(Appena finite il capitolo, prestate attenzione allo spazio autrice❤️)One month ago
Seattle, WA«Ehilà» urlai al vuoto, mentre la porta di casa alle mie spalle si chiuse in un tonfo secco.
Frank mi lasciò al volo: la serata di beneficienza non aveva proprio intenzione di finire e si era buttato giù un grosso temporale.
Era tornato indietro a prendere Peter.Avanzai all'interno della casa buia, gettai l'ombrello fradicio in direzione del portaombrelli, non capendo bene se l'avessi preso oppure no, e poi mi misi a cercare l'interruttore.
La pioggia batteva prorompente, faceva da sottofondo al silenzio della casa.Avevo un unico obiettivo quella sera, ovvero raggiungere il mio amato scaffale pieno di alcolici a scolarmene qualche bicchiere che mi avrebbe messo K.O.
Feci per chiamare Samantha, ma persino lei aveva il giorno libero quella volta.Victoria non era in casa.
Nessuno aveva risposto alla mia chiamata, e ormai non c'era più alcun dubbio che fossi sola lì dentro.
Mia figlia passava molto tempo fuori ultimamente, ma non mi feci poi troppi problemi, era cresciuta e noi dovevamo accettarlo.
Sperai solo, non si trovasse nei paraggi del Northgate, oppure di Christopher.Piegai in basso la testa e mi piegai sulle ginocchia, a carezzare il pelo bianco e morbido di Dior.
«Tesoro, hai mangiato?» le chiesi mentre continuava a farmi le fusa strofinandosi contro le mie caviglie, come se fosse in grado di rispondermi.Storia le labbra e puntai lo sguardo in direzione delle sue ciotole in cucina.
Quella del suo cibo, era rimasta intatta.Mi accigliai lievemente.
Quel gatto era l'animale più ingordo che io avessi mai conosciuto, certo a volte faceva i capricci come da bravo gatto viziato quale era, ma solo in un'occasione.
Solo se in casa avevamo ospiti che non conosceva.Mi sollevai in piedi, guardandomi intorno solo per osservare il modo immobile in cui gli oggetti giacevano esattamente per come li avevamo lasciati e poi realizzai che c'era un evidente silenzio.
Troppo silenzio.Allungai una mano verso gli interruttori e li accesi tutti, poi avanzai con le mani sui fianchi.
«Samantha?»
Iniziai a pensare che avesse dimenticato qualcosa qui e fosse tornata a prenderla, ma non mi tornò alcuna risposta.Le assi del pavimento scricchiolarono, ed io mi voltai con violenza.
Un profumo dolciastro mi pervase le narici, era lei.
La riconobbi immediatamente, non c'era alcun dubbio: la mia casa sapeva troppo di stronza senza anima.Mi gettai sul porta coltelli, quasi inciampai sulle mie stesse punte, ne afferrai uno dal manico, ma quando mi voltai lei era già lì.
Un completo nero la stringeva ovunque, aveva i gomiti comodamente posati sulla penisola della mia cucina, quei capelli castani e folti che le ricadevano sulle spalle, nemmeno uno bianco che spiccava sulla sua cute.
Quegli occhi da gatta, color ghiaccio.
Di lui, aveva solo quelli.«Che fai Ava, vuoi aggredirmi?» sussurrò quieta, bassa, le osservai le rughe sulle tempie, le borse sugli zigomi. Aveva la sua età ormai, ma era sempre una sirena ammaliatrice.
«Esci da casa mia»
Inclinò la testa, e a me venne un brivido.
«Da quanto non mi vedi?» il tono burbero, mentre si mise dritta con la schiena e mosse un passo verso di me.Da quando le ho rovinato la vita.
«Che cosa vuoi, Norah?» ringhiai bassa.
È in questo momento che in uno scatto spinse le mie spalle contro il frigorifero alle mie spalle, stringendomi il polso fino a farmi mollare la presa sul coltello.
E le mie dita lo fecero, il coltello cadde a terra ed io la spinsi malamente cercando di riprenderlo.
Un suo braccio si aggrappò alla mia vita, trasportandomi verso il piano in marmo della penisola, ma un mio calcio la fece piegare in due e tirai un sospiro di sollievo quando, con l'affanno, ci ritrovammo di nuovo a distanza di pochi metri, sull'attenti.
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Deadly Heartbeats
RomansaLa vita di Victoria McLay, figlia dello sfarzo di Seattle, dal cuore e l'anima di ghiaccio, si intreccia in modo inesorabile con quella di quattro ragazzi a capo del rione più malfamato della città: Il Northgate. Sullo sfondo di una città divisa a m...