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Il 17 settembre avrei iniziato l'ultimo anno di liceo. Mancavano ormai due giorni, mia madre mi aveva costretto a uscire quella mattina per comprare tutto l'essenziale, come ogni anno. Il mio umore però era alquanto a terra, che senso aveva farlo? Era alquanto inutile comprare libri, penne, matite e quaderni per qualcuno che non li avrebbe nemmeno usati.

Quella mattina mi ero svegliata con un senso di nausea insistente, non riuscii a fare nemmeno colazione per paura che avrei rimesso anche l'anima. Avevo provato a non pensarci in questi giorni, a comportarmi come al solito, ma non sempre ci riuscivo e il mio umore nero non passava inosservato.

«Kay, tesoro, mi vuoi dire cosa succede?»

Eravamo in cartolibreria quando mi fece quella domanda, per un attimo sentii il mio sangue gelare. Mia madre ormai aveva capito che c'era qualcosa che non andava, a tratti mi vedeva persa nei miei pensieri e spesso doveva chiamarmi più volte e ripetere quello che mi aveva detto poco prima.

Feci finta di nulla, alzando le spalle e continuando a guardare, con fin troppo finto interesse, le penne che avevo tra le mani.

«Kaylee Marie Evans. Adesso tu mi dici cosa sta succedendo.»

Stavo per risponderle nuovamente che era tutto okay ma il destino mi aiutò.

La ragazza della spiaggia intenta a cercare qualcuno si scontrò con me. I suoi quaderni caddero e le penne che tenevo in mano fecero la stessa fine. Subito si iniziò a scusare e si piegò per raccogliere tutto. Io seguii i suoi stessi movimenti.

«Oddio, mi spiace! Davvero, mi spiace, sto cercando il mio fratellino e non ho prestato atten...»

Finalmente alzò lo sguardo. I nostri occhi si incrociarono, io l'avevo riconosciuta subito ma lei evidentemente no. Frenò le sue scuse e il suo sguardo si accigliò. Aveva un'espressione così buffa che mi fece spuntare un sorriso in modo automatico.

«Ciao straniera»

«Tu... sei la ragazza della spiaggia!»

Annuii, aiutandola a raccogliere le ultime cose per poi porgerle la mano per farla alzare. Mi sorrise e quando afferrò la mia mano, per un attimo tutto intono a noi sembrò svanire. Ragazza, cosa riuscivi a provocarmi senza nemmeno conoscerti davvero?

Non ci eravamo rese conto che eravamo rimaste un po' a fissarci e sorriderci, fu mia madre a interrompere quella strana atmosfera che si era venuta a creare.

«Kay, vuoi presentarmi la tua amica?»

Il suo tono variò leggermente sull'ultima parola, come se volesse far intendere altro ma per precauzione avesse usato quel termine. In ogni caso mi risvegliai e mi schiarii la voce.

«Ehm... certo, mamma lei è...»

«Elizabeth»

Completò lei la frase per me, dato che non conoscevo il suo nome. Sorrisi, era un nome che le si addiceva.

«Ci siamo incontrate poco più di una settimana fa sulla spiaggia. Elizabeth lei è mia madre, Corinne.»

Elizabeth annuì e sorrise, tendendo la mano libera verso quella di mia madre. Dopo quella stretta di mano, un piccolo terremoto si attaccò alla gamba di Elizabeth. Poteva avere sì e no cinque anni al massimo.

«Josh, eccoti, ma dov'eri finito? Papà ci sta aspettando alla cassa.»

Il piccolo dal canto suo scoppiò a piangere, iniziando a dire che si era perso, che non la trovava più e che aveva avuto tanta paura. Mi si sciolse il cuore quando Elizabeth si chinò verso di lui, poggiando a terra i quaderni, e lo abbracciò per rassicurarlo.

Dissi a mia madre che l'avrei raggiunta alla cassa e lei annuì sorridendomi e salutando la ragazza e il piccolo. Così mi chinai verso di loro e tirai fuori dalla tasca una caramella, porgendola al piccolo.

«Tieni nanetto, è tutta tua ma per mangiarla non devi piangere altrimenti tutto il gusto della fragola si perde ed è un vero peccato!»

In quel momento entrambi mi guardarono straniti, poi lui guardò la sorella come a chiederle il permesso per accettare e quando lei annuì lui sorrise e afferrò la caramella. Recuperai i quaderni poggiati a terra e l'aiutai ad alzarsi dopo aver messo giù il piccolo.

Mi sorrise ancora e credo che fu in quel momento che iniziai a pensare che adoravo vederla sorridere. Insieme ci dirigemmo verso la cassa, individuai con facilità mia madre presa a parlare con un uomo. Mi sembrò familiare ma i miei dubbi si dissiparono solo quando arrivai lì vicino.

Il dottor Kang. Certo senza camice era un po' diverso ma l'avrei comunque riconosciuto. Lui si soffermò a guardarmi confuso, poi però spostò l'attenzione alla mia destra.

«Papà!»

Il piccolo terremoto si attaccò alla gamba del padre e felice gli fece vedere la caramella, chiedendogli se potesse mangiarla.

In quel momento compresi perché gli occhi di Elizabeth mi sembravano familiari. Era sua figlia.

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