30. Mani intrecciate e armi sguainate

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Un trillo insistente le si insinuò nelle orecchie, facendola scuotere. Marzia si lasciò andare a un mugugno, stringendo le palpebre per tornare a dormire. Si sentiva tutta intorpidita, dalla testa ai piedi. Un secondo trillo, ancora più lungo, la fece sospirare, a pancia in giù tra le lenzuola, e la guancia destra schiacciata sul cuscino. Schiuse gli occhi e tentò di tenerli aperti, nonostante la luce già illuminasse a giorno la stanza, attraverso il vetro della finestra. Fu in un istante, ancora nell'intorpidimento del sonno, che Marzia si rese conto di essere da sola. Il cuscino stropicciato era vuoto alla sua sinistra, ma il profumo lei lo sentiva ancora, su quella federa. Il suo profumo.

La terza volta che quel suono si propagò per tutta la stanza le labbra di Marzia esalarono un verso infastidito, mentre faticava a mettersi in piedi. Le girava ancora la testa, sebbene avesse smaltito quasi tutte le tossine dell'alcol. La bottiglia d'acqua che aveva sul comodino era per metà vuota, e ricordò, mentre indossava le ciabatte, di essersi svegliata più di una volta per bere. E di essere sempre stata riaccolta da quelle braccia, intorno a lei, tra i capelli, sulle spalle.

La gola secca, la bocca impastata, lo stomaco invaso dal bruciore: Marzia si issò in piedi con mollezza, mentre la stoffa rossa di quella maglietta le cadeva sulle cosce, fino alle ginocchia. Sbatté le palpebre, avanzò di un passo, i ricordi le annebbiarono la mente, uscendo dalla sua stanza. I sorrisi, nostalgici e teneri, che l'avevano accompagnata tra le mura amiche dell'appartamento otto, che l'avevano colpita mentre si abbandonava mollemente alle sue cure; le dita mai insistenti e immensamente delicate, che le avevano stretto la mano in garage, che le avevano scostato i capelli sulla spalla, seduta su quello stesso letto. Le stesse dita, che si era immaginata per giorni e ore, nel dormiveglia e nel dolore, che l'avevano accompagnata nel sonno, e che le avevano carezzato i capelli nella più attenta delle premure.

Le uniche cose che ricordava, di quella notte, erano i gesti, erano i profumi e quella sensazione di torpore e serenità che l'aveva colta nel sonno; nonostante le lacrime agli occhi, nonostante la colpa che ancora sentiva addosso, per essersi abbassata ai suoi bisogni, per aver ceduto nella difficoltà, e messo da parte l'orgoglio. L'ultimo trillo del campanello la colse proprio mentre Marzia avanzava in corridoio, già sbuffando. Sentiva la testa pesante, ad ogni passo avrebbe voluto crollare sul letto, o sul divano, e sprofondare di nuovo nel turbine di mollezza che l'avrebbe colta. Strinse la maniglia tra le dita, il caldo di quella mattinata domenicale invadeva la stanza. Si scoprì a sentire i capelli appiccicati al collo, ancora sudata per la notte, quando aprì la porta, senza neanche guardare la telecamera dello spioncino.

Il pianerottolo era deserto. O almeno lo sembrò per Marzia, che assottigliò gli occhi e incrociò le braccia, le labbra arricciate e il nervosismo già a fior di pelle. Ma il pianerottolo era deserto solo perché due piedi che calzavano un paio di Jordan One avevano sceso una rampa di scale in velocità, non appena il loro proprietario aveva sentito il passo strascicato di Marzia giungere di fronte alla porta. E il padrone di quelle scarpe, sporto con le dita artigliate alla ringhiera, si gustò la scena da quella prospettiva tutta nuova, stringendo il labbro inferiore tra i denti. Impossibile non sorridere. Impossibile non sentire il cuore rimbombargli nel petto.

Marzia era ancora spaesata, mentre scrutava il pianerottolo, con le dita della mano destra strette sulla maniglia. Fu un secondo prima di tornare dentro, con il dubbio ancora nella mente su chi avesse così tanta urgenza di farle aprire quella porta per poi non presentarsi neanche di fronte a lei, che si ritrovò ad abbassare lo sguardo sul pavimento. E si bloccò istantaneamente sul posto, quando vide un vassoio d'acciaio adagiato a pochi centimetri dalle sue ciabatte. Si bloccò con le gambe e con le braccia, ma non con il viso. E lui fu il primo a vederlo il sorriso che nacque sulle labbra imbronciate di Marzia, prima ancora che lei se ne rendesse conto.

Neighbourhood Romance | Dušan VlahovićDove le storie prendono vita. Scoprilo ora