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DA MOLTI era chiamata ludopatia, follia, dipendenza, un soggetto che, dopo situazioni opprimenti o stressanti, trovava sfogo in un attività e se ne approfittava fino allo sfinimento.

Molto probabilmente era questo ciò che aveva spinto Aiko a giocare un'altra volta, anche se aveva ancora molti giorni sul visto, ma mentre stava stesa sul cemento dopo il suo secondo game, esattamente fuori dall'arena che stavolta era un parco giochi abbandonato, sentiva che le mancava qualcosa.

Aveva il petto scosso dalle risate, la soddisfazione di essere ancora viva e la vittoria avevano rimpiazzato il suo sangue e adesso la tenevano in vita, era la sua linfa vitale: dimostrare che era tutta colpa di suo padre se non sapeva vivere.

Ma di certo sapeva sopravvivere.

Sapeva osservare, fingere, correre, saltare, capire e vincere.

Per quanto soddisfacente fosse dimostrare a se stessa che era capace, era più soddisfacente dimostrarlo agli altri, solo che stavolta era capitata in un game con un gruppo di scolarette che sfortunatamente erano morte e un vecchio che si era arreso subito in quanto game di picche, cioè fisici.

Le dispiaceva per loro, l'altra sera non aveva provato la minima traccia di pena per i cadaveri degli uomini che l'avevano derisa solo perché sembrava nuova e sperduta, ma se i corpi vuoti davanti a lei non l'avevano guardata dall'alto in basso allora rimanevano persone degne della sua compassione.

Doveva trovare un altro game, un game in cui qualcuno avesse osato deriderla e credersi meglio di lei, forse le due vittorie le avevano dato alla testa e adesso era fin troppo sicura di se stessa, ma aveva bisogno di quella sensazione, di vedere il loro sguardo quando avrebbero capito che quella stupida ragazza davanti a loro era meglio di loro.

Molto meglio, abbastanza meglio di sopravvivere mentre loro si erano fatti uccidere da quel mondo.

Aiko si alzò tenendo gli occhi alti per cercare altri edifici illuminati: vide una piscina comunale con qualche faro puntato addosso ma si frenò dall'entrare, per quanto fosse egocentrica adesso, conosceva comunque i propri limiti.

Due isolati dopo, un meraviglioso edificio con un fiore di loto illuminato come insegna all'entrata attirò l'attenzione di Aiko, lo riconosceva, era il centro spa dov'era andata l'anno scorso per il suo compleanno insieme alla sua unica amica, Kyori. Entrò, la reception era vuota e lo schermo sul muro aveva l'ennesima freccia che la indirizzava verso quella che se ricordava bene era la sala dei massaggi. Passò oltre i tavolini su cui ci si doveva stendere e spinse la porta di vetro per aprirla, uscendo nel piccolo giardino interno alla struttura dove c'erano le jacuzzi incastrate nel terreno. Aiko fallì miseramente nel notare gli sguardi che le si erano posati addosso, troppo occupata dall'analizzare lo strano posto in cui il game aveva deciso di svolgersi quella sera.

HUNGER || chishiya shuntaroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora