroe, mi cercava eppure non avevo alcuna intenzione di farmi trovare. Non volevo lasciare tutto per finire in una qualche casa famiglia o un orfanotrofio, non erano posti adatti a me. L'unico luogo a cui appartenevo era la mia vecchia casa e l'unica persona che volevo al mio fianco era mia mamma. Nessun altro.
Alla fine dovevo resistere solo altri quattro anni e poi potevo tornare alla vita di tutti i giorni. Dovevo solo trovare il modo di poter guadagnare abbastanza in questi anni per poter vivere poi una vita dignitosa.
Avevo abbandonato tutto quello che avevo pur di poter rinascere come una persona nuova, la persona che ero prima non aveva più alcuna utilità in questo mondo. Per questo motivo l'unica cosa che potevo fare per salvaguardare la sua e la mia salute era sopprimere il mio passato una volta per tutte. Avevo lasciato così indietro i miei documenti, i miei vestiti e il mio telefono. L'unica cosa che avevo portato con me erano i quaderni degli appunti sugli eroi, che nonostante non avessero più un'utilità costituivano il mio unico passatempo. Un aspetto del mio passato per cui mi sentivo fiero.
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Mi svegliai qualche ora più tardi nella stessa posizione in cui mi ero addormentato, con le articolazioni doloranti e un sapore amaro di alcol in bocca. Il silenzio era tornato a regnare sovrano e ora l'unico rumore che si riusciva ad udire era quello del vento, che mi accarezzava il volto. Non vi era alcuna luce, se non quella opaca della luna, e in quell'oscurità non riuscivo a pensare ad altro se non al mio desiderio.Se da una parte il motivo per cui ero scappato era il fatto che avevo perso ogni cosa dall'altro c'era qualcosa di ben più profondo dietro alle mie azioni: la speranza. Ero a conoscenza che le mie possibilità per il futuro ormai si erano ridotte al minimo e questo significava vivere nella delusione. Non ero pronto a sacrificare anche quello per via del destino che mi era stato affidato da altri. C'era qualcosa di ben più interessante che mi aspettava dietro l'angolo e non potevo far sì che mi rinchiudessero in un qualche istituto, precludendomi così la possibilità di poter vivere nel modo in cui volevo. Ero a conoscenza che le mie azioni avevano dato vita a delle conseguenze eppure non avevo alcun rimorso per quello che avevo fatto. Il mio unico scopo, ora, era quello di rimboccarmi le maniche e tornare a vivere come un vero essere umano. Non più come una semplice macchina priva di utilità.
~ Val 🍃

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Painkiller
أدب الهواةPer il ciclo One-X Izuku è un ragazzino di appena 14 anni quando scopre che la vita non è altro che una semplice menzogna. Una delusione. Sua madre è morta e lui è rimasto completamente solo ad affrontare il mondo: un luogo orribile dove la corruzi...