VIII ~Il re di Seattle~

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Sono claustrofobica.

Forse non è il momento migliore per dirglielo, mentre continua a dare spallate alla porta, cercando di aprirla.

Forse, non dovrei nemmeno dire che la causa di tutto questo sono io.
Forse dovrei starmene zitta, ma... ho già detto che sono claustrofobica? Divento un tantino nervosa.

«Chris» picchetto le unghia contro l'enorme scrivania dietro di me, muovendo freneticamente il piede.

Si volta. La mascella tesa, così come le spalle.
«Si?» getta un sospiro nervoso, cercando di non sferrare un pugno contro l'acciaio.

«Dobbiamo uscire dalla finestra» mi dirigo verso quest'ultima, scansando con le mani i cocci di vetro.

Poi, appiattendomi contro il vetro, constato quanti metri ci separano dal piano terra.
Se vogliamo morire, sarebbe il modo giusto di farlo.

«Se sai volare, faresti un favore ad entrambi» commenta, la punta di sarcasmo di cui in questo momento non ho bisogno.

Poggia una spalla contro la porta, incrociando le braccia al petto.

«Perché ti sei fermato?» sbotto, indicandolo con una mano.
Prendo a strofinare i palmi delle mani contro la tuta.

Assottiglia lo sguardo su di me, confuso, e inclina di poco il capo.
Mi guarda.

Perché mi guarda? Dovremmo trovare una soluzione.

«Claustrofobica, mi lady?» apre un sorriso sadico, facendomi rizzare i peli del collo.

«No. Allergica alla tua presenza» in due falcate lo supero, piantando in un tonfo i palmi contro la porta.

Li batto con violenza.
«C'è qualcuno che ci sente? Siamo rimasti chiusi qui!» strillo, con tutta la forza che ho in corpo, ma la musica che proviene dal piano inferiore sovrasta qualsiasi mio urlo, rendendolo vano.

Sono tornati a fare quel che stavano facendo in totale tranquillità, e probabilmente Keira, Kenneth e gli altri saranno andati via convinti che io e questo biondino ossigenato abbiamo fatto lo stesso.

«Non ti sentono» lo sento sospirare, e il suo sguardo mi brucia la schiena.

Oltretutto, ho appena trovato la seconda cosa che più mi infastidisce al mondo: i suoi occhi su di me.

Scommetto il mondo che è divertito, che ha lo stesso sguardo che aveva quando ha vinto la gara di moto.
Quando mi ha smascherata davanti alla sua gente, rendendomi piccola quanto una mollica di pane.

Ma decido di respirare profondamente, ricordando le altre volte che mi sono ritrovata stretta in uno spazio troppo piccolo.
Ho perso i sensi, tante di quelle volte che ho smesso di contarle da quando avevo almeno dieci anni.

Ed è l'ultima cosa che voglio, perdere i sensi davanti a lui, lo giuro sul mio nome.

Mi volto con ancora gli occhi chiusi e le labbra intente ad inspirare, quando batto la schiena contro l'acciaio e mi lascio scivolare.

Queste pareti.. mi stanno schiacciando, mi stanno rubando il respiro.

Come l'acqua: toglie il respiro.

«Non svieni, giusto?» la sua voce adesso è troppo vicina, così spalanco gli occhi ritrovandomelo seduto nella mia stessa posizione, con le spalle schiacciate alla parete adiacente alla mia.

«Quanto ti piacerebbe se svenissi, biondino?» soffio divertita.

«Ben poco. Quindi non farlo.» poggia i polsi sulle ginocchia piegate davanti a sé, lo sguardo serio sul pavimento.

Deadly HeartbeatsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora