Un incontro inaspettato

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Signed in blood

I'll never tell

Right my wrongs

I never will

There's a side, I'll never show

Only me and the devil know

-Devil Knows, Armen Paul

Kaye si vestì con le prime cose che le capitarono a tiro, quando scese le scale di fretta si affrettò a rispondere al cellulare, Camilla la contattava ormai da giorni e non riceveva risposta. Accettò la chiamata mettendo il telefono tra la spalla e l'orecchio.

«Cami sto bene, ti spiegherò presto, ho fretta», asserì la ragazza cercando di non inciampare nei suoi stessi piedi.

La ragazza dall'altra parte del telefono sbuffò in modo pesante. «Sarà meglio per te Kaye» e poi chiuse la chiamata senza aggiungere altro.

Accese il motore e partì alla volta del locale di Satana, sapeva che la mattina fosse chiuso ma lui abitava al primo piano, aveva bisogno di avere il controllo su qualsiasi cosa. Si affrettò ad arrivare, aveva bisogno di risposte e non poteva aspettare. Superate alcune macchine con uno slalom veloce e preciso inchiodò davanti al suo locale. Si tolse il casco, lo posò sulla sella mentre si sistemava i capelli arruffati. Aggirò il locale e premette sul citofono.

«Chi è che disturba il diavolo?», la voce metallica e assonnata di Satana si dissipò nell'aria.

«Sono Kaye, ho bisogno di parlare con te», asserì seria e prima che potesse mettere giù aggiunse. «Se non apri giuro che ti distruggo i tuoi timpani angelici!».

Poté sentire uno sbuffo e il portone si aprì davanti a lei. Salì una rampa di scale e si ritrovò davanti Satana con indosso solo una vestaglia rossa e i boxer. «Se potessi vestirti mi faresti un favore!», disse non curante superandolo.

«Buongiorno anche a te fiorellino, perché altrimenti smetti di struggerti per il mio fratellino e decidi di fare un giro a SatanaLandia?», rise di gusto avvicinandosi all'isola della cucina.

«Ma ti senti quando parli? Ho bisogno di risposte e so che tu hai ciò di cui ho bisogno», si sedette sulla sedia davanti a lui. Doveva sfoderare il suo sorriso strafottente e mantenere i nervi saldi.

«Oh! Tesoro, spero che tu non voglia chiedere tutto questo senza pagare un prezzo», si versò una tazza di rum e gliela porse. Kaye scosse il capo. Satana alzò le spalle e bevve.

«Immaginavo che le tue informazioni avessero un costo, ma ho bisogno solo che tu dica sì o no», si impuntò la mora guardandolo negli occhi con fare di sfida.

«Mi dispiace ma non lavoro gratis, ti sembro un angelo?», sul suo volto si aprì un sorriso enorme e inquietante.

«Cosa vuoi in cambio», chiese la ragazza incrociando le braccia al petto.

«Oh- si leccò le labbra-fiorellino non dovresti essere così accondiscendente con il diavolo- sorrise beffardo- saresti disposta a un patto al buio? Tu fai le domande, rispondo e poi valuto il prezzo da pagare».

Figlio di buon Dio, pensò a denti stretti.

«A una condizione», doveva giocare come lui, non rivelare le sue carte ma cercare almeno di uscire viva da quella situazione.

«Ti ascolto tesoro», si leccò le labbra e poggiò i gomiti sull'isola.

«La mia anima resta dov'è ora».

«Peccato- schioccò la lingua sul palato-, ma sai dolcezza era meglio tutelarsi sulla possibilità di finire tra le mie lenzuola», Satana stava giocando, si stava divertendo da matti, la ragazza non vacillava neanche per un attimo. Le guance erano colorite ma non era intimidita dalle sue parole o eccitata, era seria, un vero enigma.

«Ti piacerebbe, ma non sei il mio tipo, penso che tu non te lo senta dire spesso», sogghignò, non voleva vincere quella guerra contro il diavolo, voleva solo mantenere integra la sua maschera. Voleva sapere se quello che aveva trovato corrispondesse alla verità.

«Sono tutto orecchie, tesoro», si avvicinò ancora sporgendosi sui gomiti, la guardava fisso negli occhi, sperava di intimidirla e di farla correre via, ma di risposta lei alzò un angolo della bocca in un ghigno e iniziò a parlare. Per un attimo si chiese se volesse davvero scoprire tutte le carte davanti al diavolo, ma aveva bisogno delle sue risposte. Era un essere che viveva sulla Terra da secoli, nessuno poteva sapere del patto, di suo zio e di tutte le domande che aveva in mente, se non lui.

Kaye aveva esposto tutte le sue domande al Diavolo una di seguito all'altra senza dargli tempo di rispondere o di temporeggiare.

«Quante domande, il prezzo potrebbe essere più alto», si sedette sullo sgabello, si mise comodo con le mani sul ventre.

«Smettila di dire stronzate diavolo e rispondi», si stava innervosendo, la prendeva ancora in giro.

«Okay, okay fiorellino. Sì, sembra che tu discenda dall'eroe di Herolight. Sì, il legame che hai con Azrael è bilaterale, quello che provi tu lo prova anche lui e viceversa. Non so perché tu non riesca a comunicare con mio fratello, ma se vuoi posso darti il suo numero di telefono. E visto che immagino sia implicita come risposta, potresti comunicare con lui ma evidentemente il rito del legame non è stato completato, prima che tu lo chieda, non so come sia possibile completarlo. Non sono a conoscenza di nessun patto stipulato da Azrael durante la Guerra Santa, non è tipo da mettersi in mezzo a faccende umane. Cos'altro mi avevi chiesto? Ah...-sorrise, si alzò per girare l'isola- Mio fratello è single, da secoli, vergine per quanto ne sappia».

Kaye si trattenne per prenderlo a pugni, ma quando iniziò a ridere in maniera incontrollata lei non riuscì a contare fino a cinque e gli diede un pugno nello stomaco che lo fece piegare in due.

«Colpisci molto forte ragazzina», cercò di rimettersi in piedi e ritrovare quella posizione fiera.

«Ora, per la seconda volta, hai capito che non sono molto paziente».

«Bene Kaye, ora tocca a me avere la mia ricompensa», le si avvicinò all'orecchio, Kaye poteva sentire il suo respiro a un soffio da lei. «Ho bisogno del tuo sangue», scandì ogni parola mentre un sorriso gli si allargava in volto.

La ragazza non sapeva a cosa potesse servirgli, ebbe paura che si trattasse di maledizioni di qualche tipo, ma poteva chiedergli molto di più di qualche goccia di sangue. Lo guardò negli occhi mentre, mascherando la sua paura, alzò la manica e gli mise a disposizione il braccio.

«Questo lo sappiamo solo io e te, Azrael non deve vedere», enfatizzò sull'ultima parola, non sapeva cosa volesse dire, non riusciva a controllare le sue apparizioni. Cercò di concentrarsi mentre le incideva il palmo e lasciava scorrere il sangue nella boccetta di vetro.

Gonfiò le guance cercando di trattenere il dolore. Satana le passò un pezzo di stoffa che si avvolse con cura alla ferita. Andò via ringraziando con un borbottio l'angelo caduto e si promise di ricevere le ultime risposte dal protagonista di questa storia, Azrael.

Tornare a casa in moto era stato più difficile di quel che pensava, la mano le faceva male e ogni contatto la faceva sussultare. Quando, finalmente a casa, prese le chiavi per aprire il portone si accorse di una figura davanti alla sua porta. I capelli neri e lunghi le fecero fare un passo avanti malfermo.

«Azrael?», pronunciò Kaye all'unisono con il ragazzo davanti a lei.

«Se vuoi posso esserlo, ma io sono Samael, suo fratello», sorrise, fece finta di togliere un cappello invisibile con un mezzo inchino. 

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