Guai in Paradiso

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Someone told me, stay away from things that aren't yours

But was he yours, if he wanted me so bad?

-Pacify Her, Melanie Martinez


Il Paradiso è un luogo che incarna la monotonia e la ripetitività. Ogni giorno seguiva la stessa routine impeccabile, senza alcuna deviazione. I volti degli angeli che si incrociavano nei corridoi prima del coprifuoco erano sempre gli stessi, così come le aiuole con la forma perfetta di ali spiegate, puntate verso i cieli più alti. Gli angeli erano creature abituate all'ordine, sottomesse al grande disegno divino che si ripeteva incessantemente sin dall'alba dei tempi. Se c'era qualcosa di nuovo in quel luogo statico erano gli angisti, i nuovi angeli che trovavano il loro posto nella ruota inesorabile del Paradiso. Ognuno aveva un ruolo assegnato: alcuni affiancavano gli angeli giardinieri, altri si documentavano sulla vita degli umani per svolgere ricognizioni, mentre altri ancora assistevano l'Angelo della Morte. Era considerato uno dei compiti più ambiti tra i sette cieli: giudicare le anime ascendenti per determinare se fossero meritevoli di una vita eterna circondata da luci, abiti candidi e cibo abbondante, oppure destinate a cadere nelle profondità infernali. Era un lavoro che alcuni trovavano gratificante e interessante, poiché scrutare nei ricordi delle persone ormai defunte permetteva loro di vivere mille vite. Ma tutto ciò era solo una finzione, sentimenti ed emozioni che non avrebbero mai potuto provare sulla propria pelle. Nonostante questa facciata positiva, Azrael, l'Angelo della Morte, si sentiva esausto. Aveva già sperimentato ogni tipo di esperienza umana e ormai era afflitto da tutto. Quindi, era grato di entrare nel suo angusto ufficio alle prime luci dell'alba terrena e di uscirne poco prima della mezzanotte, con solo pochi documenti da catalogare e firmare. I piani superiori gli avevano proibito di intromettersi negli uffici della selezione, e sebbene inizialmente fosse stato scettico, presto si sentì in pace grazie a quel cambio repentino. Negli ultimi decenni, era stato irrequieto, costantemente sotto pressione e, soprattutto, si sentiva osservato. Più volte aveva avvertito una presenza nella sua stanza. Era diventato paranoico, ma la monotonia delle sue giornate lo aiutava a smorzare ogni forma di interesse. Era consapevole di non essere realmente vivo, ma col passare del tempo sembrava sempre più vicino a qualcosa di inanimato, un burattino in attesa che il burattinaio tirasse i fili.

Anche quella mattina, Azrael tra un caffè celeste e l'altro scriveva il nome degli ascesi sul suo file e lo archiviava, nomi su nomi, così tanti ogni giorno da confonderli tra loro, una causa di morte era uguale all'altra, sempre e per sempre. Quel motto angelico era diventato la sua catena. Quando l'allarme squillò, Azrael si stirò le braccia con un senso di pesantezza e scricchiolò il collo, cercando di dissipare la tensione accumulata. Togliendosi gli occhiali, si massaggiò le palpebre con forza, cercando di lenire la stanchezza che bruciava dietro le sue iridi. Sbuffò silenziosamente, frustrato dall'impossibilità di sfogarsi, consapevole che anche i muri avevano orecchie sensibili ai suoi lamenti durante le ore lavorative. Nonostante fosse una breve pausa, Azrael sentiva una profonda avversione che si radicava dentro di lui, un'amarezza che bruciava come fiamme oscure. Secondo il codice celeste, qualsiasi forma di dissenso era considerata un affronto all'intero sistema divino, e lui, come angelo, era chiamato ad accettare gli eventi senza ribellione. Solo pochi giorni prima, Michele, uno dei suoi fratelli e un arcangelo rispettato, aveva espresso il suo malcontento per i cambiamenti in atto in ogni settore. Quel giorno, però, era toccato al suo, e il suo dissenso era stato accolto, ma non come sperava. Gli angeli, esseri di pura luce agli occhi degli umani, celavano una natura sanguinaria che non poteva essere negata. Il perdono, la clemenza, erano termini estranei al loro codice di vita, eppure Azrael non poteva dimenticare facilmente ciò che Michele aveva fatto all'inizio dei tempi. La punizione inflitta al fratello ribelle fu il taglio delle ali e l'esilio dalla dimora celeste, lo condannava a una vita immortale, priva di benedizione e di pace. Era un fardello che pesava sul cuore di Azrael, un senso di tristezza misto a rimorso che lo accompagnava costantemente da quel giorno. Azrael era indubbiamente esausto di tutto ciò, di fronte a tutto quel che stava accadendo. Ma non era un folle suicida, nonostante la fatica, conservava una scintilla di speranza, una fiamma fragile che bruciava dentro di lui. Guardò l'orario e decise di andare a prendere un altro caffè al volo prima dell'ultimo turno. Le sue ali si stesero in un'esplosione di piume e luce, vibranti di energia. In un istante, fu nella sala ricreazione come un fulmine scagliato dal cielo. Mise la cialda nella macchinetta e premette il pulsante, sperò di non incontrare nessuno. Per un attimo chiuse gli occhi con le braccia conserte, pensò all'ultima volta che aveva vissuto il ricordo di un'anima, cercando di ricordare il calore di una carezza e quella sensazione di formicolio alle dita quando si era arrabbiati. Il ricordo sembrava inafferrabile, si rinsavì quando la macchinetta emise un sonoro bip; il suo caffè era pronto e con attenzione tornò in ufficio giusto in tempo per il suono dell'ultimo allarme. Dopo circa un'ora o poco più gli dolevano gli occhi, non ne poteva più. Prese il bicchiere tra le mani ma gli cadde, un urlo squarciò il silenzio della stanza. Davanti ad Azrael si trovava un'anima smarrita, gli occhi spalancati dalla paura e dal dolore. Le sue parole si scontrarono nel vuoto, incomprensibili e disarticolate. Tuttavia, l'angelo si soffermò ad osservarla attentamente, cercando di decifrare il messaggio che i suoi occhi le stavano comunicando. La donna indossava una felpa logora e un paio di pantaloni neri. Le maniche erano arrotolate fin sopra ai gomiti, rivelando braccia sporche di sangue che continuava a scorrere abbondante. Uno spettacolo così inquietante fece impallidire l'angelo, che in un attimo comprese che non si trattava di un'apparizione qualsiasi. Le anime che si presentavano davanti ad Azrael erano solitamente prive di vita, già separate dai loro corpi mortali. Ma quella donna era diversa. Era ancora in vita, ma portava con sé la ferita mortale che avrebbe dovuto condurla alla sua fine. Una realtà inconcepibile, ma senza alcun dubbio presente di fronte ai suoi occhi celesti. Confusione, rabbia e incomprensione si intrecciarono nella mente di Azrael, mentre cercava di elaborare la portata di questa straordinaria anomalia. Cosa significava tutto ciò? Come poteva un'anima ancora viva attraversare il velo della morte e presentarsi davanti a lui? L'angelo non poteva restare immobile di fronte a tale enigma. Con passi incerti, si avvicinò alla donna, le ali spezzate a testimonianza del suo stato interiore. Le sue mani tremanti si protesero verso di lei, nell'intento di trovare qualche risposta in quella presenza surreale che sfidava ogni logica celeste.

«Calmala!», urlò la ragazza, «Falla smettere, non ne posso più.» La ragazza si guardava attorno spaesata, gli occhi dilatati riflettevano una tempesta di terrore. Si stringeva tra le braccia, come a cercare un rifugio nel proprio corpo. Si muoveva in maniera caotica avanti e indietro per la stanza bianca, lasciando dietro di sé un sentiero di passi affrettati che macchiavano il pavimento candido come gocce di inchiostro nero su un foglio bianco. La sua agitazione si manifestava in un flusso impetuoso di movimenti, un'orchestra caotica di gesti che testimoniavano la sua lotta interiore. Azrael si alzò con calma mettendo le mani davanti al corpo per protezione, non sapeva cosa fare, cosa dire. Se gli angeli avessero la capacità di sognare, sarebbe certo che quello che stava accadendo davanti ai suoi occhi lo potesse essere.

«Non c'è niente di cui aver paura, accogli la morte e vivrai beata per l'eternità», da quanto non pronunciava quelle parole? Sapevano di miele e sale sulla lingua.

Le mani della ragazza sbatterono con violenza sulla scrivania, il tonfo risuonò assordante nell'aria. Azrael, immobile e senza parole, la fissava incredulo. Le anime erano immateriali, nonostante la benedizione avvenisse toccandoli non si era mai trattato di un vero e proprio contatto, quella situazione era troppo strana da poter affrontare da solo. La mente dell'angelo cercava rapida una soluzione, mentre il pulsante di allarme sotto la scrivania sembrava l'unica via di fuga. Ma prima che potesse reagire, la ragazza emise un urlo che squarciò l'aria, risuonando con una potenza ancora maggiore. Nel gesto, allungò il braccio e afferrò l'angelo con una presa forte. In quell'istante, un'energia sconvolgente scosse Azrael, un legame inspiegabile si creò tra loro. Il mondo si distorse, mentre le emozioni travolgenti li avvolgevano in un turbine di confusione. Le regole celesti vennero infrante, e Azrael si rese conto che nulla sarebbe stato come prima. 

Spazio autrice:

Benvenuti su questa storia, sono lieta che abbiate letto le mie parole. Welcome home è solo all'inizio, un primo passo per l'ascensione vera e propria. Vi chiedo, se vi fa piacere di lasciare un like e un commento, mi farebbe molto piacere sapere cosa ne pensate di Azrael per ora e successivamente di tutti gli altri. 

Grazie di cuore.

-Alex




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