«Papà, lei è Kay, una ragazza che ho conosciuto qualche giorno fa sulla spiaggia.»
Lui annuì e mi sorrise, porgendomi la mano per presentarsi. Non poteva dire di conoscermi senza dare spiegazioni a riguardo; quindi, per rispettare il mio voler lasciare all'oscuro le persone a me care finse di non conoscermi.
«Piacere Kay, sono Tae-oh. Il padre di Elizabeth e Josh.»
«Piacere mio, signore»
Ci salutammo dopo aver pagato i nostri acquisti. Stavo per salire in auto pensando a quanto quell'incontro fosse stato assurdo quando mi sentii chiamare. Elizabeth stava camminando verso di me.
«Tutto bene?»
«Sì, ecco... Volevo darti una cosa. Insomma, incontrarci per caso è carino ma sai magari potremmo organizzarci la prossima volta!»
Prese la mia mano e iniziò a scriverci sopra, solo quando finì la sua opera capii cosa fosse: il suo numero di telefono. Sorrisi e lei mi salutò nuovamente tornando verso l'auto del padre e lasciandomi lì a fissare il nulla per qualche secondo con un sorriso da ebete stampato sulla faccia.
Salii in auto fissandomi la mano per poi segnarmi il numero sul telefono. Mia madre mi guardava con un sorrisetto divertito. Non era un segreto il mio orientamento sessuale e lei aveva accettato benissimo la cosa.
«Allora era per questo? È stata quella ragazza a far cambiare il tuo umore in questi giorni?»
Avrei dovuto dirle la verità, lo so. Ma non lo feci, non ci riuscii. Così semplicemente alzai le spalle e le sorrisi. Lasciai a lei il compito di intendere la risposta come meglio credeva. Si convinse, in un certo senso, infatti non domandò altro e mise in moto.
Quella notte la passai tra il senso di colpa per non averle detto la verità e la felicità nel conoscere sia il nome che il numero di telefono della straniera conosciuta sulla spiaggia. Inutile dire che non dormii molto.
Il giorno dopo attesi Susan seduta sul portico con il mio fedele zaino in spalla. Susan era l'unica tra me e Leo ad avere un'automobile, sebbene tutti e tre avessimo preso la patente più o meno nello stesso periodo. Arrivò poco dopo suonando il clacson più volte, Leo si affacciò dal tettuccio sorridendomi.
«Scapestrata, buongiorno!»
Una volta salita in auto ricambiai il saluto, sembravano così pimpanti già di prima mattina che quasi mi venne il dubbio che fossero sotto effetti di stupefacenti.
«Ragazzi, ditemi la verità, vi drogate?»
Scoppiarono a ridere, affermando che erano così al naturale. Scossi la testa e rimasi ad ascoltare loro che già programmavano il sabato sera.
«Ma vi rendete conto?! Questo è il nostro ultimo primo giorno!»
«Ah... come sei melodrammatico Leo! L'anno prossimo avremo un altro primo giorno, non è l'ultimo!»
«Ma non sarà il liceo! Saremo all'università, saremo... adulti! Probabilmente non saremo nemmeno insieme...»
Susan parve rattristarsi per qualche attimo e con lei anch'io, seppur per un motivo diverso. Come dargli torto? Eravamo inseparabili fin dalle elementari. Abbiamo condiviso tutto fino ad oggi, tranne la scuola materna.
Mi estraniai dal loro discorso quasi in automatico e mi sedetti sul muretto. Non li sentii nemmeno quando mi chiamarono per via della campanella.
«Kay tutto bene? Oggi sei silenziosa non è da te. Stai già pensando a cosa dire alle nuove reclute della squadra di basket per farle rigare dritto durante gli allenamenti?»
La squadra di basket... Quel pomeriggio avrei reso ufficiale il mio ritiro. Non ero il capitano della squadra ma giocavo fin dal primo anno con loro. Abbiamo condiviso risate, felicità e dispiaceri dopo ogni partita. Andarsene sarebbe stato difficile ma il dottor Kang era stato chiaro: nessun tipo di sforzo eccessivo, Kaylee.
«No, anche perché mi ritiro dalla squadra...»
Alla mi affermazione sia Leo che Susan si fermarono ad osservarmi, quasi sconvolti. Io continuai semplicemente a infilare libri nell'armadietto.
«Stai scherzando, vero?»
«No, Sus. Quest'anno non giocherò»
«Cosa?! Ma perché?!»
Non diedi una risposta e rimasi sul vago. Feci solo spallucce, chiudendo l'armadietto dopo aver tenuto nella cartella solo il libro di letteratura, prima materia della giornata. A Susan toccava matematica così come a Leo. Dopo quelle due ore i corsi erano uguali: storia per altre due ore e fisica l'ultima. Dopo pranzo sarei andata in palestra per parlare con il coach e la squadra.
«Kay tu adori, anzi, AMI il basket! Sul campo sei fenomenale e pensavo puntassi a una borsa di studio! Perché vuoi ritirarti?»
«Lo so, Leo. Ma l'anno scorso sono arrivata a filo con le materie, non voglio rischiare... e poi non so nemmeno se farò domanda per l'università; quindi, mi sembra inutile tentare per la borsa di studio, la potrebbe ottenere qualcun altro di davvero interessato.»
Mi avviai verso l'aula dato che erano in direzioni opposte. Loro non si mossero fin quando non girai l'angolo. Avrebbero voluto informazioni, sicuramente, ma in quel momento non seppi cos'altro dire quindi optai per una mezza verità.
Quelle ore sembravano interminabili, non ricordavo tanto stancante la scuola. Quando ci sedemmo in mensa, come previsto, sia Susan che Leo mi guardarono seriamente. Riuscii a captare il loro essere interiore da investigatori privati sbalzar fuori, manco fossero Conan Edogawa.
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Blackout
RomanceTutti abbiamo un momento che non dimenticheremo mai, poiché impresso nella nostra mente come un marchio rovente. I motivi possono essere diversi per ognuno di noi. A segnarci potrebbe essere stato un gesto, una parola, un avvenimento o, come nel mio...